Il terzo Plenum del Partito Comunista cinese aveva deciso l’istituzione di un Consiglio di sicurezza nazionale, sull’esempio del National Security council americano. Una decisione rilevante, che avvicina ancora di più il gigante asiatico agli Stati uniti: non solo da un punto di vista economico, ma anche da un punto di vista della politica interna e delle tecniche di controllo di supposti pericoli per la propria stabilità.
Fin da subito si era detto che a capo della struttura ci sarebbe stato il presidente Xi Jinping, nell’ambito di un accumulo di poteri che raramente si è visto nella Repubblica Popolare. Neanche Mao o Deng Xiaoping avevano tenuto le cariche di segretario del Partito, presidente della Repubblica, capo delle forze armate e guida del Consiglio di sicurezza nazionale. Xi inoltre sarebbe anche a capo del team specialistico che dovrà agevolare la messa in atto delle riforme economiche.
La novità è che a guidare il Consiglio, saranno i primi tre della nomenklatura: Xi, il premier Li Keqiang e l’ex boss di Tianjin, Zhang Dejang (che sostituì Bo Xilai a Chongqing). Secondo quanto riportato dai media locali, la commissione avrà il compito di «gestire progetti globali e coordinare le questioni principali e importanti in materia di sicurezza nazionale».
La nuova agenzia non sarebbe da considerarsi come un un ente governativo, ma riferirebbe direttamente al al Politburo e al suo Comitato permanente. «Xi , Li e Zhang – ha scritto il South China Morning Post – sono le prime tre figure nel paese. Tale struttura – secondo quanto dichiarato dal professore di politica di un’università pechinese, Zhang Ming – tenta di evitare un conflitto con l’attuale Comitato permanente del Politburo».
Cosa significa la nascita di questo organo? Innanzitutto se già il potere politico in Cina è nelle mani di poche persone, questo Consiglio restringe ancora di più il campo dei «potenti». E’ chiaro che dovendo riferire direttamente al Politburo, si tratterà di logiche di controllo che eviteranno i rumor e una serie di fastidi riguardo questioni concernenti la sicurezza nazionale. Significa inoltre che Xi sta proseguendo nella sua lotta per tirare a sé tutto il Partito: concentrare potere significa anche serrare le fila e dotarsi di pochi e fidati uomini.
In queste nomine inoltre manca una componente fondamentale: l’esercito. E’ la domanda che si stanno facendo tutti gli osservatori cinesi in questi giorni: sarà annunciata la partecipazione di un membro militare all’interno di questa struttura? In caso di risposta affermativa si confermerebbe quel forte legame tra Xi e l’esercito, in caso di risposta negativa potrebbe significare che Xi non ritiene ancora finita la bonifica dei militari dalle influenze di altre personalità importanti del mondo politico cinese.
Nel Pla infatti, pesano non poco ancora oggi, a quanto si dice, le influenze di Bo Xilai, il principino epurato e attualmente condannato all’ergastolo e soprattutto Zhou Yongkang, l’ex zar della sicurezza in Cina, da tempo nel mirino della campagna anti corruzione dell’attuale Presidente.
[Scritto per il manifesto]