Dossier: voci operaie (seconda parte)

In by Simone

La prima parte del Dossier a questo indirizzo.
Seconda Parte: L’attitudine di Governo e ACFTU nei confronti della nuova generazione di operai immigrati

Il 23 agosto la Cina è diventata la seconda potenza economica mondiale superando il Giappone. (1) Ciò può dunque far pensare che alla rapida crescita economica del Paese e all’aumento del livello di benessere e ricchezza materiale dei cinesi non possono che seguire velocemente anche miglioramenti sociali. È tuttavia possibile prevedere come e in che misura le condizioni lavorative e di vita degli immigrati nelle città cambieranno nel lungo periodo come effetto diretto delle sommosse operai di quest’anno?

Scioperi e disordini nelle fabbriche: il potere e la stabilità politica del Partito Comunista Cinese minacciati dal nascente movimento operaio cinese?

Sui giornali degli ultimi mesi ci si è imbattuti talvolta in commenti secondo i quali i disordini nelle fabbriche sono il segno di come i giovani operai cinesi possano nel lungo termine mettere a repentaglio la leadership del Partito Comunista.(2) Come affermato dai lavoratori intervistati e come dimostrato dalle proteste dei mesi scorsi, anche la professoressa Cai (3) è dell’opinione che gli scioperi rappresentano indubbiamente uno strumento efficace nelle mani degli operai e aprano un canale alle loro frustrazioni troppo spesso ignorate.

Ciononostante, è fondamentale tenere a mente che gli scioperi che hanno potuto essere organizzati e portati a termine con successo hanno avuto luogo solo in imprese grandi e ben conosciute, dove le condizioni e il trattamento degli operai erano effettivamente molto scadenti. Poiché le differenze da città a città tra i livelli di sviluppo economico e quelle da fabbrica a fabbrica tra le condizioni operaie sono enormi, risulta molto difficile tracciare un’unica immagine dei recenti sviluppi nelle condizioni di lavoro così come risulta arduo identificarne con certezza i futuri cambiamenti.

Dal suo punto di vista, se gli operai trovano il coraggio di protestare e interrompere la produzione in stabilimenti di piccole dimensioni, le amministrazioni di quelle fabbriche troverebbero senza troppi scrupuli i modi per potersi rivendicare o non ci penserebbe due volte a licenziare i responsabili. Cai Hong ha inoltre spiegato come, in molte delle imprese che hanno concesso innalzamenti salariali, tra cui ad esempio l’impianto Honda di Nanhai nella città di Foshan, esperti o professori come anche rappresentanti del Partito abbiano incoraggiato e supportato i protestanti. Il successo e l’attenzione dei media hanno perciò potuto essere raggiunti solo in casi particolari.

Inoltre, la decisione da parte di 27 su 34 governi provinciali, di regioni autonome e municipalità di innalzare il livello minimo salariale non deve essere vista in relazione di causa-effetto con le proteste operaie, come invece affermato, ad esempio, da un operaio. Gli incrementi dei minimi salaraiali rispondono, da un lato, al boom economico e ai continui cambiamenti sociali nella Cina di oggi e, dall’altro, al deficit nella domanda di operai che sta interessando il mercato del lavoro nella provincia del Guangdong. Secondo la professoressa Zhai (4) questi sono una scelta politica necessaria fintanto che il costo della vita continua a lievitare.

In effetti, conformemente alla banca di investimenti Nomura, il PIL della Cina è andato crescendo annualmente negli ultimi 15 anni fino al 2008 del 21%; nello stesso periodo di tempo, i salari degli operai si sono tuttavia innalzati solamente di 13 punti percententuali.(5) Dietro agli scioperi non c’è alcuna considerazione di tipo politico, bensì solo il desiderio degli operai di dare voce alla propria insoddisfazione. Sarebbe dunque errato, considerare i recenti scioperi come prove dell’esistenza di un movimento operaio unificato in Cina e gli innalzamenti dei minimi salariali come risultati ottenuti grazie alle proteste; le sommosse operaie sono state ristrette e non generalizzate, gli operai non sono stati e non sono ancora così ben organizzati da dar vita ad un movimento operaio nazionale.

Secondo Zhai Yujuan, stiamo presumibilmente osservando i primi passi nello sviluppo di un movimento operaio in Cina: tuttavia è ancora troppo presto azzardare previsioni sulla portata e le capacità future.

Nel momento in cui gli operai cinesi saranno in grado di organizzarsi in un movimento unico, il potere e la legittimità della leadership cinese potranno allora essere seriamente messi in discussione, secondo quando affermato dalla professoressa Zhai. Malgrado fino ad oggi nessun tentativo di paragonare la situazione attuale degli operai in Cina e quella nella Polonia degli anni Ottanta possa essere considerato appropriato e degno di nota, il PCC è già stato allarmato da questi disordini sociali definiti ancora sempre come “incidenti di massa”.(6)

Dal punto di vista della professoressa Cai, il Partito teme soprattutto che gli operai riescano ad organizzare una protesta di dimensioni pari a quella degli studenti del 1989, considerando che il flusso migratorio interno dalle campagne nelle città cinesi è previsto ammontare nel 2050 a 350 milioni di persone. (7) Non sorprende dunque che la preoccupazione maggiore della leadership cinese riponga sul mantenimento del controllo della forza operaia e dei mass media; questi ultimi sono chiamati ancora a camuffare le proteste piuttosto che riportarle in maniera comprensiva e obiettiva.

Sono allo stesso modo evidenti le ragioni per le quali le richieste di alcuni operai di stabilire sindacati di fabbrica eletti democraticamente dalla forza lavoro stessa non sono assolutamente prese in considerazione dal governo centrale.

I discorsi di Wen Jiabao sulla necessità di trattare i lavoratori immigrati come figli propri e di creare “relazioni di lavoro armoniose” (8), come anche il definire l’integrazione urbano-rurale come la riforma chiave del prossimo piano economico quinquennale (2011-2015) (9) sono indice di una posizione di Pechino più determinata nel prendere posizione riguardo alle condizioni degli operai.

Tuttavia, la popolazione cinese è abitutata da tempo a sentire i “buoni propositi” della classe dirigente, come ricorda Cai ribadendo che passerà ancora “qualche tempo” prima di vedere questi concretizzati. Non va dimenticato poi che i pochi scioperi che hanno investito il “Paese di mezzo”, sono stati permessi per lo più in aziende di proprietà estera; dal 13 giugno, inoltre, una nuova campagna cossidetta “Strike-Hard” di sette mesi è portata avanti dal Governo centrale con lo scopo di prevenire qualsiasi tipo di conflitto sociale. (10)

Infine, il servizio di consuleza psicologica gratuita, che il Ministero della Salute ha lanciato il 6 settembre (11) sembra, allo stesso modo, rispondere più ai target strategici del Partito di mantenere il controllo sulla popolazione cinese e allo stesso tempo mostrarsi come governo dal volto umano e protettivo, piuttosto che ad un interesse vero per i problemi della classe operaia.

Scioperi e disordini nelle fabbriche: occasione di riforma per l’ACFTU?

L’ACFTU, invece, si è, in una mossa senza precedenti, schierata sempre più dalla parte dei lavoratori, cercando di difenderne gli interessi. Recentemente essa ha, ad esempio, reso pubbliche alcune statitische rivelatrici della decrescita ininterrotta della proporzione di PIL nazionale utilizzato per gli stipendi.12 Durante un simposio organizzato a Pechino il 18 agosto scorso in occasione del 60° anniversario della legge sui sindacati e il 15° anniversario della legge sul lavoro (13), alcuni sindacalisti hanno annunciato le politiche che l’ACFTU si è proposta di condurre nei prossimi anni, a dimostrazione dalla sua disposizione a riguadagnare la fiducia degli operai.

Prima di tutto, il Sindacato Cinese promuoverà l’istituzione all’interno delle fabbriche di sindacati, i cui direttori dovranno essere eletti direttamente dagli operai.

In secondo luogo, essa si batterà affinchè gli stipendi di questi ultimi vengano elargiti non più dalla dirigenza dell’impresa, bensì dall’ACFTU. Un progetto sperimentale in dieci province per concretizzare queste riforme dovrebbe iniziare quest’anno. (14)

Malgrado questa attitudine senza precedenti, le interviste hanno mostrato come la Federazione dei Sindacati di Tutta la Cina sia ancora ben lontana dall’avere credibilità agli occhi degli operai. Durante le conversazioni, i sindacati sono sempre stati definiti dagli intervistati come dipartimenti governativi privi di significato e non interessati alle condizioni operaie. La professoressa Cai condivide questo punto di vista, dicendo che oggigiorno i sindacati sono coinvolti nella situazione degli operai solo nella misura in cui essi organizzano attività ricreative per le fabbriche.

Poichè l’ACFTU è costretta a seguire le direttive del PCC da cui dipende e di conseguenza non in grado di rappresentare i lavoratori, è ovvio che questi non cerchino il supporto nè si fidino dei sindacalisti. “现在的工会在劳工维权方面上非常没有用” (“I sindacati sono perfettamente inutili per la salvaguardia e la protezione dei diritti operai”), ha spiegato Cai, che ribadisce, il problema sia di natura politico-strutturale e non economica.

L’impossibilità dei sindacati cinesi di stare dalla parte degli “oppressi” trova le sue radici più nella mancanza di autonomia e di un’organnizzazione efficacia degli stessi più che su ostacoli finanziari. In effetti, i governi provinciali e le imprese devono far pervenire all’ACFTU intorno al 3% dei loro profitti annuali. Il capitale a disposizione sarebbe dunque sufficiente per la difesa dei lavoratori ma, in prima istanza, i sindacati rimangano dipendenti dai loro contribuenti e, in seconda istanza, la corruzione tra i sindacalisti ne limita ulteriormente le capacità.

L’unica via percorribile dalla Feredazione di Sindacati per non scomparire è di riformarsi adattandosi alle trasformazioni della società e soprattutto alle richieste sempre più chiare degli operai.

Nonostante resti impossibile fare previsioni su come il ruolo dei sindacati in Cina si sviluppi negli anni a venire, ci sono ragioni per essere confidenti in un cambiamento reale dell’ACFTU. La professoressa Zhai, che ha personalmente preso parte alla conferenza menzionata all’inizio di questo capitolo, ha confermato che i sindacati sono veramente pronti al cambiamento e che proprio questo sia il momento opportuno per intraprenderlo.

La ricerca della fiducia degli operai da parte dei sindacati può risultare fruttuosa solo nel momento in cui questi cominceranno a rappresentare genuinamente solo la classe lavoratrice e finiranno di essere strumenti del Partito nella costruzione della “società armoniosa”, diventando in questo modo degni di essere chiamati “sindacati”.

Il ruolo guida del governo del Guangdong nel miglioramento delle condizioni degli operai cinesi

Proposte di riforme simili a quelle che l’ACFTU sta prendendo in considerazione sono state discusse anche dal governo provinciale del Guangdong in seguito allo scoppio delle proteste operaie. In base ai “Regolamenti sull’amministrazione democratica delle imprese”, che sono stati emendati il 21 luglio, scioperi e contrattazioni collettive devono essere concessi.

Sulla base di questi diritti fondamentali degli operai, una bozza della prima legge nazionale per la regolamentazione dei conflitti operai-padrone è in fase di revisione. (15) Inoltre, l’esperimento pilota sulle elezioni dirette dei dirigenti dei sindacati di fabbrica, che è stato approvato presso lo stabilimento Honda di Nanhai in Foshan, è da considerarsi come il primo passo verso l’istituzione di sindacati indipendenti dalla direzione di fabbrica.

La provincia del Guangdong ha, infine, dichiarato di essere pronta a portare a implementazione un sistema integrato di registrazione della cittadinanza, che perfezionerebbe l’attuale includendo i lavoratori immigrati attualmente impiegati nelle città nei servizi basilari urbani di pubblica assistenza.16

La direzione presa dalla politica provinciale in Guangdong è, dal punto di vista della professoressa Cai, talmente buona che dovrebbe essere considerata come modello esemplare da sviluppare in tutte le altre province cinesi. É da segnalare, a questo proposito, che il governo centrale ha già identificato l’integrazione tra città e campagne come la riforma chiave da realizzare durante il prossimo 12° piano economico quinquiennale (2011-2015) (17). Tuttavia, la portata delle riforme suggerite non deve essere sopravvalutata, in quanto queste sono ancora lontane dall’essere ottimali. Invece di formulare le vie percorribili da sindacato e governo per aiutare concretamente gli operai, le proposte menzionate mirano semplicemente a specificare le modalità di azione da intraprendere nel solo periodo successivo agli scioperi.

Ai lavoratori dovrebbero essere forniti a priori gli strumenti necessari per proteggersi da e prevenire abusi e illeciti, di modo che lo sciopero diventi l’ultima possibilità per loro per essere ascoltati, degnamente trattati e rispettati.


NOTE ALLA SECONDA PARTE

(1) Vedi: Haski Pierre, “Devançant le Japon, la Chine devient la deuxième puissance économique mondiale” (Superando il Giappone, la Cina diventa la seconda potenza economica mondiale), Aujuourd’hui la Chine, 16 agosto 2010, http://www.aujourdhuilachine.com/actualites-chine-devancant-le-japon-la-chine-devient-la-deuxieme-puissance-economique-mondiale-14568.asp?1=1&utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+AujourdhuiLaChine+%28Aujourd%27hui+la+Chine%29&utm_content=Google+Reader.

(2)  Vedi: Wang Xiang, “Migrant workers ‘strain stability’”, Shanghai Daily, 23 giugno 2010, http://www.shanghaidaily.com/login.asp?url=%2Farticle%2F%3Fid%3D440711%26type%3DNational.

(3) Cai Hong (蔡红) è professoressa presso la Business School of South China di Guangzhou  (广州南华工商大学院) e ha incontrato l’autrice di questo studio il 25 agosto 2010.

(4) Zhai Yujuan (翟玉娟) è professoressa presso la Law School di Shenzhen (深圳大学法学院) e ha incontrato l’autrice di questo studio il 29 agosto 2010.

(5) Vedi: Claudia Wanner, “Chinas Kollektiv schlägt zurück” (Il collettivo cinese al contrattacco), Financial Times Deutschland, 6 giugno 2010, http://www.ftd.de/unternehmen/industrie/:agenda-chinas-kollektiv-schlaegt-zurueck/50133168.html?page=2.

(6) Vedi: “Going it alone. The Workers’ Movement in China 2007-2008”, China Labour Bulletin, luglio 2009, p. 38.

(7) Vedi: 国家人口计生委流动人口服务管理司 (National Population and Family Planning Commission of China and the Supervision Service of the Floating Population), “<中国流动人口发展报告2010>首发 我国流动人口已达2.11亿” (Secondo il “Rapporto del 2010 sugli sviluppi del movimento migratorio interno alla Cina”, la popolazione immigrata ammonta già a 21.100.000), 中国人口与计划生育 (NPFPC), 26 giugno 2010, http://www.npfpc.gov.cn/cn/info/detail.aspx?articleid=100628091017329090.

(8) Vedi: “Wen urges higher pay for workers”, South China Morning Post, 27 giugno 2010, http://www.scmp.com/portal/site/SCMP/menuitem.2af62ecb329d3d7733492d9253a0a0a0/?vgnextoid=2d68e23cb2579210VgnVCM100000360a0a0aRCRD; “China PM urges better treatment of migrant workers”, AFP, 15 giugno 2010, http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5gCn7zG89GlbNDelNT3ffGMEUSq7g.

(9) Vedi: Tini Tran, “China takes hand-off approach to labor strikes”, 25 giugno 2010, AP, http://news.yahoo.com/s/ap/20100625/ap_on_bi_ge/as_china_labor_unrest.

(10) Vedi: Li Tianxiao (李天笑), “中共为何“放任”外企罢工潮” (L’attitudine indulgente del PCC nei confronti degli scioperi in imprese non cinesi), 大纪元 (Epoch Times), 18 giugno 2010, http://www.epochtimes.com/gb/10/6/18/n2940769.htm; “In face of worker unrest, China launches ‘Strike-Hard’ campaign”, Epoch Times, 30 giugno 2010, http://www.phayul.com/news/article.aspx?article=In+face+of+worker+unrest%2c+China+launches+%e2%80%98Strike-Hard%e2%80%99+campaign&id=27632

(11) Vedi: “Free therapy offered to migrant workers”, China Daily, 6 settembre 2010, http://www.chinadaily.com.cn/china/2010-09/06/content_11259118.htm.

(12) Vedi: “China’s wage proportion decreases for 22 years”, China Daily, 13 maggio 2010, http://www.neworiental.org/publish/portal0/tab1127/info503400.htm.

(13) 京师范大学召开的主题为“回顾、评估与前瞻:中国工会法60年和劳动法15年”的国际学术交流研讨会. Vedi: Cao Guoxing (曹国星), “全国总工会官员称将推行基层工会主席直选” (L’ ACFTU pronta a promuovere elezioni dirette dei direttori dei sindacati a livello di fabbrica), Reuters, 18 agosto 2010, http://www.chinese.rfi.fr/中国/20100818-全国总工会官员称将推行基层工会主席直选.

(14) 京师范大学召开的主题为“回顾、评估与前瞻:中国工会法60年和劳动法15年”的国际学术交流研讨会. Vedi: Cao Guoxing (曹国星), “全国总工会官员称将推行基层工会主席直选” (L’ ACFTU pronta a promuovere elezioni dirette dei direttori dei sindacati a livello di fabbrica), Reuters, 18 agosto 2010, http://www.chinese.rfi.fr/中国/20100818-全国总工会官员称将推行基层工会主席直选.

(15) Vedi: Tania Branigan, “Wave of strikes bring Chinese workers a step nearer new rights”, The Guardian, 1 agosto 2010, http://www.guardian.co.uk/world/2010/aug/01/china-strikes-honda-workers-rights.

(16) Vedi: “广东实行记分入户口制1.7万农民工圆城市梦” (Guangdong pronto ad implementare un sistema di registrazione della cittadinanza integrato per 17.000 operai immigrati), 南方日报 (Nanfang Daily), 11 agosto 2010, http://nf.nfdaily.cn/nfrb/content/2010-08/11/content_14703486.htm; “关于开展农民工记分制入户城镇工作的指导意见” (Direttivi per l’implementazione del sistema di registrazione della cittadinanza integrato), 广东省人民政府办公厅 (People’s Government of Guangdong Province), 23 giugno 2010, http://zwgk.gd.gov.cn/006939748/201007/t20100705_12024.html.

(17) Vedi: Li Xing, “Experts urge removal of ‘migrant worker’ status”, China Daily, 8 agosto 2010, http://www.chinadaily.com.cn/china/2010-08/08/content_11116759.htm.

*Denise Perron è laureanda in “Politica dell’Estremo Oriente” con punto focale “Cina” presso la Ruhr-Universität di Bochum (Germania), dove studia dall’ottobre 2008.  Nel dicembre 2007 ha ottenuto la laurea triennale in “Mediazione Linguistica e Culturale” presso l’Università Statale di Milano, specializzandosi nelle lingue e culture cinese e tedesca. Il presente rapporto è stato scritto nel settembre 2010 ad Hong Kong, dove ha lavorato presso ONG cinesi.