Giappone – Fukushima, quattro anni dopo

In by Gabriele Battaglia

A quattro anni dall’incidente più grave della storia dell’energia nucleare dopo Chernobyl, la situazione dell’area di Fukushima presenta ancora diverse criticità. Sono ancora centinaia di migliaia le persone evacuate che non torneranno a casa a breve, come sono tanti i problemi da risolvere prima del totale smantellamento della centrale danneggiata da terremoto e tsunami l’11 marzo 2011.  All’ingresso della città di Futaba, provincia di Fukushima, ad appena quattro chilometri di distanza dalla centrale nucleare Numero 1, campeggia una scritta: “nucleare: l’energia per un futuro più luminoso”.

A quattro anni dal disastroso incidente dell’11 marzo 2011, l’insegna, installata con i soldi di Tepco, l’azienda elettrica di Tokyo che gestiva l’impianto e oggi cerca di portare avanti una difficile opera di smantellamento e bonifica, verrà smontata a breve.

Insiema alla sua gemella – che recita: “l’energia nucleare porterà allo sviluppo regionale e ad un futuro prospero” – l’insegna ancora oggi accoglie i pochi evacuati autorizzati a fare brevi visite alle proprie case.

Il paradosso è però che gli stessi operai che saranno incaricati dello smantellamento delle due insegne potranno restare in città solo per poche ore, data la radioattività della zona. Futaba, per la sua vicinanza all’impianto, è stata infatti designata come “zona in cui sarà difficile tornare”, una città fantasma sulla statale che collega Tokyo a Sendai.

Quattro anni dopo terremoto, tsunami e incidente nucleare, sono città deserte come Futaba il simbolo di una ripresa che prosegue a fatica. La cifra simbolo di questo quarto anniversario del grande disastro del Nordest del Giappone è proprio quella degli sfollati: sono circa 230 mila – secondo dati dell’agenzia governativa per la ricostruzione – le persone che attendono l’assegnazione di abitazioni pubbliche o hanno ottenuto i permessi per costruirsi una nuova dimora.

Quasi la metà di loro ha deciso di non tornare alla propria vecchia casa. È la paura di un inquinamento – quello da radiazioni – invisibile, intangibile e impossibile da fermare a tenerli lontani.

È importante [che le autorità garantiscano] il sostegno agli evacuati per ritornare alle loro amate case”, si legge in un editoriale pubblicato dallo Yomiuri Shimbun, il primo quotidiano giapponese, pochi giorni fa. “I progetti di decontaminazione da radiazioni hanno fatto progressi in queste aree – prosegue l’editoriale citando gli sforzi compiuti per liberare la provincia da macerie e rifiuti e per favorire il loro smaltimento – ma molte persone non si fidano a tornare per paura dell’inquinamento radioattivo”.

Alcuni piccoli passi verso un ritorno alla normalità delle zone interessate dalle fughe radioattive si erano visti lo scorso anno con la fine del divieto di accesso in alcune zone comprese nella zona di esclusione a 30 chilometri dalla centrale di Fukushima, ma gli abitanti rimangono scettici.


Foto credit: maptd.com

Per convincerli a tornare, oltre a un impegno da 3,4 mila miliardi di yen (circa 25 miliardi di euro) per la ricostruzione, il governo di Tokyo ha avviato un programma specifico per la ripresa economica delle aree colpite dal disastro: Atarashii Tohoku (Nuovo Tohoku).

I pilastri del programma sono cinque: la crescita dei bambini in un ambiente sicuro e sano; la rivitalizzazione di una società che invecchia a ritmo sempre più veloce; lo sfruttamento di energie sostenibili; la messa in sicurezza delle infrastrutture pubbliche; l’utilizzo di risorse regionali (in particolare alimentari in una regione principalmente rurale) che abbiano appeal al di fuori della dimensione locale.

Il programma è molto attraente – ha spiegato a China Files Takaharu Saito, amministratore delegato di Communa, una start-up di Sendai da anni impegnata ad aiutare aziende locali a presentarsi al pubblico internazionale – ed è buono sulla carta. Le iniziative più innovative ricevono sussidi e finanziamenti. Tuttavia, temo che non cambierà davvero le cose”.

Secondo un recente sondaggio dell’Asahi Shimbun, secondo quotidiano nazionale, oltre il 70 per cento dei residenti nella provincia di Fukushima sono insoddisfatti di come il governo ha fin qui gestito la situazione.

Il primo ministro Shinzo Abe, alla vigilia del quarto anniversario dall’incidente nucleare, ha promesso entro l’estate un nuovo programma per la ripresa da qui al 2020, anno delle Olimpiadi di Tokyo. “Avremo pronto entro l’estate un piano per un futuro autosufficiente della provincia”.

Più che sul governo è in particolare su Tepco che si concentrano le critiche dopo le rivelazioni riguardo alle tonnellate di acqua contenente materiali radioattivi riversate nell’oceano nell’ultimo anno e mezzo – principalmente per errori di valutazione del personale addetto al controllo delle cisterne di stoccaggio disposte all’interno dell’area della centrale.

Fatti che però non sembrano toccare la prima azienda elettrica del paese. Nonostante nel 2012 la commissione d’indagine sull’incidente avesse dichiarato esplicitamente che Fukushima era stato un disastro provocato da “errore umano”, nessuno però dei dirigenti dell’epoca è stato indagato per l’incidente.

L’ex presidente dell’azienda, Tsunehisa Katsumata, e i suoi ex vice, Sakae Muto e Ichiro Takekuro, erano stati accusati da una speciale commissione popolare di inadempienza nella protezione della centrale in caso di tsunami di grande portata.

Simbolo di una sorta di intoccabilità politica e giudiziaria di cui gode Tepco – oltre che prima azienda elettrica del Sol levante, quarta al mondo.

Il genshiryoku mura, il “villaggio nucleare”, così come è soprannominata la lobby del settore in Giappone, non si tocca e il ritorno al nucleare del paese-arcipelago – entro giugno dovrebbero ritornare online i due reattori della centrale di Satsuma-Sendai, a Sud – ne è la dimostrazione più lampante.

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[Scritto per il manifesto; foto credit: dw.de]