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Gli «eroi» paralimpici (dimenticati) della Cina

In Economia, Politica e Società by Francesco Mattogno

La Cina ha dominato le ultime cinque paralimpiadi estive e a sorpresa anche quelle invernali di Pechino 2022. Media e funzionari di Stato dipingono i propri atleti paralimpici come «eroi», ma una volta che i riflettori si spengono è facile finire nel dimenticatoio. Il soft power e il linguaggio legato alle paralimpiadi non sempre va a vantaggio degli 85 milioni di disabili cinesi, le cui condizioni sono però migliorate negli ultimi 20 anni. Un estratto dall’ultimo e-book di China Files su Sport e Politica (per sapere come ottenerlo, clicca qui)

Ping Yali è stata una delle prime persone nella storia della Repubblica popolare cinese a poter adottare un cane guida, un Golden Retriever di nome Lucky, con lei dal 2007. Nata ipovedente e con poche possibilità di carriera, nei primi anni duemila Ping, oggi ultrasessantenne, è uscita da un periodo economicamente molto difficile reinventandosi massaggiatrice e imprenditrice. “Ho realizzato di poter contare solo su me stessa”, ha dichiarato in un’intervista del 2017 alla CGTN, la televisione di stato cinese in lingua inglese. Si è trattato solo dell’ultimo dei tanti stravolgimenti della sua vita, che ha trascorso per gran parte lavorando come operaia in una fabbrica di gomma. E poi, nel tempo libero, laureandosi anche campionessa paralimpica di salto in lungo.

La prima medaglia d’oro della storia olimpica della Repubblica popolare è di Ping. L’ha vinta il 23 giugno 1984 alle paralimpiadi estive di New York, quando ha saltato 4,28 metri, nove centimetri in più della brasiliana Anelise Hermany (4,19 metri). Si è trattato di un giorno storico per la Cina, tornata a partecipare ai giochi olimpici estivi dopo un boicottaggio che durava dalle olimpiadi di Helsinki 1952, terminate senza medaglie. Per oltre 30 anni Pechino ha protestato contro il Comitato olimpico internazionale (IOC) per aver permesso a Taiwan di partecipare alle sue competizioni con il nome di Repubblica di Cina, Taiwan o Formosa. Una posizione che l’IOC ha rivisto alla fine degli anni settanta: dal 1984 Taiwan può prendere parte ai giochi esclusivamente come Taipei Cinese, sfoggiando un drappo olimpico al posto della bandiera della Repubblica di Cina.

Gli atleti dimenticati

Al contrario di quanto avviene oggi, le paralimpiadi del 1984 si sono svolte prima delle rispettive olimpiadi, ed è questo che ha permesso a Ping di essere la prima medaglia d’oro della Repubblica popolare. Una gloria durata poco. Il 26 luglio, la vittoria olimpica conquistata da Xu Haifeng nel tiro a segno ha reso per tutti Xu il primo cinese di sempre a vincere una medaglia d’oro ai giochi, offuscando il successo della saltatrice in lungo.

Dopo un’accoglienza da eroina nazionale, al ritorno in patria Ping si aspettava di fare carriera come molti ex atleti olimpici, diventando funzionaria dell’amministrazione sportiva cinese o allenatrice in qualche squadra di atletica locale. Invece è stata costretta a tornare in fabbrica, tra licenziamenti e precariato. “Ho dovuto lottare per sopravvivere e non ho ricevuto lo stesso trattamento degli atleti non disabili”, ha detto al New York Times.

La sua storia non è diversa da quella di molti altri campioni paralimpici. Uno dei più grandi nuotatori cinesi di sempre, Zheng Tao (che ha perso entrambe le braccia da bambino), si è ritirato alla fine di Tokyo 2021 con all’attivo sei medaglie d’oro paralimpiche ed è rimasto senza lavoro. Ha raccontato a Sixth Tone la depressione della sua vita post-ritiro fatta di divano, sigarette e giochi sullo smartphone. Una condizione a cui nessuno l’aveva preparato.

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A cura di Francesco Mattogno