Più diritti, più stabilità sociale

In by Gabriele Battaglia

La lotta all’omofobia è tema sentito anche in Cina, dove oggi si è celebrata la Giornata internazionale contro la discriminazione di gay, bisessuali e trans. E in questo giorno, la negazione di molti diritti agli omosessuali torna al centro dell’attenzione pubblica. Più diritti per tutti a garanzia della stabilità sociale. Quaranta milioni. È questo il numero approssimativo degli omosessuali in Cina, Paese dove un gruppo di avvocati ha presentato una petizione al Congresso Nazionale del Popolo (CNP), per chiedere la legittimazione del matrimonio gay, in occasione dell’odierna “Giornata internazionale contro omofobia, bifobia e la transfobia”. Il tema di quest’anno è la lotta contro l’omofobia su internet.

Oltre Muraglia l’omosessualità è stata derubricata come malattia mentale solo nel 2001 e le relazioni gay non sono riconosciute legalmente, il che comporta una serie di discriminazioni in questioni come le visite in ospedale, l’eredità, le adozioni e gli acquisti immobiliari.

La mancanza di tutela giuridica per gli omosessuali ha inoltre causato il diffuso fenomeno delle “spose gay” e dei “mariti gay”, matrimoni di convenienza per occultare il proprio orientamento sessuale e soddisfare le richieste delle famiglie di provenienza che, nel segno della tradizione, spesso vedono nella riproduzione della linea di discendenza un dovere inderogabile ogni buon cinese.

Dieci avvocati che esercitano in studi legali della Cina continentale hanno dunque firmato una lettera congiunta che chiede a una commissione del parlamento cinese di avviare un percorso di studio per giungere infine a una legislazione in materia. Già a febbraio, oltre cento genitori di figli gay e lesbiche avevano scritto al Cnp per chiedere la legalizzazione del matrimonio omosessuale.

“Il modo più efficace per eliminare le discriminazioni contro l’omosessualità è riconoscere il diritto delle coppie dello stesso sesso al matrimonio”, ha detto Huang Yizhi, uno dei due avvocati donna di Pechino che hanno organizzato la campagna. Lei stessa ha in passato ha rappresentato un cliente gay che era stato discriminato durante il tentativo di donare il sangue, nel 2010.

Evidentemente per strizzare l’occhio al potere cinese, la donna ha aggiunto che un tale passo servirebbe anche a promuovere la stabilità sociale.

“È difficile valutare l’efficacia della nostra campagna – ha detto al South China Morning Post, Peng Kun, un altro avvocato firmatario – ma è importante per noi fare più rumore possibile, da un punto di vista legale, per dare ai legislatori e al governo qualcosa su cui riflettere”. “Tutto il mondo sta cambiando”, ha aggiunto il legale che opera a Shenzhen. “La Cina, in quanto Paese che si sta gradualmente aprendo, dovrebbe darsi da fare per rispettare i diritti delle minoranze sessuali”.

A conferma della vitalità del mondo gay cinesi, va segnalata la manifestazione che si è tenuta ieri a Houhai, il lago nel centro di Pechino dove tra locali in stile falso-tradizionale, pedalò e piano bar si affollano cinesi e turisti stranieri in cerca di divertimento. Tre coppie di giovani donne omosessuali hanno improvvisato una flash mob in cui, dopo essersi baciate in pubblico, sono crollate al suolo ricoperte da croci rosse che recavano la scritta.

Una delle promotrici, “Xiao Huang” (pseudonimo che significa “piccolo aereo”), ha detto che lo scopo della manifestazione è stato quello di rivendicare il fatto che l’omosessualità non è una malattia. La giovane ha poi raccontato di essere cresciuta in una piccola città dove, nonostante la solidarietà degli amici, ha dovuto confrontarsi con l’incomprensione dei propri genitori perché credono che l’omosessualità sia una terribile malattia mentale”.

Le donne hanno poi citato un sondaggio fatto nel 2009 da un’organizzazione per la tutela dei diritti omosessuali secondo cui circa la metà delle lesbiche intervistate sono state vittime di violenza domestica. Un altro sondaggio svolto nel 2012 tra studenti universitari rivela che il 77 per cento è entrato in contatto, all’interno dei campus, con episodi di violenza e bullismo basati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

[Scritto per Lettera43; foto credits: thenanfang.com]