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Cina, rimpasti e investimenti. Così Xi vara la sua rivoluzione

In Cina, Economia, Politica e Società by Lorenzo Lamperti

Dopo il ministro degli esteri, via quello della difesa. E quelli alle finanze e alla tecnologia. Grande pacchetto di obbligazioni per aiutare l’economia, e il segretario visita la banca centrale

«Eliminare le tigri, scacciare le mosche e dare la caccia alle volpi». Durante il discorso pronunciato al XX Congresso del Partito comunista cinese di ottobre 2022, Xi Jinping descrisse così la sua «incessante» lotta contro la corruzione. Nonostante le maglie sempre più strette intessute per il suo terzo mandato, forse c’è ancora qualche mosca o volpe che si aggira nelle stanze del potere di Pechino. Tanto che la campagna di “purificazione” pare sia stata costretta a toccare anche la cerchia dei suoi presunti fedelissimi.

MARTEDÌ 24 OTTOBRE il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo cinese ha comunicato la rimozione del ministro della difesa Li Shangfu, sparito dal pubblico da fine agosto. Da allora, si sono susseguite diverse indiscrezioni sulla sua sorte. La più concreta è quella di un’indagine per corruzione a suo carico. Nel mirino delle autorità ci sarebbe il suo operato come responsabile delle forniture dell’Esercito popolare di liberazione, il ruolo che ha ricoperto fino al 2022. La vicenda sarebbe peraltro collegata all’improvviso siluramento dei vertici delle forze missilistiche avvenuto a inizio agosto. Le modalità della rimozione sembrano confermare l’ipotesi del provvedimento disciplinare. Li è stato rimosso anche dal ruolo di consigliere di Stato (superiore a quello di ministro nella gerarchia cinese) e dalla Commissione militare centrale.

IL TUTTO SEGUE di soli tre mesi la precedente rimozione del ministro degli esteri Qin Gang, dopo le insistenti voci su una relazione extraconiugale con una giornalista televisiva cinese mentre era ancora ambasciatore negli Stati uniti, il ruolo più delicato della diplomazia di Pechino. Ora Qin è stato rimosso dal consiglio di stato insieme a Lin. Il tempo intercorso tra i due provvedimenti potrebbe far pensare che, nel caso dell’ex ministro degli esteri, a luglio ci fossero meno elementi a suo carico di quanti non ce ne sarebbero ora su Li. Il risultato è comunque che due componenti chiave del governo formato all’inizio del terzo mandato di Xi sono diventati i consiglieri di Stato col mandato più breve della storia della Repubblica popolare cinese. La rimozione di Li potrebbe comunque facilitare la ripresa del dialogo in materia di difesa con gli Usa, che dal 2018 lo hanno posto sotto sanzioni per l’acquisto di aerei da combattimento e sistemi missilistici dalla Russia. La sua nomina era servita alla Cina per mostrare di voler cedere alle pressioni. Fin qui, il rifiuto alla piena riapertura del dialogo militare è stato giustificato proprio con la mancata rimozione delle sanzioni contro Li. Senza di lui, nel fine settimana arriva a Pechino una delegazione del Pentagono per lo Xiangshan Forum, principale appuntamento multilaterale in materia di difesa ospitato dalla Cina. Al posto di Li potrebbe comunque arrivare Liu Zhenli, uno dei pochi generali cinesi con esperienza reale di combattimento – nella guerra col Vietnam del 1979.

Il rimpasto di governo include anche i cambi ai ministeri di finanza e di scienza e tecnologia. In questo caso, nessuna dietrologia: si tratta di scelte politiche frutto anche dell’approvazione della riorganizzazione dell’apparato governativo-statale che prevede peraltro una revisione del funzionamento dei due ministeri. Alle due sessioni legislative dello scorso marzo erano stati confermati Liu Kun e Wang Zhigang, ma era attesa a breve la loro sostituzione. I loro successori operavano già sostanzialmente in loro vece nelle ultime settimane. A guidare il ministero della scienza e tecnologia sarà Yin Hejun, vicepresidente dell’Accademia delle scienze. Uno di quei tecnocrati che hanno fatto il loro grande ritorno durante l’era di Xi, tesa a perseguire l’autosufficienza tecnologica per mettersi al riparo dalle turbolenze globali e dalle tensioni con gli Stati uniti.

ALLA FINANZE arriva invece Lan Foan, il primo in 40 anni a non essere stato prima viceministro. La rapida ascesa è dovuta alla sua esperienza da governatore provinciale, in un momento in cui la priorità del partito è impedire il contagio della crisi immobiliare sulle casse locali. In attesa di capire se e quando sarà convocato il terzo plenum del partito (che per prassi dovrebbe tenersi a novembre), la leadership segnala con alcune mosse che la sua priorità è l’economia. A partire dall’approvazione di un maxi pacchetto di obbligazioni da emettere nel quarto trimestre e da spendere per metà prima della fine dell’anno e l’altra metà entro il 2024. Tutto ciò comporterà un aumento del deficit di bilancio al 3,8%. C’è stata poi la prima, storica, visita di Xi alla Banca popolare cinese, l’istituto centrale di Pechino. Potrebbe essere un segnale che indica l’arrivo di ulteriori misure a sostegno dell’economia. Oltre a tigri, mosche e volpi, Xi deve pensare anche alle casse.

Di Lorenzo Lamperti

[Pubblicato su il manifesto]