Birmania e Cina: commercio non armonioso

In by Simone

Le foreste vergini della Birmania sono minacciate dai contrabbandieri. A lanciare l’allarme è Global Witness, un’organizzazione ambientalista con sede a Londra impegnata nella lotta contro la deforestazione e lo sfruttamento delle risorse naturali. Nel suo rapporto annuale, intitolato Un commercio non armonioso, l’associazione denuncia il persistere del traffico illegale di legname che dalla Birmania fa rotta verso la Cina, il secondo maggior importatore mondiale di legna dopo il Giappone.

In tre anni, tra il 2006 e il 2009, il fenomeno ha subito un forte calo, pari al 70 per cento, ma lungo il confine tra i due paesi, nello stato di Kachin, i contrabbandieri lavorano ancora senza sosta. «Mazzette, documenti falsi e trasporti notturni» sono gli stratagemmi utilizzati per eludere i severi controlli imposti da Pechino che, pressata dalle denunce degli ambientalisti, a partire dal 2006 ha incaricato i militari di sorvegliare il confine per bloccare il flusso illegale di legname. Oggi si è lontani dalle allarmanti cifre del rapporto 2005, Una scelta per la Cina, nel quale Global Witness registrava in media il passaggio alla frontiera di un camion con un carico di 15 tonnellate di legname ogni sette minuti, ventiquattro ore su ventiquattro per 365 giorni all’anno. Un risultato ottenuto anche grazie all’impegno della giunta militare birmana che ha sospeso il taglio e il trasporto via terra e via mare di ogni legname diretto in Cina.

«Sono cifre fantastiche, sono sorpreso – commenta entusiasta Jon Buckrell di Global Witness – Le azioni prese dai due governi hanno sicuramente avuto un impatto positivo». Occorre però fare di più, il business è ancora attraente, tra il 10 e il 20 percento del traffico illegale di legno nel mondo. La compiacenza dei funzionari locali permette alle ditte cinesi di eludere i divieti e ricevere il pregiato materiale. I prodotti finiti vengono poi esportati in Europa e negli Stati Uniti. Un giro d’affari che nei soli Usa è stimato intorno ai 3,8 miliardi di dollari e praticato in spregio al cosiddetto Lacey Act – introdotto nel 1900 dal deputato repubblicano John Lacey – che con un emendamento del 2008 vieta alle ditte statunitensi di importare prodotti fabbricati con legname illegale. Global Witness invita i governi cinese e birmano ad attuare misure per debellare completamente il rimanente commercio illegale, che nel 2008 ha prodotto il disboscamento di 270 mila metri cubi di foresta nel nordest della Birmania, mettendo a rischio una delle ultime foreste vergini del pianeta, che include il 60 percento degli alberi di teak al mondo ed è tutelata dall’Unesco per la sua biodiversità.

Fermare il traffico tra i due paesi non è però la soluzione alla fine completa del contrabbando che, conclude Global Witness, è un problema di portata globale.

[Pubblicato su Terra il 5 novembre 2009]