Come all’epoca di Lin Biao: nessuna trasparenza

In by Simone

(In collaborazione con AGICHINA24)  Intervista a J. P. Béja, direttore di ricerca al (CNRS – CERI) di Parigi e curatore della raccolta di saggi di Liu Xiaobo La philosophie du porc (ed. Gallimard) che ci insegna come fare affinché i porci si addormentino quando sono sazi e mangino quando si risvegliano.
Qual è la Filosofia del Porco?
Come si legge nel libro,  la teoria del Porco di Liu Xiaobo consiste nel comprare l’appoggio politico delle élite, soprattutto di quelle intellettuali. Usando le parole di Liu Xiaobo, per la popolazione equivale a  “dormire bene e mangiare bene senza fare domande inquietanti”.

In sostanza significa accettare la dominazione del Partito, almeno apparentemente, non criticarlo in pubblico e in cambio avere un tenore di vita sempre più alto.

Percepisce dei cambiamenti nella linea politica di Pechino da quando Liu Xiaobo scrisse nel 2009 “La Philosophie du porc”?
In realtà Liu ha formulato la Filosofia del Porco nel 2003 [In realtà a settembre del 2000 ndr]. Si tratta di un’analisi molto profonda che spiega in che modo il Partito ha potuto sviluppare l’economia senza avere grossi problemi politici.

Finora ha proseguito con questa strategia coinvolgendo soprattutto le élite, ma da due anni a questa parte c’è una parte dell’intelligentia che non accetta più questa linea.

Dissidenti, passeggiate al gelsomino a Wangfujin, rivolte di Wukan: si sta facendo strada in Cina una nuova coscienza sociale?
La resistenza e l’agitazione sociale c’è sempre stata sin dall’89, però fino agli anni 2000 aveva molta difficoltà ad esprimersi perché c’era una grande unità a livello dei vertici del partito e una repressione molto forte.

Con lo sviluppo di internet ovviamente si è visto sviluppare una sorta di coscienza dei diritti, di cui il weiquan yundong – il movimento per la difesa dei diritti umani – è la massima espressione.

A Wukan, la differenza l’hanno fatta non tanto i contadini quanto il partito che per una volta, per la prima volta dall’89, ha deciso di discutere con i leader della protesta. Era già successo con le classi medie a Dalian dove il partito aveva fatto un passo indietro, ma mai con i contadini. È questa la novità Wukan.

Per quanto riguarda invece i "gelsomini", ciò che è emerso è soprattutto un partito che fa molto affidamento al weiwen – il movimento repressivo della polizia cinese.

Come abbiamo visto però all’interno del Partito sono in corso delle lotte che si fanno più forti soprattutto man mano che si avvicina la successione politica.

Le dispute sono soprattutto tra coloro che sono favorevoli a mettere tutte le risorse al servizio del weiwen e coloro che sono pronti a trattare con la società civile emergente.

Quanta difficoltà trova il Partito a gestire una successione stretto tra la necessità di bloccare i media ufficiali e la difficoltà di filtrare completamente tutte le speculazioni che passano sul web?
Internet è sempre stato un dilemma per il partito: da un lato ne ha bisogno per aumentare l’efficienza della sua propaganda, dall’altro necessita di controllare le voci contrarie al partito, cancellando i contenuti scomodi. In questo modo cerca di impedire alle agitazioni e ai movimenti sociali di avere visibilità su internet.

Sebbene la censura abbia ampio raggio d’azione, di recente il partito sembra non riuscire in una copertura totale. E ciò fa si che si faccia largo tra la popolazione una sorta coscienza sociale. Ma, evidentemente,  il Partito ritiene che i benefit di internet siano maggiori dei costi, altrimenti avrebbe già chiuso l’accesso alla rete come è accaduto nei paesi arabi.

Lei dunque non vede una stretta alla circolazione dei dibattiti sul web in vista della successione politica?
No, non credo possa parlarsi di stretta. Di sicuro il Partito si serve di tutti i mezzi  a disposizione per impedire alle proteste di farsi vive, ma no: non credo che sia più forte a causa della successione.

Il terremoto politico scaturito dalla rimozione di Bo Xilai a segretario di Chongqing sta facendo tremare la Cina. Per molti invece l’astro nascente del PCC sarebbe stato fatto fuori perché artefice di una ‘sorta di campagna elettorale’  che poco si accosta a una successione politica fatta di protocolli e di equilibri che Bo stava scavalcando. Qual è la sua opinione?
La mia opinione è che la vicenda di Bo Xilai sia un’ulteriore prova del fatto che non c’è nessuna trasparenza in questo regime politico. Qualsiasi siano stati i cambiamenti, non siamo tanto più informati di quanto lo eravamo all’epoca di Lin Biao.

Abbiamo saputo del licenziamento di Bo Xilai molto più in fretta di quello di Lin Biao, ma in realtà siamo sempre dipendenti dalle voci che circolano a Pechino.

Tuttavia, in quanto politologo, non posso assolutamente pronunciarmi sulla vera ragione della rimozione di Bo, non posso analizzarlo perché non ho accesso a nessuna informazione importante.

La settimana scorsa alcune voci citate dal Financial Times davano Zhou Yongkang agli arresti domiciliari, voci poi smentite da un’apparizione pubblica del potente uomo degli apparati cinesi. Se così fosse, secondo alcuni analisti, ci troviamo in presenza della più grande purga dal 1989, ma stavolta forse l’esito potrebbe essere un rinnovamento politico. È la volta buona che i riformisti escono allo scoperto?

Se qualcuno sa qualcosa è perché si è accampato sotto il letto di Zhou Yongkang. Mi farebbe molto piacere avere la registrazione.