Correndo attraverso Pechino

In by Simone

Un giovane torna a Pechino dopo tre anni di carcere. Era stato condannato per aver fabbricato dei documenti falsi, adesso vuole rifarsi una vita. Non ha un posto dove dormire e ben poche prospettive davanti a sé, ma un incontro casuale sembra dare una spinta al suo destino. China Files vi regala uno stralcio di Correndo attraverso Pechino (per gentile concessione della casa editrice Sellerio).
«Davvero non l’hai visto?», lo interrogò  il poliziotto. «Davvero», rispose Dunhuang. Il poliziotto era un po’ stanco. Si accese una sigaretta e aspettò  un bel pezzo prima di soffiare fuori il fumo. Poi, in mezzo a quella nebbiolina, lo incalzò : «Ho sentito che vendi DVD pirata». «Non è che li vendo». Dunhuang inizi  a sentirsi agitato. «Do una mano a un amico, una cosa provvisoria».

«Lo sai che è illegale vendere DVD pirata?», insistette il poliziotto prendendo appunti. «Lo so, lo so. Appena torno restituisco tutto al mio amico. Voglio iniziare un dottorato, è la verità, un dottorato in arte, all’Università di Pechino». «Un dottorato». «Sì, un dottorato. Davvero non l’ho visto, quel cellulare, dico la verità, non so nemmeno com’è fatto».

«Insomma, è stato un fantasma». «È stato un fantasma, sì». Dunhuang sentì allentarsi la tensione. «Dicono che è spuntata una nona mano». L’agente scoppi  a ridere e poi, spingendogli davanti il verbale, gli disse: «Dacci un’occhiata, e se ti torna tutto mettici una firmetta». Dopodiché il poliziotto lo ammonì: «Stai all’erta, con quei DVD piratati. Si sta preparando un giro di vite».

Quella notte gli interrogatori non produssero altro che una montagna di carta, ma del telefonino ancora nessuna traccia. In seguito alle insistenti richieste del dottorando in filosofia l’agente si rassegnò : «Per stanotte può  bastare, cercate solo di non disturbare i vicini, domattina verremo noi a casa vostra, il cellulare non può essere volato via. Voi quattro non lasciate l’appartamento prima di domani mattina alle dieci».

Tornarono a casa a piedi, un gruppetto mai visto prima. Lungo l’intero percorso non fecero altro che arrovellarsi su quale potesse essere stato il triste destino del cellulare: passarono poi a deplorare i problemi della sicurezza a Pechino, lamentarono le tariffe telefoniche troppo esose, invocarono con veemenza l’abolizione dello scatto alla risposta e così via.

Era come se la scomparsa del telefono non li riguardasse affatto: ciononostante, non appena rientrarono nello scantinato e videro il tavolino, l’ombra del cellulare tornò  ad allungarsi su di loro. «Il mio telefonino», sospirò  il dottorando. Nessuno cercò  di consolarlo: senza spiccicare parola, ciascuno per conto suo, si lavarono e si infilarono a letto.

Alle cinque del mattino Dunhuang si svegliò  di soprassalto, come non gli era mai successo prima. Il grassone e il dottorando russavano, mentre di tanto in tanto lo smilzo digrignava lamentosamente i denti: di notte sembrava che avesse un sorcio imprigionato nella bocca. Alla luce delle lampade del corridoio Dunhuang vide il borsone dei dischi poggiato sul tavolo e capì il motivo per cui si era svegliato.

Si rivestì con circospezione, scese dal letto, cacci  qualche indumento di scorta nel borsone, se lo mise in spalla e si apprestò  a togliere il disturbo: mentre apriva la porta, già che c’era, ficcò  nella borsa l’occorrente per lavarsi. Gli altri dormivano ancora. Dunhuang richiuse la porta. Poi gli venne in mente che andarsene senza nemmeno salutare sarebbe risultato decisamente sospetto, così scribacchi  qualcosa su una strisciolina di carta che infilò  sulla maniglia.

Il messaggio recitava così: «un rubatelefoni così imbranatello / non riesce a scopare nemmeno al bordello». L’affitto sarebbe scaduto soltanto due giorni più tardi ma Dunhuang non poteva farci nulla: pazienza per quei quaranta kuai, era sempre meglio che vedersi confiscare tutti i suoi DVD dalla polizia. Sarebbe stato come ritrovarsi un’altra volta fuori di galera senza un soldo in tasca.

Quel giorno Dunhuang fu la prima persona a chiedere informazioni sul locale in affitto a Sanjiaodi. Alle sette e mezza del mattino aveva fatto cinque telefonate ad altrettanti proprietari, contattandoli nel modo che questi avevano indicato nei rispettivi annunci. Uno non aveva risposto affatto. Uno lo aveva informato di aver già trovato un affittuario. Altri due gli avevano detto di avere degli impegni quella mattina e di richiamare nel pomeriggio.

Il quinto proprietario era una signora anziana: era ancora a letto, e da come parlava si capiva che la sua lingua non si era ancora svegliata del tutto. A Weixiuyuan, camera singola indipendente, quattrocento kuai al mese più cinquanta per acqua e corrente, quattro e cinquanta in tutto. A occhio e croce, stando a quanto riportavano gli annunci affissi a Sanjiaodi, era la singola più a buon mercato.

Dunhuang sentì una punta di eccitazione. La signora non era vecchia come se l’era immaginata: non aveva nemmeno sessant’anni ed era tutto sommato presentabile. Sosteneva di essere stata, prima della pensione, segretaria del comitato di Partito di una non meglio precisata unità di lavoro. Dunhuang trovò  la cosa piuttosto curiosa. Chi l’avrebbe mai detto?

Del resto non esisteva nessun regolamento che dicesse che aspetto dovessero avere le segretarie di comitato. La sua alitosi fu per Dunhuang una cocente delusione. E una delusione ancor più cocente gli venne dalla stanza: di certo non si aspettava che la cosiddetta camera singola fosse in realtà la catapecchia, alta nemmeno un chi più di lui, che si trovava alle sue spalle.

Tirata su in mezzo al cortile come soluzione provvisoria, mattoni nudi fino al soffitto per materiale, come tetto qualche asse da pavimento, il tutto coronato da un pannello di amianto inclinato per impedire all’acqua piovana di defluire all’interno. Se quella si poteva definire una casa, si trattava di un autentico miracolo nella storia dell’architettura.

Il mobilio consisteva in un letto, un tavolino, uno sgabello e una striminzita libreria: non c’era nient’altro, né ci sarebbe stato lo spazio per metterlo. «Non potrebbe farmi un prezzo un po’ più basso?». «Non un fen di meno. Guarda che questa qui è una singola, senti che pace. Se non fossi uno studente dell’Università di Pechino non te la affitterei mica così a cuor leggero. Perché, non lo sei? Se devi ancora fare l’esame di ammissione va bene lo stesso, tanto prima o poi ci entrerai, giusto?».

Una singola
. Una singola. Dunhuang picchiettava di qui, tastava di là, se non ci stava attento rischiava di tirare il filo della lampada. L’intonaco spennellato sulle pareti, poi, conferiva lustro all’insieme. Tutt’a un tratto pensò  a quanto sarebbe stato bello avere una casetta tutta per sé: avrebbe potuto comprare un televisore, guardare dei film.

Avere un posto a Pechino, la notte, dove potersi comodamente adagiare, dove il vento non soffiava e la pioggia non batteva. E poi non sarebbe riuscito a sopportare oltre l’alitosi della padrona. E così cedette: «E va bene. Ma a una condizione: pagherò  l’affitto di mese in mese. Sto ancora aspettando che da casa mi mandino un po’ di soldi». «Si può  fare».

La padrona rimase assorta nelle sue riflessioni tenendosi il mento tra le dita, una vera posa da segretaria. «Allora per  mi devi versare un mese di caparra per ogni mese di affitto. Quindi mi paghi questo mese e mi versi la cauzione per il prossimo». Un mese di affitto e uno di caparra: a Dunhuang era tutto chiaro.

In parole povere la proprietaria temeva che il suo affittuario tagliasse la corda prima del tempo, magari arraffando, già che c’era, qualcuno dei suoi inestimabili beni. Non erano altro che quattro carabattole schifose e le parevano un tesoro, pensò , sarebbe stato un insulto persino regalarle. Prese la camera e pagò  i due mesi di affitto: spiccarono così il volo praticamente tutti i suoi risparmi.

Dopo essersi sistemato alla bell’e meglio, seduto sul bordo del letto, Dunhuang avvertì un certo appetito. A mangiare un boccone e poi a vendere film, su, bisognava guadagnare in fretta un po’ di soldi.

*Xu Zechen è nato nel 1978 nel Jiangsu, e ha studiato letteratura cinese all’università di Pechino. Autore di tre romanzi e di una raccolta di racconti, ha vinto numerosi premi letterari ed è stato selezionato dalla casa editrice People’s Literature tra i venti giovani scrittori cinesi del futuro.