Verso Obamao: 30 anni di Usa e Cina

In by Simone

Il 15 novembre il presidente Usa Barack Obama, fresco vincitore del Nobel per la Pace, sarà a Pechino, per una visita storica. Nell’anno che celebra i trent’anni delle relazioni sino-statunitensi, presentiamo questo articolo di presentazione, primo di una serie, sulla visita Usa in Cina e su tutti gli aspetti, dal clima alle relazioni internazionali, di cui si occuperà il vertice.

Il ping pong dei trent’anni, aspettando Obama

 

Sono arrivate alla soglia dei trent’anni così come erano iniziate le relazioni diplomatiche fra Cina e Stati Uniti: attorno ad un tavolo da ping-pong. Oggi a Pechino il vice Segretario di Stato John Negroponte e l’omologo cinese Wang Guangya, vice Ministro degli Esteri, hanno assistito ad una partita commemorativa del trentennio di rapporti ufficiali fra le due potenze, stabiliti formalmente il 1 gennaio 1979, ma risultato di quel processo di normalizzazione aperto 8 anni prima, nel 1971, dal tour della squadra di ping-pong americana a Pechino.

Durante il 31mo campionato mondiale di ping-pong, che si disputò a Nagoya in Giappone, e a cui parteciparono squadre da entrambi i paesi, la Cina invitò la formazione americana a visitare Pechino.
Qualche giorno dopo, nell’aprile 1971, nove giocatori di ping-pong componevano la prima delegazione americana che avesse visitato il paese dal 1949.

L’anno successivo il presidente Richard Nixon poté compiere lo storico viaggio in Cina che servì a rompere il ghiaccio ed avviare un processo di normalizzazione culminato con il riconoscimento da parte di Washington dell’esistenza di "una sola Cina", e del governo di Pechino come il solo legittimo.
Da allora i rapporti fra Cina e Stati Uniti hanno avuto un ruolo sempre più importante, tanto a livello geopolitico quanto economico, non al riparo da momenti di crisi, minacce e tensioni in circostanze contingenti che hanno fatto riemergere la naturale diffidenza fra due sistemi politici opposti. Dalla questione di Taiwan, alla repressione di Tianamen e l’appoggio americano ai dissidenti; dalle questioni sul rispetto dei diritti umani sollevate dai governi democratici negli Usa, al bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado nel 1999; dalle dispute commerciali e le tendenze protezionistiche alla corsa all’ammodernamento degli eserciti, trent’anni non sono stati affatto lineari.

  Negli anni ’80 Deng Xiaoping aveva predetto che "le cose andranno bene quando finalmente le relazioni fra Cina e Stati Uniti miglioreranno". L’apertura del paese ai capitali stranieri, alle influenze dall’estero e alla cooperazione internazionale che lanciarono Pechino sulla via della modernizzazione e della crescita economica gli diedero ragione. Per assicurarsi assistenza da paesi più sviluppati, per mantenere la stabilità regionale e contrastare l’egemonia dell’Unione Sovietica, le relazioni con Washington presero slancio durante gli anni ’80. Nel 1984 il presidente Ronald Regan e il primo Ministro Zhao Ziyang si resero visita a vicenda nelle due capitali, e per gli anni a seguire gli incontri ad alto livello si succedettero, fino alla missione del presidente Bush a Pechino nel febbraio 1989.

Subito alla fine del decennio, però, la battuta d’arresto venne con la repressione del movimento per la democrazia di Tiananmen, e la violenta reazione cinese che sconvolse il mondo. Primo fra tutti, il governo americano prese misure di condanna dell’azione di Pechino, sospendendo le visite di alto livello e la vendita di armi alla Cina, fino ad imporre sanzioni economiche che ridussero notevolmente gli investimenti americani nel paese.
Le relazioni ripresero lentamente solo nella seconda metà degli anni ’90 culminando con la visita di Jiang Zemin negli Stati Uniti nel 1997, la prima di un presidente cinese dal 1985. Con l’eccezione del bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado da parte dell’esercito americano nel maggio 1999, e la conseguente ondata di proteste e tensioni risolte con l’accordo per il compenso alle vittime e alle proprietà cinesi alla fine dell’anno, Cina e Stati Uniti hanno ripreso la via della collaborazione, entrando, nel terzo millennio, in una fase di interdipendenza economica di cui oggi è evidente la dimensione ed i rischi, alla luce dell’attuale crisi finanziaria ed economica.

Oggi il commercio bilaterale fra i due paesi ha raggiunto i 386 mld di dollari (2007): gli USA sono il secondo partner commerciale della Cina, che a sua volte è il terzo partner degli Stati Uniti. Più di 20 mila joint-venture e imprese a capitale straniero sono state fondate da aziende americane in Cina, mentre Pechino possiede 22,3 mld di dollari in buoni del tesoro americano.

Il ruolo delle finanza cinese nel mantenere la stabilità americana è stato provato dai ripetuti appelli e le ripetute pressioni sugli istituti finanziari ed economici dell’Impero di Mezzo ad assumere un ruolo responsabile nella gestione della crisi dei sub-prime americani e l’espandere della bolla ai mercati finanziari di tutto il mondo. Ma la Cina paga, ora, conseguenze dirette della crisi americana, che si ripercuotono sul livello delle esportazioni, della produzione industriale e, in maniera più preoccupante, sull’occupazione e la stabilità sociale interna.

Tuttavia la stabilità delle relazioni con gli USA e il ruolo che il paese ricopre nella geopolitica mondiale non possono passare in secondo piano per Pechino, che ha tutto l’interesse affinché Washington mantenga un ruolo forte. Sulla rivista della scuola del Partito,Wang Jisi, il direttore dell’Istituto di Studi Strategici alla Scuola del Partito, scrive che il declino economico degli Usa non può far altro che danneggiare la Cina.
"Se per esempio diminuisse l’influenza di Washington in Medio Oriente, aumentando l’instabilità nella regione, ciò potrebbe minacciare le forniture di petrolio alla Cina. Così come l’aumento del fondamentalismo religioso in Asia del sud può minacciare la sicurezza cinese lungo le frontiere e alimentare le tendenze separatiste delle minoranze etniche".

Da qui i ripetuti inviti da parte della diplomazia americana al nuovo presidente Barack Obama, a recarsi in Cina in tempi brevi.
Qui, dove anche i cittadini si sono appassionati alla sua storia di successo e alla storica vittoria di un presidente che "si è fatto da sé" dovrà prima di tutto risolvere le questioni economiche e monetarie per risollevare le sorti del paese e mantenere relazioni bilaterali forti.