Il padiglione cinese alla Biennale di Venezia

In by Simone

La Biennale di Venezia è alle porte: il 4 giugno aprirà le danze. Se pensate di farci un salto, di seguito ecco cosa offre il padiglione cinese: quali artisti e quali considerazioni si possono fare al riguardo.

Il 10 Maggio Peng Feng (彭锋), vice direttore del dipartimento di studi estetici presso la Beijing University e curatore del padiglione, insieme al vice segretario del ministero della cultura Xiang Xiaowei (项晓炜), ha presentato gli artisti ed i lavori che parteciperanno all’edizione di quest’anno.

Pervasion”, il titolo della mostra del padiglione, fa il verso ad “Illumination”, il tema centrale della Biennale. Diffusione quindi di tutti quegli elementi che sono tradizionalmente più conosciuti della Cina. Ovvero, come un occidentale immagina la Cina: piantagioni di Tè, l’alchemica medicina tradizionale, i delicatissimi fiori di Loto nei laghetti pieni di carpe, il mistico odore degli incensi nei templi sperduti in mezzo alle montagne e, ma solo per chi in Cina c’è stato, il sapore forte e contundente della Grappa cinese, la Baijiu.

Ci sarebbero altri elementi notoriamente cinesi, ma Peng Feng ne ha scelti solo cinque: perché cinque sono anche gli elementi della cosmogonia tradizionale cinese- acqua, fuoco, terra, legno e oro. E’ l’interazione di questi a creare tutte le cose presenti sulla terra. Allo stesso modo i cinque oggetti presenti alla Biennale creano l’idea di Cina nel mondo.

Pan Gongkai (nella foto una sua installazione) si occuperà del loto, Liang Yuanwei della Baijiu, Yang Maoyuan della medicina, Cai Zhisong del Tè e Yuan Gong dell’incenso.

Tra tutti, i fiori di Loto di Pan Gongkai sembrano un ottimo mix tra tradizione ed innovazione. I visitatori passeranno attraverso un corridoio alle cui pareti verranno proiettati dei fiori di loto dipinti ad inchiostro in maniera tradizionale, sopra i quali verrà proiettato il suo articolo "On the Border of Western Modern Art" che tratta dell’introduzione dell’arte occidentale in Cina. L’unione tra pittura ad inchiostro e scrittura si rifà ad un tradizionale concetto cinese: la commistione tra il disegno e la poesia meglio riescono a rappresentare il Bello estetico e, conseguentemente, grazie alla particolarità della lingua cinese che unisce scrittura ad immagine, a ritenere che la calligrafia sia la massima pratica artistica.

In questa installazione si possono così decifrare le tematiche attuali dell’arte cinese: l’influenza dell’arte occidentale in Cina, l’utilizzo dei nuovi media e di come fare convivere l’innovazione senza rinunciare completamente all’estetica tradizionale. Le altre installazioni seguono maggiormente il tema portante e diffonderanno odori per tutto il padiglione immergendo i visitatori in una Cina immaginaria e fuorviante rispetto quell’idea di “orientalismo” che da tempo stiamo cercando di superare.

I lavori sono di altissimo livello ed il background degli artisti non è da meno, la scelta degli artisti infatti non è casuale: c’è un’artista giovane e donna (Liang Yuanwei), uno scultore (Cai Zhisong), un artista che ha esposto nella famosa mostra dell’1989 (Yang Maoyuan), e un artista “ufficiale”, visto il suo impegno come presidente dell’associazione degli artisti cinesi e presidente dell’Accademia Centrale di Belle Art di Pechino (Pan Gongkai).

Tra tutti questi 5 artisti solo uno non proviene dalla Accademia Centrale di Pechino: si tratta di un elemento che non può che lasciare perplessi. La Cina è il paese più popolato e con la cultura più longeva del mondo. Spesso si ricorda che in Cina convivono diverse minoranze etniche. Un paese con una storia dal flusso continuativo ma dove si sono anche naturalmente create differenze regionali. Questa Cina, al momento di presentare la propria arte al mondo, si è trovata a selezionare, ancora una volta, un’importantissima ma comunque ristretta cerchia di artisti della capitale, senza assolutamente prenderne in considerazione altre scuole storicamente e attualmente molto importanti.

Ci mancano gli artisti che provengono dall’Accademia del Zhejiang ad Hangzhou o quella del Sichuan dove hanno studiato anche Zhou Chunya o Zhang Xiaogang e dove sanno laurearsi ottime promesse. Pretendere che basti Pechino per poter rappresentare tutto il fervente sviluppo artistico nella Cina contemporanea è una leggera mancanza di coscienza della varietà di linguaggi e sensibilità presenti in Cina. E’ un po’ come pretendere che Pechino sia lo specchio di tutto il paese.

Con il padiglione di quest’anno emergerà in sostanza il potere dell’Accademia Centrale di Pechino nella gestione di tutti gli eventi più importanti nazionali ed internazionali. Per quegli artisti che non hanno avuto la possibilità di diventare parte di questo grande clan, sarà difficile emergere dalla massa.