Gli occhi del partito

In by Simone

Universitari reclutati come informatori per spiare le attività degli studenti, prevenire le proteste e “prendere decise precauzioni contro gli oppositori, siano essi cinesi o stranieri”.

A rivelare un sistema di controllo all’interno dei campus cinesi sono statisti alcuni documenti riservati delle amministrazioni  universitarie, tradotti e pubblicati online dal China Digital Times (CDT), un compendio di quanto appare nel cyberspazio cinese curato dalla facoltà di giornalismo dell’università californiana di Berkeley. Si tratta di file riservati “erroneamente diventati di dominio pubblico”, ha scritto CDT, grazie al lavoro di “abili internauti”.

Un “alto livello di coscienza politica” e “un vivo senso della responsabilità” uniti alla “predisposizione per il lavoro investigativo” sono i requisiti per poter diventare informatore. Ai giovani ritenuti idonei, equiparati agli studenti-lavoratori, le autorità universitarie promettono prospettive di lavoro, progressi nella carriera accademica e politica e “incentivi materiali”che variano in relazioni al valore delle informazioni date.

Una rete capillare che, si legge in un documento dell’Università di Dezhou, nella provincia orientale dello Shangdong, deve soddisfare “le richieste delle alte autorità e del dipartimento per la Sicurezza pubblica”. Il primi programmi per il “controllo delle opinioni e delle azioni degli studenti” risalgono al 2001, ma è nel ottobre del 2005 che ha avuto inizio il reclutamento degli “informatori per la sicurezza” incaricati di redigere ogni mese “tre o più rapporti” sulla vita negli atenei.

Una prassi diffusa non solo a Dezhou, ma anche in altre “università sorelle”. È il caso del Politecnico della Mongolia Interna dove nel novembre 2008, svela un secondo documento, oltre 180 studenti hanno preso parte a un incontro formativo organizzato dal locale dipartimento per la Sicurezza interna. Sono le nuove leve incaricate di preservare la società armoniosa teorizzata dalla dirigenza comunista in opposizione ai tre mali che minaccerebbero la Repubblica popolare: separatismo etnico, estremismo religioso e terrorismo.

[Pubblicato su NTNN]