Elezioni in Pakistan – Il ritorno della “tigre” Nawaz

In Uncategorized by Gabriele Battaglia

La tornata elettorale di sabato scorso ha visto il ritorno al governo di un veterano della politica pakistana: Nawaz Sharif. Sarà a capo di un governo politico, il primo a succedere a un altro governo non militare. E da oggi dovrà far fronte alla crisi economica e alla violenza politico-religiosa dilagante nel Paese. Quattordici anni dopo essere stato estromesso dalla guida del governo con un colpo di Stato, Nawaz Sharif è pronto a tornare alla guida del Pakistan. Sharif sarà per la terza volta primo ministro.

La sua Lega musulmana-N (in cui la N sta per Nawaz) è stato il partito più votato nelle legislative di sabato scorso. Una tornata dal sapore particolare per il Paese dei puri. Per la prima volta attraverso il voto un governo eletto lascia il posto a un altro governo eletto, senza l’intromissione dei militari. Anche per questo, nonostante le violenze durante la campagna elettorale che hanno fatto almeno 117 morti e 50 nella stessa giornata del voto, l’affluenza ai seggi è stata oltre il 60 per cento, contro il 44 per cento del 2008, dopo i nove anni potere dell’ex capo delle Forze armate, Pervez Musharraf.

Alcuni hanno letto un segno della non intromissione dell’esercito nelle immagini dell’attuale numero uno dell’esercito, Ashfaq Pervez Kayani, ai seggi di persona, quando tutti pensavano votasse per corrispondenza. Quando ancora manca l’ufficialità dei risultati si prevede tuttavia che a Nawaz Sharif e compagni siano andati circa 120 dei 272 seggi assegnati direttamente al voto. Il totale dei deputati per la Lega musulmana potrebbe salire a 150 sui 342 dell’Assemblea nazionale, una volta assegnati gli scranni riservati alle donne a alle minoranze in base alla percentuale presa.

Il giro di consultazioni per formare una coalizione è già iniziato. Intanto il futuro premier ha incassato le congratulazioni dei governi di Stati Uniti, Afghanistan e India. Quello con il Pakistan sarà un rapporto tra uguali, recita la nota del presidente Obama che negli ultimi anni ha visto sfilacciarsi l’alleanza con Islamabad sia per i raid statunitensi a caccia di terroristi nel territorio pakistano sia per i timori di Washington per lo scarso impegno, se non sostegno, dell’alleato a militanti e talebani afgani.

Una richiesta in tal senso, per arrivare a una pace che metta fine all’insurrezione degli studenti in turbante nero e armi è arrivata dal presidente afgano Hamid Karzai. Mentre con un messaggio su twitter il primo ministro indiano, Manmohan Singh, si è augurato un nuovo corso nelle relazioni con il rivale di sempre.

Assieme a Nawaz può festeggiare anche l’ex stella del cricket Imran Khan. Il suo Taheerek-e-Insaf sale da uno ad almeno 35 seggi, candidandosi a diventare il secondo partito del Paese. Dall’ospedale dove è ancora ricoverato per i traumi di una caduta da un piattaforma durante un comizio, Khan ha riconosciuto la vittoria di Sharif e schierato il suo partito all’opposizione.

“La più dura e disciplinata che il Paese abbia mai avuto”, ha detto citato dall‘Express Tribune dopo aver impostato la propria campagna sulla lotta alla corruzione. Primo atto della nuova opposizione targata PTI sarà presentare alla commissione elettorale un dossier su presunte irregolarità durante il voto, in particolare per la decisione di prolungare di un’ora, in alcune aree anche di tre, l’apertura dei seggi. Decisione, denunciano, che ha avuto ripercussioni sul proprio risultato. Accuse di brogli come quelle piovute sul Muttahida Qaumi Movement al governo nell’hub commerciale di Karachi, il cui leader ha esortato i leader nazionali a concedere la secessione alla città se riconosciuto il risultato elettorale. Aspettativa più volte accarezzata in passato.

A contendere a Khan la palma di secondo è il Partito del popolo pakistano della famiglia Bhutto, di fatto però il grande sconfitto. Il partito del presidente Asif Ali Zardari e del figlio ventiquattrenne Bilawal, ultimo rampollo della dinastia dei Bhutto, si è salvato per i voti ottenuti nella storica roccaforte del Sindh. Ma sul risultato, nonostante il merito di aver guidato il primo esecutivo arrivato indenne alla scadenza della legislatura pesa la condizione di un Paese stretto tra la morsa della violenza terroristica e settaria, tanto religiosa quanto politica, e della crisi economica, quasi sull’orlo della bancarotta, come scriveva il giornalista pachistano Ahmed Rashid alla vigilia del voto.

A farne le spese, tra gli altri, l’ex primo ministro Raja Pervez Ashraf, perdente nella sua circoscrizione. La Lega musulmana, si legge in un commento dell’Express Tribune, dovrà ora imparare dai propri errori e da quelli del Ppp. Ad esempio, Nawaz Sharif dovrà porre fine al suo sostegno ai terroristi in Punjab, scrive Tariq Rahman, e smetterla con gli stratagemmi per zittire le voci dissidenti. Dovrà inoltre concentrarsi sulla tutela di donne e minoranze.

[Foto credits: rte.ie]