Sergio Basso: curiosità, legami e Cina

In by Simone

«Sono voluto uscire dal Mediterraneo e guardare oltre, altrimenti mi sarei sentito con la testa sotto la sabbia». Lo afferma Sergio Basso, regista e docente del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo. Ha studiato e girato la Cina, per poi affidare la macchina da presa alla comunità cinese di Milano, con il suo ultimo film-documentario dal titolo “Giallo a Milano”, presentato nel corso della ventisettesima rassegna cinematografica di Torino.

Innanzitutto, con i protagonisti della chinatown milanese che qualche anno fa insorse, attirando l’attenzione per un mondo cinese nel centro di Milano, Sergio Basso ha stretto una relazione fatta di tempo e conoscenza reciproca. La mancanza di conoscenza porta spesso a pregiudizio e ignoranza: «in Italia, ancora si crede che i cinesi non muoiano, sono stato a girare in ambulatori, al cimitero, con un grande rispetto documentale del soggetto, per questo ho chiesto pareri ad esperti in materia, come Daniele Cologna e Alessandra Aresu».

Chi mette il naso fuori dalla terra in cui è nato d’altronde ha nella mente uno scopo: raccontare agli altri ciò che vede. Alcuni uomini, un tempo, hanno tracciato percorsi divergenti dalla loro strada di casa, gli esploratori hanno camminato sulle cime Himalayane e raccontato quello che vedevano sotto forma di mappe geografiche; gli studiosi di filosofie orientali hanno insegnato in università indiane e poi raccolto i loro studi in documenti tutt’ora fondamentali per l’insegnamento delle filosofie orientali; Matteo Ricci, gesuita del diciassettesimo secolo, maestro nell’apprendimento del cinese classico riposa a Pechino, dopo una vita dedicata allo studio. Una semplice caratteristica spinge l’ uomo in direzioni lontane: la curiosità. E’ la curiosità che porta ad infilarsi tra gli spazi angusti di una piccola biblioteca, a spolverare un dizionario e a cercare tra le pagine ingiallite dal tempo una risposta ad un quesito attuale.

Oggi chi si occupa di Oriente è relativamente facilitato: software moderni ed enciclopedie on line semplificano la vita dei ricercatori, internet velocizza la comunicazione tra i giornalisti e le agenzie di stampa. Dove sono la polvere, gli zaini e borracce dei moderni studiosi? I giornalisti non corrono più alla ricerca di una cabina telefonica. Quello che invece rimane invariato tra passato e presente è la spinta iniziale, dal sapore molto umano: la curiosità. Un esempio contemporaneo di questa qualità applicata al mondo cinese è il regista italiano Sergio Basso. Il trentacinquenne milanese ha curriculum eterogeneo che genera invidia a chi rimane incollato alle poltrone di pelle.  Nel suo percorso universitario ha studiato Lingue e Civiltà Orientali a Venezia si è districato tra sanscrito e cinese, classico. Con finta ingenuità definisce la linguistica «il palazzo cristallino della mente». Le numerose borse di studio, che elenca con orgoglio, gli hanno permesso di vivere in Cina per due anni. Si diploma poi, al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma e non interrompe mai il rapporto l’Oriente, sempre cercando e trovando la possibilità di raccontarlo.  Il fascino dell’arte orientale e delle sculture Buddhiste lo hanno portato a cercare dietro le teche di vetro. «Ero a San Pietroburgo e quella scultura era dietro il guardaroba, mi sono fatto aprire la tenda, e Shakyamuni che lottava contro il dio Mara era lì».

Altre volte invece è stato spinto ad andare in piccole città della Cina, «a cui nessuno presta molta attenzione» per vedere con propri occhi gli reperti di storia antica che riposano impolverati sotto lo sguardo di pochi turisti. Afferma il regista: «della Cina quello che mi è rimasto dentro è l’umiltà, la solidarietà, la semplicità delle persone, non ti parlo del manager di Shanghai, che è come quello milanese, ma delle persone dell’interno che vivono con nulla.» Il paragone con l’Italia rotola dalla sua bocca, «in Italia, c’è un conflitto isterico fatto di nulla, parlo da cineasta è un puro conflitto alto borghese, di cui non mi interessa parlare». Della Cina di oggi ciò che non convince il giovane regista è la mancanza di vitalità culturale, «se fosse stato diverso sarei rimasto in Cina». Nella società contemporanea, la parola cultura per Sergio Basso, vuol dire dinamismo, non omologazione. Una stoccata all’arte contemporanea cinese, che ruota intorno ai galleristi ed ai loro incassi, dove i pochi artisti veramente in gamba fanno difficoltà ad emergere.

La curiosità del giovane regista milanese non sembra però una puerile ricerca del diverso, né  un bulimico collezionismo di esperienze alternative, la maturazione avviene nello sforzo di voler raccontare la Cina, o meglio di lasciarla parlare con i mezzi a sua disposizione, dopo averla studiata, vista e vissuta. I processi storici e sociologici li lascia ai dotti accademici da cui ha preso le distanze.
«Detto Cina, detto nulla, ci sono enormi difficoltà descrittive, anche i cinesi stessi sono disorientati». Per questo, raccontare la Cina, significa anche sperare di riuscire a portare in Italia le opere di Guo Shixing 过士行drammaturgo cinese sconosciuto in Italia o lasciar i giovani cinesi di Milano descrivere loro stessi attraverso il suo ultimo lavoro: Giallo a Milano, in cui a parlare sono loro, i protagonisti stessi delle vicende narrate.
L’identità è un tema che lega gli esseri umani di ogni luogo, è il frutto di secoli di migrazioni indotte o meno. Chiedersi chi siamo in quanto possidenti della terra in cui abitiamo è indispensabile per la maturazione dell’intera società. I conflitti non vanno seppelliti sotto isterie moderne o sotto falsi dogmi, bensì indagati e affrontati. Il modo di Sergio Basso di esplorare un conflitto, è soprattutto far conoscere una realtà che rimane ancora oggi avvolta nel mistero dell’esotico e nel pregiudizio.

L’Oriente non è più un asettico monoblocco per mezzo del quale affermiamo il nostro essere europeo. La Cina è dinamica espressione di menti e persone che possono e devono essere raccontate e la nostra piccola Italia, forse ha bisogno di ponti i grado di collegare ciò che altrimenti rimarrebbe nascosto.