Cosa sta succedendo alle VPN in Cina (e ancora Google)

In by Simone

In mezzo ai problemi delle vpn in Cina, dagli States rimbalza la notizia di una nuova polemica tra Cina e il motore di ricerca Usa, causa la segnalazione di un cattivo funzionamento di Gmail in Cina (spesso senza vpn la mail non viene caricata). Altra carne al fuoco in un momento decisivo per questa fase storica della censura cinese. 

Avevamo raccontato del padre del Great Firewall cinese. In una sua recente intervista si bullava con il Global Times, spiegando come sul suo pc ci fossero installate ben sei vpn (Virtual Private Network, una scappatoia tra i filtri della censura cinese), per riuscire a controllare la reale capacità di uscire dalla gabbia creata dal controllo cinese.

L'intervista, con il senno di poi, è sembrata arrivare in un momento decisivo: pochi giorni dopo tutte le vpn più note e utilizzate dagli user che risiedono in Cina, hanno cominciato a perdere colpi. Prima piano piano, poi in modo totale. Personalmente ne ho cambiate due nel giro di una settimana. Sono passato da Gotrusted (4 dollari al mese) a Express VPN (10 dollari al mese). Tutto questo in concomitanza con le sessioni parlamentari annuali cinesi e le non rivolte del gelsomino.

I tecnici dell'help desk di Gotrusted – a dire il vero – sono stati molto gentili e disponibili nel tentativo di rimettere in piedi il servizio. Da vari amici e conoscenti so per certo che in alcuni casi sono riusciti a ripristinare il servizio nel migliore dei modi. A me non funzionava e mi sono visto costretto a cambiare, passando a VPN Express. Dopo alcun giorni di tranquillità e navigazione sufficientemente rapida, rispetto ai consueti standard, naturalmente, anche per i tecnici di VPN Express sono arrivati i dolori, a seguito della campagna anti vpn scatenata dalle autorità cinesi.

Dopo una notte passata a chattare con i tecnici, l'indomani mattina l'azienda annunciava attraverso un mailing di avere risolto il problema. I toni erano entusiastici (nel subject era urlato un: IMPORTANT: Steps to unblock ExpressVPN in China), perché bucare il Great Firewall dà sempre le sue buone soddisfazioni.

In mezzo ci sono finite alcune tra le vpn più note, Witoopia, 12VPN, nell'ambito di una campagna che ha creato non poco dibattito on line. For Chinese citizens and especially for expats living in China, a vpn is a must-have, hanno scritto. Questo perché al di là degli stranoti e bannati Twitter, Youtube e Facebook (senza i quali, per quanto riguarda quest'ultimi si può tranquillamente stare), la censura cinese  colpisce anche quei siti che costituiscono una interessante visuale della Cina.

Oltre a molte piattaforme per blogger, sono censurati anche – ad esempio – siti come danwei.org, chinadigitaltimes.com, veri e prorpi siti ponte, capaci di tradurre dal cinese argomenti e tematiche sempre molto interessanti e al centro dei dibattiti sociali locali contemporanei. Must have, dunque: vero, così come è vero che queste difficoltà create dal Great Firewall stanno ormai creando un business delle vpn, sottoposto a inflazione galoppante, così come i beni alimentari in Cina.

Fons Tuinstra, giornalista, già creatore dello Shanghai Foreigner Corrispondent Club, ritiene tuttavia che la censura in Cina sia destinata a fallire. Una riflessione che va incontro a quanto già raccontato da Fang Kecheng, giornalista cinese, classe 1987, che interpretava i problemi dovuta alla censura in una chiave meramente ecnomica.

Un po' come successe per Linkedin, bloccato, poi sbloccato abbastanza in fretta, perché molto usato dalla comunità business cinese. Inutile portare all'esaurimento nervoso tecnologico i tanti colletti bianchi che con Linkedin fanno affari o si muovono tra contatti e potenziali contratti. Tuinstra muove la sua riflessione sullo stesso sentiero di interpretazione di Fang Kecheng: la censura non conviene al business cinese. E non solo: quando chiesi a giornalisti cinesi a Shanghai come e dove raccoglievano le loro informazioni, mi risposero che la prima cosa da avere al riguardo era un VPN per ovviare alla censura governativa. Abbiamo bisogno di quelle informazioni, mi dissero, senza non possiamo lavorare.

Credetemi, continua Tuinstra, non sono solo i giornalisti cinesi ad avere bisogno di bucare la censura: questo vale anche per ufficiali dell'apparato sicurezza, del ministero degli esteri e di tanti altri dipartimenti.

Per rimanere nell'anedottica, una giornalista straniera recentemente è stata convocata a bere un the presso un posto di polizia in concomitanza con le mancate rivolte del gelsomino a Pechino. Sullo stesso tenore di quanto riportato da Tuinstra, raccontava la frase di uno dei solerti poliziotti: la seguo anche io su twitter.

[Anche su Wired]