La Cina sta cambiando. Massimo D’Alema, politico di razza, è un attento e privilegiato osservatore: giunto in Cina in quanto presidente della Fondazione Italianieuropei, ha avuto incontri con alcuni tra i vertici del partito. Lo scopo: organizzare un evento sulla Cina contemporanea la prossima primavera, ma anche mantenere la possibilità di uno sguardo particolare sui cambiamenti del gigante asiatico. Innanzitutto sotto il profilo di alcuni cambiamenti in atto non solo nella macchina produttiva cinese, ma anche nel suo apparato politico. D’Alema, in un incontro con alcuni corrispondenti presso l’Ambasciata italiana a Pechino, ha tirato le somme del suo viaggio, riscontrando “un’apertura da parte dei dirigenti su temi come gli scioperi di cui oggi si parla in modo pubblico”.
A conferma di questo – “il Partito cercherà dei compromessi il più possibile favorevoli ai lavoratori” – contemporaneamente al viaggio cinese di D’Alema, anche il Quotidiano del Popolo ha redarguito le multinazionali: è il momento di aumentare i salari.
L’ex ministro degli Esteri e oggi a capo del Copasir (il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha registrato un cambiamento in atto anche nella riconversione della produzione cinese. Un fenomeno già in corso “di cui rischiamo di accorgercene solo quando sarà avvenuto”, ovvero la tendenza cinese, confermata dagli ingenti fondi alla ricerca e allo sviluppo, a smarcarsi dall’etichetta di fabbrica del mondo, per specializzarsi invece in produzioni ad alto tasso innovativo: “costruiranno l’aereo cinese, centrali nucleari: la Cina sta già mutando”.
E l’apparato politico dovrà mutare con esso: il compromesso che tiene insieme il miracolo cinese dovrà tenere conto delle nuove lotte, ma anche dello spazio che chiederanno i ceti medi, nonché i tanti giovani neo laureati cresciuti nell’armonia e nello sviluppo economico. In previsione del cambio di dirigenza del 2012, anche il Partito, come ha sottolineato D’Alema, avrà bisogno di rispondere alle richieste di democratizzazione: “lo stanno già facendo, cercando di cambiare anche i metodi di selezione dei propri quadri”.
D’Alema ha inoltre registrato un dato, l’attenzione dei cinesi nei confronti del modello del welfare europeo, svelando anche un simpatico retroscena dei suoi confronti con i vertici del partito comunista. “Gli ho detto che con il capitalismo, a proposito degli scioperi, è naturale ci sia anche la lotta di classe. Mi hanno risposto che non si tratta proprio di capitalismo, quanto piuttosto di socialismo con caratteristiche cinesi”.
Dopo Bersani e Fassino, D’Alema è il terzo esponente della sinistra italiana a recarsi in Cina nell’ultimo mese: un segnale di interesse nei confronti di un paese, i cui destini si riverbereranno anche su quelli di un’Europa sempre più alla ricerca di una propria stabilità e identità politica.