Il “pasticciaccio brutto” di Chongqing

In by Simone

Storie che stuzzicano e strizzano l’occhio alle ben note gangster story, roba da Il Padrino o Quei bravi ragazzi. Wen Qiang ad esempio, un magistrato locale, aveva la predilezione per i prodotto di Louis Vuitton e per i soldi. Un sacco di soldi: gli investigatori hanno trovato 3 milioni di dollari circa seppelliti sotto uno stagno.

Tanto ingegnoso lui, quanto lussuriosa la sorella, Xie Caiping, la Madrina, la Regina delle Gang, vero personaggio mediatico del pasticciaccio di Chongqing: gestiva trenta casinò illegali, uno di fronte al tribunale, anche ironica la Madrina, nonché sedici uomini, giovani, al suo servizio per gli appetiti sessuali. Ce né per un romanzo.

Entrambi, insieme ad altri tra funzionari, teppisti, mafiosi, piccoli boss, politici, imprenditori, sono finiti nella rete di un processo dalle proporzioni "cinesi": oltre 9 mila le persone indagate, 50 funzionari pubblici coinvolti, crimini che vanno dal gioco d’azzardo, all’impresa illegale, riciclaggio, narcotraffico, rapine, violenze, estrazioni minerarie illegali, scioperi coatti, minacce, omicidi (perfino di un uomo reo di essere stonato, in una serata al karaoke). Attività che – come emerge dai processi – sottolineano una impunità derivante da contatti molto "in alto". Erano loro i padroni della città. A processo ci sono gli ex sovrani del luogo.

Un insieme di gang che ha terrorizzato e conquistato Chongqing: la Beijing Review in un servizio nell’ultimo numero uscito in Cina, sottolineava la tranquillità ritrovata dagli abitanti di Chongqing, finalmente liberati dal giogo mafioso che ne aveva terrorizzato la vita di tutti i giorni. Ad oggi sei persone sono state condannate a morte, mentre per la Regina della Gang la pena inflitta è di 18 anni.

Come osservano molti lo scandalo di Chongqing nasce e cova nel mondo della politica cinese, elemento indistinguibile dal giro d’affari, spesso loschi, cui si abbandonano funzionari locali. Ko-Lin Chin, che studia la compenetrazione della criminalità organizzata con le istituzioni in Cina, ha detto che la linea di demarcazione tra attività legittime e illegali è diventata sempre  più confusa, pur ammettendo che se la corruzione trova spesso terreno fertile nelle istituzioni, esistono barriere all’uso della violenza spicciola. “Dato che queste bande sono diventate sempre più potenti, la loro esistenza dipende interamente dalla tolleranza del partito Comunista", ha detto Chin, un professore della giustizia penale presso la Rutgers. "Ma quando le cose sfuggono di mano, come successo a Chongqing, la politica risponde vendicandosi dei gangster attraverso la giustizia”.