Giappone – Sempre più smartphone, sempre meno voglia di votare

In by Gabriele Battaglia

Il Giappone si prepara a nuove elezioni. Il premier Shinzo Abe sempre più in difficoltà in campo di politica economica ha deciso di rimettere il suo mandato nelle mani degli elettori. Alle ultime elezioni per la Camera alta del Parlamento, sfruttando la diffusione di smartphone nel paese, il suo partito aveva lanciato una app. Con previsioni di affluenza ai minimi, cosa si inventerà questa volta? Non è più raro ormai salire su un treno o una metropolitana e assistere al seguente spettacolo: un passeggero sale, si siede – o nel caso di grande affluenza, rimane in piedi – si rilassa, tira fuori dalla tasca il suo smartphone e non ne stacca più gli occhi fino alla fine del suo viaggio.

Le principali metropoli (ma forse anche le città più piccole) del pianeta sono sempre più un covo di “zombie” al cellulare.

Secondo un recente articolo dell’agenzia France-Presse, Tokyo sarebbe una delle città nel mondo in cui si avverte sempre di più l’urgenza di fare qualcosa per prevenire gli incidenti dovuti alla crescente dipendenza da smartphone.

In quattro anni fino al 2013, riporta l’articolo, 122 malcapitati hanno dovuto essere trasportati in ospedale a causa di incidenti provocati da pedoni al cellulare. Secondo un responsabile dei vigili del fuoco della capitale giapponese, questo genere di eventi costituisce oltre il 40 percento dei casi di incidenti legati all’uso del telefono.

E i numeri sono destinati a gonfiarsi: secondo i dati dell’agenzia pubblicitaria e di PR Hakuhodo riportati dal sito eMarketer, quasi la metà dei giapponesi a fine 2013 era in possesso di uno smartphone. La crescita è stata piuttosto rapida: nel febbraio del 2011, solo il 5,3 per cento degli utenti internet giapponesi ne aveva uno. A giugno 2013, la percentuale era al 43,1.

L’aumento del numero di smartphone non è passato inosservato al partito di governo, il Partito liberaldemocratico (Pld) del premier Shinzo Abe. Sfruttando la popolarità del primo ministro, a giugno dello scorso anno, il Pld annunciava sul suo sito l’uscita di una app per smartphone – a chi interessasse, è disponibile versione iOs e Android – chiamata “AbePyon” (un traduzione approssimativa, in italiano può essere “AbeBoing”).

Personaggio principale del gioco è il primo ministro Shinzo Abe, che, saltando su piattaforme appese in cielo, guadagna punti e avanza di incarico da semplice responsabile dei gruppi giovanili a ruolo di primo ministro.

Secondo un giornalista politico citato da un articolo del magazine online Exdroid.jp, inoltre, AbePyon è il primo videogioco ufficiale con protagonista il primo ministro di un Paese (altrove esistono esempi non ufficiali tipo questo). Il caso è inoltre esemplare perché coerente con la strategia di presenza sui social dell’attuale primo ministro giapponese – che su Facebook ha quasi mezzo milione di follower – nel tentativo di riavvicinare i giovani giapponesi alla politica.

E si sa: al di là della dipendenza dalla comunicazione sui social network, ad attirare la nostra attenzione sugli schermi dei nostri smartphone sono i videogiochi, per quanto semplici possano essere.

Dopo la giornata campale di martedì 18 novembre, in cui il governo giapponese ha annunciato lo scioglimento della Camera bassa del parlamento, il Giappone si prepara a tornare alle urne.

Anche ai tempi dell’uscita di AbePyon, il Giappone si preparava ad andare a votare. Ora, non è possibile calcolare l’impatto del videogioco sull’esito delle elezioni; ma il risultato fu chiaro: vittoria schiacciante del Pld. Di diverso però c’era il clima: Abenomics aveva portato i primi risultati e qualcuno già intravedeva la fine della stagnazione economica durata per quasi due decenni.

Oggi invece, le cose non vanno così a gonfie vele. Shinzo Abe, appena un anno fa all’apice della popolarità oggi si trova a gestire un tasso di approvazione del 44 per cento, ai minimi da quando è in carica.

In conferenza stampa, il premier ha riconosciuto il rischio di una fuga di voti, anche se l’opposizione sembra oggi piuttosto evanescente. I veri problemi per Abe potrebbero arrivare dall’interno del suo stesso partito: dopo i casi delle dimissioni di due ministre da lui scelte come parte della sua strategia di coinvolgimento delle donne in politica e in economia, divisioni ai vertici del Pld si sono avute sull’aumento dell’aliquota sui consumi, l’equivalente giapponese dell’IVA, dall’8 al 10 per cento già a fine 2015. Alla fine è passata la linea del premier sulla sua posticipazione ad aprile 2017 contrariamente a quanto approvato in prima battuta.

E forse, nella caccia a nuovi elettori – alle elezioni del 2012 l’affluenza aveva toccato i minimi dal dopoguerra – rispolverare l’idea di “far saltare” Abe potrebbe essere non proprio ottima. Una ragione in meno per i giapponesi per stare attaccati al cellulare. 

[Anche su East Rivista di Geopolitica; foto credit: cultofmac.com]