Google in Cina: la saga, capitolo per capitolo

In by Simone

Di seguito una ricostruzione della diatriba Google vs Cina, uno scontro tra un motore di ricerca e la seconda potenza economica mondiale, fatta di colpi bassi, soprese e naturalmente business. Unendo i puntini, ognuno potrà farsi una propria idea, discernendo tra battaglie per la libertà e mercati apparentemente infiniti, ottusità censorie e necessità storiche.

Una premessa. La Cina non ha bloccato Gmail. Ha fatto peggio, ha reso snervante l'utilizzo dei servizi Google, Gmail in testa. La mail ci mette ore a caricarsi, una volta entrati, non si riesce a entrare nelle mail, se si riesce a entrare nelle mail, non si riesce a scrivere, se si riesce a scrivere, il sistema ci pensa un po' prima di spedire. Insomma alla fine, specie con una vpn, il tutto funziona, ma in modo lento, farraginoso, irritante. Gmail funziona, ma male, molto male (o nella migliore delle ipotesi, dipende dai lavori in corso al Great Firewall).

Gennaio 2010, quando tutto ebbe inizio, le accuse e lo strappo
A seguito di attacchi informatici per acquisire le caselle elettroniche di alcuni attivisti cinesi per i diritti umani, Google decide due cose: eliminare i filtri pattuiti tempo con il governo cinese, per armonizzare i risultati delle ricerche del proprio google.cn e minaccia di andarsene dalla Cina. Non si tratta di una svolta totale perché i filtri sono stati rimossi soltanto all'edizione inglese. E' l'inizio di tutto: accuse di spionaggio alla Cina, decisione di andarsene, sbattendo perfino la porta.

Marzo 2010: un motore di ricerca, due paesi
Una mossa a sorpresa: Google decide di dirottare i navigatori cinesi su Google.com.hk, ovvero la pagina ricerca di Hong Kong, offrendo risultati non filtrati, come vorrebbero invece le direttive imposte da Pechino. Nessuna resa da parte di Google, dunque, che invece alza il livello dello scontro con la Cina, pubblicando anche una pagina con lo stato dei propri servizi, così come accessibili – liberamente, parzialmente o affatto – dal territorio cinese. Verrà poi fuori che la decisione venne presa in accordo, anzi su imbeccata del governo di Pechino

30 Giugno 2010: la resa dei conti (la prima)
Dopo mesi di silenzio, Google torna a fare parlare di sé in Cina. Attraverso il proprio blog, David Drummond, a capo dell'ufficio legale di Google, comunica il cambiamento della strategia di Mountain View sul territorio cinese. Viene preparata una landing page che consente agli utenti di utilizzare i servizi di Google in cinese per quanto riguarda la musica e i download, ma che rimanda al motore .com.hk per le ricerche.  

Novembre 2010: Distrazioni, ovvero la battaglia delle mappe
Pechino decide di concedere altri sei mesi alle aziende che ancora non avevano messo in regola i propri servizi di mappe on line. Google e Microsoft, da posizione illegale, attendono dunque fino a giugno per adempiere alle scartoffie burocratiche necessarie affinché il proprio servizio di mappe on line diventi regolare in Cina. Che poi funzioni, è un altro discorso, visti i tanti servizi di mappe ufficiali lanciati dalle autorità cinesi.

Dicembre 2010: googlelarsi, in Cina 
Dai cable di Wikileaks, scabroso retroscena: Li Changchun, classe 1944, membro del Politburo si era googlato scoprendo articoli e opinioni contrarie al suo operato. Da qui sarebbe partita la volontà di ostacolare il motore di ricerca di Mountain View. Tutto per un dilemma, una contraddizione, più che per favorire, come si scrisse e disse in molti casi, Baidu a discapito di Google, nel mercato internet più vasto del mondo. Che sia vero o meno, la notizia non pare strana, dato che il meccanismo della censura ogni tanto sembra impazzire, forse anche per strambe scelte dettate da umori mattutini.

28 gennaio 2011: Google: la Cina ci interessa (altro che)
Schmidt rileva alla BBC di volere intavolare nuove riflessioni su Google e la Cina. Una volta eliminate le supposte contrarietà di Brin ad accordi con il governo cinese (memore della sua breve esperienza nell'ambito della turbolenta storia sovietica degli anni 70) e verificato che quello cinese è un mercato dal quale è impossibile stare lontani (immaginiamolo come uno dei club dei vincenti, tanto ambiti dallo Zuckerberg in Social Network) Schmidt è tornato alla carica.  Il punto di partenza è la ricerca di un partner cinese per Android. Come dire, abbiamo scherzato, ora faremo le persone perbene. Se non possiamo entrare dalla porta, troveremo una finestra. 

Inizi di marzo, 2011: La Cina attacca: Google è la nuova Compagnia delle Indie
Oggi, la Cina non rimarrà in disparte lasciando che una nuova Compagnia delle Indie ripeta gli eventi della storia. Con i consueti toni tra l'epico e l'apocalittico, si chiude così l'editoriale che dal 4 marzo, uscito sul People's Daily Online, si è propagato in tutti i principali portali della rete cinese – da Sina a QQ passando per Xinhuanet – e che rappresenta l'ultimo attacco allo spauracchio Google. Con il senno di poi, “casualmente” da quel momento in avanti i servizi di Google in Cina cominciano ad andare al rallentatore. Il caso tipico: si prova ad aprire una mail e compare il messaggio di errore, mentre il “loading” si perde nella notte dei tempi o a sbevazzare e oziare in qualche taverna del porto di Shanghai.

20 marzo 2011: Ci risiamo
Google accusa la Cina di osteggiare il funzionamento dei suoi servizi. Come per un bambinesco specchio riflesso, la Cina farebbe in modo che il malfunzionamento di Gmail, ad esempio, passi come problema tecnico di Google: invece – secondo Mountain View – sarebbero i cinesi a fare tutto di nascosto. La Cina non reagisce, ma da queste parti non ci sono dubbi: i servizi di Google vanno a manovella e la cosa non è piacevole.

[Anche su Wired]

[Foto di Matteo Lanetta]