All’improvviso, Bo Xilai

In by Simone

Alto, bello, sorridente e carismatico. Per una volta i giudizi dei media cinesi e internazionali sembrano essere concordi. A unirli è l’apprezzamento per Bo Xilai, popolare segretario del Partito comunista della municipalità  di Chongqing, megalopoli di 32 milioni di abitanti sulle rive dello Yangtze.

L’ex ministro del Commercio è un personaggio lontano dalla compostezza e dal fare serio del presidente cinese Hu Jintao. “È uno dei pochi a poter risollevare l’immagine della Cina nel mondo” scrive un suo fan sul forum del quotidiano Global Times. Quanto Bo sia amato lo si è potuto constatare domenica, in occasione del suo arrivo all’annuale seduta plenaria dell’Assemblea nazionale del popolo, il Parlamento cinese, che ha preso il via il 5 di marzo. Aperta da un lungo discorso del primo ministro Wen Jiabao, la più importante istituzione statale della Repubblica popolare ha il compito di fissare gli obiettivi per l’anno in corso. I tremila delegati provenienti da tutte le parti della Cina hanno applaudito le trentadue pagine del discorso di Wen, tutte incentrate sulla necessità di colmare il divario tra ricchi e poveri e sulla ristrutturazione dell’economia, ora troppo dipendente dalle esportazioni.

Per il 2010, anno “cruciale” e “complicato”, gli obiettivi da raggiungere sono una crescita dell’8 per cento e un tasso d’inflazione al 3 per cento. Uno sforzo “per garantire e migliorare il benessere del popolo”, che passa anche attraverso la tanto agognata abolizione dell’hukou, il certificato di residenza introdotto nel 1958 per frenare la crescente urbanizzazione. Nei giorni scorsi, un editoriale congiunto di tredici quotidiani locali invocava la riforma del sistema, considerato la causa della sempre maggiore disuguaglianza tra la popolazione delle città e delle campagne.

Appello a cui i governo risponde con vaghezza e con la promessa di continuare un “processo di urbanizzazione con caratteristiche cinesi”. La sessione annuale sembra però seguire un copione già scritto. Più che legiferare l’Assemblea, nella maggioranza dei casi, formalizza le decisioni prese in autunno dal plenum del Partito comunista. Una ritualità rotta dal sessantenne leader di Chongqing. Bo Xilai ha fatto il suo ingresso nella Grande sala del popolo accompagnato da uno stuolo di giornalisti.

Un’accoglienza degna di una star” titola il quotidiano ufficiale in inglese China Daily, che racconta di come all’arrivo di Bo, una deputata intenta a parlare abbia dovuto alzare la voce per non farsi sopraffare dalle grida di ammirazione. Figlio di Bo Yibo, uno degli “otto immortali” della rivoluzione comunista e grande fautore delle riforme volute da Deng, Bo Xilai deve la sua popolarità alla crociata anticorruzione e all’incessante lotta contro la criminalità intraprese a Chogqing nei mesi passati.

Il più sensazionale processo degli ultimi anni, che ha portato all’arresto di centinaia tra funzionari, amministratori pubblici e mafiosi, grazie a cui Bo ha conquistato l’ammirazione popolare e il titolo di “uomo dell’anno”. Un Rudolph Giuliani dalle caratteristiche cinesi, lontano dalla figura del funzionario corrotto ormai radicata nell’immaginario dei cittadini, dotato di spiccate doti comunicative. Ne sono un esempio i famosi 13 milioni di sms con citazioni maoiste inviati alla popolazione di Chongqing, per promuovere la “cultura rossa” e lo studio del pensiero di Mao. Tutte credenziali che nel 2012 potrebbero spalancargli le porte del Comitato permanente del politburo, l’organismo di nove persone al vertice del Pcc. Sebbene manchino ancora due anni al prossimo congresso del Partito comunista, i giochi per stabilire la successione al duo Hu-Wen sembrano ormai conclusi. Secondo le previsioni la carica di segretario generale, e quindi di capo dello Stato, spetterebbe al vice presidente Xi Jinping. Mentre al primo ministro Wen Jiabao dovrebbe succedere il cinquantaquattrenne Li Keqiang, l’uomo che a gennaio ha impressionato i media occidentali con il suo discorso al Forum economico di Davos.

Tra i due futuri leader potrebbe però inserirsi l’ingombrante figura di Bo. Troppo vecchio per poter aspirare alle due più alte cariche dello Stato,(in Cina a settant’anni si è costretti a ritirarsi dall’attività politica), ma troppo popolare per poter essere messo da parte. I prossimi due anni saranno quindi il primo banco di prova per la tanto invocata democrazia interna al Partito e sondare gli equilibri tra i tuanpi, tecnocrati provenienti dalle fila della Lega giovanile comunista e i taizi, i “principini” figli degli ex alti funzionari, ai quali appartiene anche Bo Xilai.

[Pubblicato su Il Riformista il 9 marzo 2010]