Chi frequenta un minimo il vociare digitale della blogosfera italiana sarà di certo al corrente dell’esistenza dei troll, gli animali mitologico-elettronici che infestano i maggiori forum, blog di opinionisti e testate online: il troll, come viene chiamato in gergo, è colui o colei che, a mo’ di missione personale o per conto di terzi, durante una discussione insulta, dileggia, utilizza argomentazioni volutamente provocatorie o offensive, solitamente per demolire l’opinione altrui, altrimenti per il semplice gusto di apparire sopra le righe.
Qui in Cina, il trollismo – che è una manifestazione dello spirito, non una moda o uno stile di vita – arricchisce una fauna già di per sé varia: c’è il militante del «50 cent party», l’intellettualoide, che sbrodola centinaia di battute sviscerando ogni aspetto di ogni problematica, il sarcastico, che liquida tutto con un proverbio o una freddura, il polemico, che attacca sempre e duramente il governo – ma quello bisogna essere molto veloci per avvistarlo, prima che venga risucchiato dal baratro della censura – ed infine c’è il coscienzioso, che scrive cinque o sei righe sensate e, spesso, decide di abbandonare la conversazione. Una specie di allenamento interno per sviluppare capacità di intervento, pronte ad essere messe a frutto anche all’esterno. Un esempio cinese, di quanto potrebbere succedere a breve in siti internazionali.
Alcuni giorni fa, un peschereccio cinese è stato fermato dalla guardia costiera giapponese al largo delle isole di Diaoyu, arcipelago storicamente conteso tra Cina e Giappone e dalla giurisdizione poco chiara: la notizia del «sequestro» della barca ed equipaggio cinesi, accusati di pescare in acque giapponesi, è una delle classiche arene di disputa dove si possono osservare all’opera tutte le tipologie sopra citate.
Sotto l’articolo riportato dalla versione online del Nanfang Zhoumo, settimanale progressista edito nel sud della Cina, i partecipanti alla discussione si stanno scambiando commenti da oltre un giorno: l’utente xjgwp giudica il fatto come una provocazione bella e buona ma, siccome «il Popolo Cinese è un popolo che ama la pace, e il non mostrare la propria potenza non significa rinunciare alla sovranità del territorio ed umiliare il proprio Paese», pensa sia meglio tenere l’esercito cinese a bada ed insistere con la via diplomatica. «La pacifica crescita cinese – dice xjgpw – non deve cambiare».
Antao, poco più sotto, sintetico ma in salsa nazionalista, inquadra la situazione chiosando che «il governo cinese condanna fermamente la condotta del piccolo Giappone; il piccolo Giappone si arrenderà subito», mentre shashou308, più sbrigativo, inneggia al boicottaggio: «Popolo cinese tutto, resistere! Boicottare i prodotti giapponesi! Esigere dal governo l’aumento dei dazi contro il Giappone! Esigere dal governo la svendita dei bond giapponesi!».
Yufeng1, contrapponendosi agli animi burocratici ed attendisti della discussione, la butta direttamente sulla famiglia: «Il giorno in cui tua moglie fosse detenuta, andresti lo stesso solo a protestare formalmente?». Jjrainsky, caustico, descrive il solito tira e molla diplomatico tra Cina e Giappone, scandendo i giorni della settimana a partire da «lunedì: proteste ed attenzione alla vicenda. Martedì: forte opposizione. Mercoledì: rimostranze ufficiali. Giovedì: condanne risolute. Venerdì: rammarico. Weekend: riposo.», mentre c’è anche chi, come steve13, si chiede come mai la Cina non risponda per le rime: «Perchè solo il Giappone pattuglia le coste? Perché anche la marina cinese non va a farsi un giro di pattuglia, ferma una nave giapponese, mette 500mila yuan di riscatto per l’equipaggio e non li condanna ad un anno di detenzione?».
Visti gli attriti storici che interessano le due nazioni, le discussioni a tematica giapponese sono sempre particolarmente popolate da ultras nazionalisti, che ad un occhio non allenato potrebbero sembrare membri in divisa del 50 cent party, sguinzagliati per infiammare le masse contro il nemico giapponese: i più irosi invece sono dei cani sciolti intrisi di nazionalismo ed astio (coltivato dalla storia e dalle campagne moralizzatrici del governo) che non rispondono a nessuna direttiva dall’alto, paladini gratuiti dello stato cinese educati a pane e rivalsa.
Pare meno assurdo quindi che, levando la retorica del pacifismo cinese, il membro del 50 cent party sia proprio il primo utente, che getta acqua sui bollenti spiriti degli interventisti. Propaganda che mitiga i frutti della propaganda: il Controllo è un mestiere di fantasia.
[Pubblicato su Alias il 18 settembre 2010]
[Immagine da http://i41.tinypic.com]