In Cina e Asia – I panda non sono più animali in via d’estinzione. Nemmeno per la Cina

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Il governo cinese ha “promosso” i panda giganti da specie “in via di estinzione” a specie “vulnerabile”, spiegando che il numero degli esemplari in natura ha ormai superato le 1.800 unità. Non solo i panda. Secondo quanto affermato in conferenza stampa da Cui Shuhong, direttore del Dipartimento per la conservazione della natura e dell’ecologia del Ministero dell’ecologia e dell’ambiente, ad essere migliorate sono anche le condizioni di vita di altre specie rare, come le antilopi tibetane e il cervo milu, una specie originaria della Cina. Gli esperti attribuiscono il ripopolamento all’espansione delle foreste di bambù, hbitat naturale dei panda. La dicitura “vulnerabile” indica un posizionamento al quinto posto nella scala delle specie “in via di estinzione” dopo “estinta” , “estinta in natura” , “in pericolo grave” e “in pericolo”. L’upgrade è motivato dal fatto che ormai gli esemplari di panda allo stato brado sono oltre 1800, un aumento del 17% nell’arco di un decennio. Rimane da capire però perché le autorità cinese – che hanno traformato i pacioccosi mammiferi in uno strumento di soft power – abbiano deciso di dare l’annuncio proprio ora, considerato che i numeri erano stati rilasciati dall’International Union for Conservation of Nature già nel 2016. [fonte BBC]

La Cina vuole partecipare alla ricostruzione afgana. Con i talebani

Da quando Washington ha annunciato il ritiro delle proprie truppe, il futuro dell’Afghanistan è al centro dei pensieri di Pechino. In occasione del 70esimo anniversario dall’istituzione delle relazioni con il Pakistan, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha espresso, tra le altre cose, la necessità di “difendere insieme la pace” attraverso il dialogo. La questione è diventata più pressante da quando i talebani hanno assunto il controllo della provincia di Badakhshan, vicino al confine con la Cina. Da tempo Pechino punta ad includere il paese dei barbuti nella Belt and Road e da giorni si rincorrono voci – non nuove invero – su una possibile estensione del corridoio Cina-Pakistan in territorio afgano. Forse ormai persuaso dall’incapacità del governo Ghani di mantenere il controllo, secondo un funzionario del governo indiano, Pechino starebbe puntando a ricostruire le infrastrutture devastate dalla guerra in collaborazione con i talebani, facendo passare i fondi attraverso il Pakistan, contro cui Kabul muove da anni l’accusa di finanziare il terrorismo islamico. Cosa ne pensano i talebani? Stando al Wall Street Journal, ugualmente convertiti alla realpolitik, i barbuti avrebbero messo da parte le vecchie ostilità contro il regime cinese, nel mirino del radicalismo islamico da anni a causa della repressione delle minoranze musulmane dello Xinjiang. “Ci preoccupiamo dell’oppressione dei musulmani, in Palestina, in Myanmar e in Cina, e ci preoccupiamo dell’oppressione dei non musulmani in qualsiasi parte del mondo. Ma non interferiremo negli affari interni della Cina“, ha dichiarato un alto funzionario talebano a Doha, in Qatar, dove il gruppo ribelle ha la sua sede politica. Ma c’è chi teme che il ritorno dei fighters dalla Siria trasformerà nuovamente l’Afghanistan in “una Dinsleyland del terrorismo”. Con buona pace delle aspirazioni economiche di Pechino. [fonte SCMP, FT, WSJ]

Hong Kong: il parlamento Ue chiede il boicottaggio delle Olimpiadi di Pechino 2022

Il parlamento europeo ha approvato una risoluzione a sostegno di Hong Kong. Approvata con 578 voti a favore, 29 contrari e 73 astenuti, la mozione invita governi e istituzioni europee a boicottare le Olimpiadi di Pechino 2022 “se il governo cinese non dimostrerà un miglioramento verificabile della situazione dei diritti umani a Hong Kong, nella regione uigura dello Xinjiang, in Tibet, Mongolia Interna e altrove”. Gli eurodeputati si sono detti a favore di sanzioni mirate contro i funzionari responsabili della repressione. Introdotta in risposta alla chiusura del giornale pro-democrazia Apple Daily, la risoluzione non ha valore vincolante ed è improbabile che la Commissione europea prenda i provvedimenti consigliati, a parte “aumentare il sostegno alla società civile, promuovendo la libertà di espressione, facilitando la mobilità e assicurando il monitoraggio dei processi agli attivisti pro-democrazia”. Mercoledì il premier greco Kyriakos Mitsotakis  è diventato il primo leader europeo ad annunciare la propria presenza ai prossimi giochi invernali. La Cina minimizza. Nella giornata di ieri il ministero del Commercio ha dichiarato, che sebbene la ratifica dell‘accordo bilaterale di investimento sia stata congelata, il processo di traduzione e finalizzazione dei termini legali prosegue. La sorte del trattato è stata discussa lunedì durante una videocall tra Xi Jinping, Macron e Merkel. Nonostante le divergenze in materia di diritti umani, i tre leader hanno auspicato una rapida finalizzazione dell’accordo. [fonte SCMP]

Il Papa in Corea del Nord?

I servizi segreti sudcoreani stanno lavorando a una possibile visita del Papa in Corea del Nord, la prima in assoluto di un pontefice nel Regno Eremita. Lo ha rivelato ieri l’agenzia di stampa vaticana Fides, secondo la quale il capo dei servizi segreti della Corea del Sud, Park Jie-won, ha dato la notizia lunedì durante una messa, ha aggiungendo che discuterà la cosa con l’Arcivescovo Kim Hee-jung di Gwangju e l’Ambasciatore della Santa Sede in Corea del Sud, l’Arcivescovo Alfred Xuereb. Si stima che in Corea del Nord vivano diverse centinaia di cristiani. Sebbene la Costituzione del paese garantisca la libertà di religione, i cristiani sono soggetti a misure restrittive. L’accusa in caso di violazione spazia dallo spionaggio e all’organizzazione di attività sovversive. Le attività religiose, soprattutto lungo il confine con la Cina, sono spesso collegate alla distribuzione di aiuti umanitari. [fonte Reuters]

Arrestati gli assassini del presidente haitiano nell’ambasciata taiwanese

Undici persone, collegate all’omicidio del presidente haitiano, Jovenel Moise, sono state arrestate nel perimetro dell’ambasciata di Taiwan a Port-au-Prince, dove si erano nascoste. “La polizia ha lanciato un’operazione e ha arrestato 11 sospettati”, fa sapere in una nota l’ambasciata taiwanese, aggiungendo di aver dato “senza esitazione” il via libera alla richiesta della polizia di intervenire nel perimetro della struttura. Haiti è uno dei 15 paesi a mantenere ancora relazioni ufficiali con Taipei. Nei giorni scorsi raccontavamo come la crisi politica a eSwatini, l’ultima nazione africana a riconoscere Taiwan, rischia di mettere in crisi il delicato sistema delle alleanze taiwanesi. [fonte SCMP, CF]

Crisi politica in Malesia

L’UMNO (Organizzazione Nazionale dei Malay Uniti) ha annunciato la revoca del supporto al Primo Ministro Muhyiddin Yassin, chiedendone anche le dimissioni. Si tratta del principale partito della coalizione che sostiene il governo malese, che dunque rischia seriamente di entrare in crisi. Già nei mesi scorsi l’UMNO aveva chiarito che non riproporrà l’alleanza con il partito del Premier in occasione delle prossime elezioni. [fonte Straits Times].