Dottori e pazienti

In by Simone

Mentre tutto il mondo presta attenzione alla riforma sanitaria di Obama negli Usa, cosa succede in quel settore in Cina? Un G2 a distanza, particolarmente sentito nel Regno di Mezzo. L’argomento è spinoso, si sprecano le battute. Un’amica cinese raccontava un aneddoto circa le indicazioni del padre per un futuro marito: «mai un poliziotto o un medico. Troppo corrotti».

Per ovviare ad un sistema sanitario complesso e in via di riforma, da molto tempo e con i consueti tempi cinesi, la popolazione locale fa quel che può. Durante il chunjie, la festa di primavera, sono andati a ruba i libri che insegnano a massaggiare e praticarsi in autonomia l’agopuntura. Un segnale: costano troppo le medicine e c’è scarsa fiducia nell’operato dei medici. Prendere il numero, come al supermercato, per essere ricevuti dai dottori è spesso una lotta strenua. Una volta giunti davanti al dottore, poi, si viene visitati in modo rapido.

I dottori hanno bisogno di pazienti, molti pazienti, perché lo stato negli ospedali pubblici non mette più uno yuan. Una volta ottenuta la visita, la mazzata: la ricetta. Le medicine costano tanto e costituiscono la piaga peggiore per chi ha bisogno di cure e non gode di una situazione economica stabile. E’ il socialismo con caratteristiche cinesi: uno stato alla rincorsa degli squilibri causati dalla sua velocità sostenuta. Chi rimane indietro è penalizzato.

H. è un dottore, primario in un noto ospedale pechinese, iscritto al partito, ha un triplice ruolo: oltre ad essere un medico è anche colui che decide se un paziente sprovvisto di assicurazione può essere curato o meno, nonché una specie di giudice di pace interno, pronto a risolvere le controversie tra pazienti e dottori. Lo scopriremo al termine della chiacchierata, quando attiverà la telecamera interna al suo studio, spartana a dire il vero, con la quale registra ogni conversazione che avviene tra pazienti e medici.

Se infatti lui non risolve la contesa, toccherà a un tribunale. Spesso sono i cittadini stessi a registrare con cellulari o registratori le conversazioni: tra pazienti e dottori è guerra fredda. Gli chiediamo di raccontarci come funziona il sistema sanitario nazionale cinese, a trent’anni dalle riforme denghiane. «Esistono tre tipi di situazioni, ci spiega: la più comune è quella del lavoratore della danwei (l’unità di lavoro, la fabbrica ad esempio ndr). Nel caso si ammali, il lavoratore deve giungere in ospedale con la sua carta sanitaria. A seconda di quanta anzianità di servizio ha, le sue spese mediche sono pagate sia dalla danwei, sia dallo stato. Questo è il sistema sanitario gratuito. C’è poi il sistema sanitario pubblico: si tratta dei lavoratori statali, insegnanti, funzionari. In questo caso pagano tutto di tasca loro e poi lo stato rimborsa i soldi dopo presentazione delle ricevute. Infine ci sono tutti gli altri casi».

E qui si finisce nel ginepraio cinese di regolamentazioni, dalle quali però si può tirare una somma piuttosto evidente: senza lavoro e soldi, in Cina si muore. A meno di non potersi pagare un’assicurazione privata, negli ospedali pubblici il più spesso delle volte si finisce male. Recentemente il governo ha lanciato un nuovo programma: si tratta del Yilao Yixiao, per bambini sotto i 14 anni e per i vecchi oltre i 60 anni senza un lavoro. In questo caso è il governo a incaricarsi di loro. Una soluzione che non tiene conto ad ora della popolazione urbana disoccupata e non in grado di provvedere alle proprie cure mediche.

Tra il 2000 e oggi sono stati lanciati diversi programmi che mirano a riformare il sistema sanitario cinese. E’ una cosa necessaria visti i cambiamenti economici e la necessità di favorire una vita degna anche alla popolazioni rurale, un altro universo in Cina rispetto alle grandi città, mentre a livello urbano la necessità è quella di fare fronte al numero di abitanti che cresce in continuazione. Uno degli aspetto della riforma è la mancanza di fondi pubblici agli ospedali e la necessità per questi ultimi di trovare da soli i soldi. Lo stipendio del dottor H., ad esempio è di 1000 euro al mese, così ripartiti: 300 euro vengono forniti dallo stato, 700 dall’ospedale stesso. Oggi come oggi, però, per gli ospedali pubblici non è ancora possibile trovare finanziamenti privati.

E alcuni aspetti della riforma non convincono la classe dei medici cinesi: una parte dei loro salari potrebbe infatti venire decurtata per permettere una maggiore possibilità di curare gratuitamente alcuni pazienti.
«Negli ultimi 10 anni – ci spiega il dottore – si sono sviluppati molti ospedali privati: perché abbiamo una popolazione di un miliardo e passa di persone, perché ci sono più ricchi chi chiedono ormai un trattamento particolare, luoghi migliori dove effettuare la propria degenza». E la vita dei dottori non appare migliore. 1000 euro al mese per essersi laureato nel 1991.

Un esame ogni anno da sostenere: se non lo si supera si rimane al palo (ovvero senza stipendio) per un anno intero. E la nomea di essere corrotti o di non essere in grado di rispondere alle necessità sanitarie della propria popolazione.

«La corruzione dei medici è un problema rilevante in Cina, afferma con tranquillità il dottor H. Esiste ed è collegata principalmente al prezzo alto delle medicine, gestite da imprese statali. Così ci sono agenti che avvicinano medici affinché prescrivano le proprie medicine. Solo un aumento di salario potrà fermare questa piaga. Anche un’altra fonte di corruzione potrebbe essere risolta facilmente: in Cina il dottore non è autorizzato a dire ai futuri genitori quale sarà il sesso del proprio figlio. Così molti dottori, con qualche banconota in cambio, spesso rivelano questo dato. Se ci fossero punizioni maggiori per chi è corrotto, dice il dottor H., come ad esempio la revoca della licenza, forse non esisterebbero certi fenomeni».

[Pubblicato su Il Manifesto il 10 marzo 2010]