Con un discorso di quasi due ore del premier Li Keqiang, si è ufficialmente aperta l’Assemblea nazionale del popolo. Poche modifiche rispetto al rituale e l’ammissione di essere di fronte a una grande sfida. Le previsioni di crescita si sono abbassate al 7 per cento. Significa che la Cina sta entrando in un periodo di transizione. I punti fondamentali del discorso del premier, ovvero come gestire la "nuova normalità".
“Lo sviluppo economico cinese è entrato nella fase di ‘nuova normalità’. Il nostro paese sta entrando in un periodo cruciale, bisogna vincere le sfide e risolvere i problemi”. Con un discorso di quasi due ore del premier Li Keqiang, si è ufficialmente aperta l’Assemblea nazionale del popolo, il più alto organo statale in Cina, quello che più assomiglia al nostro Parlamento. Una volta all’anno 2907 delegati sono chiamati ad approvare le finanziaria, le leggi e le decisioni chiave sui posti di comando. Sebbene l’Anp sia per il Partito l’evidenza dell’esistenza di una “democrazia socialista”, finora non ha mai votato contro nessuna risoluzione.
Quello che si è aperto oggi presenta poche modifiche rispetto al rituale. Appaiono per la prima volta camerieri maschi a servire il tè ai delegati, il presidente Xi Jinping ha applaudito solo alla fine del discorso e il presidente dell’Anp Zhang Dejiang ha sbagliato ad annunciare il numero dei delegati (2097 invece di 2907). L’Anp si chiuderà il 14 marzo, ma problemi e obiettivi del 2015 sono chiari sin dal discorso del premier di stamane. Eccoli per punti.
– La crescita rallenterà ancora assestandosi attorno al 7 per cento
La fase di rapida crescita economica è finita, ma finora è stata fondamentale per la stabilità sociale che a sua volta legittima l’esistenza e i metodi del Partito comunista cinese. La stagnazione è ciò che il Partito teme maggiormente. Già a gennaio l’ufficio nazionale di statistica aveva comunicato che la crescita del 2014 era stata del 7,4 per cento, di 0,1 punti inferiore alle aspettative. È il ritmo di crescita più lento dal 1990, cioè da quando la Cina ha subito sanzioni internazionali a seguito del massacro di piazza Tian’anmen. Già allora alcuni economisti cinesi avevano affermato che la Repubblica popolare si trova al “punto di svolta di Lewis” ovvero il punto in cui un’economia in via di industrializzazione esaurisce la manodopera a buon mercato e non qualificata proveniente dalla campagna. Aumentano i salari, rallentano i tassi di crescita e le aziende devono diventare più efficienti per sopravvivere.
– Verranno creati 10 milioni di posti di lavoro nelle città (contro i 13,2 del 2014)
Il tasso di disoccupazione urbano sarà mantenuto attorno al 4,5 per cento, contro il 4,6 per cento dell’anno scorso. Li Keqiang ha dovuto però specificare che “una crescita economica al 7 per cento può assicurare un’ampia occupazione”. Fino al 2014, infatti, era convinzione del governo di Pechino che una crescita inferiore al 7,2 per cento sarebbe stata fatale per l’impiego. La “nuova normalità” necessita di una complessiva ristrutturazione economica e di più sicurezza sociale. Sono previsti aumenti alla pensioni e non meglio specificati aiuti ai gruppi svantaggiati quali i disabili, i vecchi e i bambini. Anche per questo si continuerà a lavorare al sistema di registrazione delle ong. Inoltre il numero di laureati continua a crescere. Quest’anno è prevista la cifra record di 7,49 milioni nuovi diplomati. Il premier ha incoraggiato gli studenti universitari ad aprirsi un proprio business assicurando che “il governo aiuterà le start up”.
– Il budget militare crescerà del 10,1 per cento (la crescita più bassa degli ultimi 5 anni)
Pechino prevede dunque di innalzare la spesa militare a 141,4 miliardi di dollari. È la crescita più bassa dal 2010, quando la crescita sull’anno precedente era stata del 7,5 per cento. Attualmente comunque la spesa militare cinese è seconda solo a quella degli Stati Uniti. Ed è importante notare e che molte voci riconducibili alla difesa non sono inserite nel budget (le stesse voci sono invece inserite nelle stime pubblicate oltre muraglia).
Il premier ha comunque specificato che: “costruire una solida difesa nazionale e delle forze armate potenti è fondamentale per salvaguardare la sovranità nazionale e gli interessi di sicurezza e di sviluppo”. E che “proteggeremo fermamente i nostri interessi negli oceani e approcceremo in maniera consona le dispute marine. Il nostro obiettivo è quello di essere un potere oceanico forte”.
– L’utilizzo del carbone calerà del 3,1 per cento
A novembre scorso la Repubblica popolare si è impegnata a raggiungere il tetto massimo delle emissioni entro il 2030, ma è dal carbone che ancora proviene il 70 per cento dell’energia per lo sviluppo cinese. L’anno scorso, sempre in occasione del lianghui, Li Keqiang aveva fatto “una dichiarazione di guerra all’inquinamento”. E oggi afferma che l’efficienza energetica è migliorata del 4,8 per cento. Ancora afferma che il governo continuerà a lavorare sulla legislazione in materia di ambiente, perseguendo i colpevoli di emissioni illegali. “Promuoveremo l’uso di veicoli di nuova generazione, aumenteremo gli standard nazionali e la qualità dei carburanti in tutte le città e le aree chiave” (e questa sembra proprio una risposta al documentario Under the Dome).
Per il resto si continuerà sulla strada intrapresa. Si rafforzeranno le riforme delle aziende di stato, la lotta alla corruzione e la politica “un paese, due sistemi”, le riforme monetarie e fiscali. Il governo rinnova inoltre l’impegno economico nelle costruzioni di infrastrutture, nel supporto alla ricerca e allo sviluppo di nuove realtà industriali e nella modernizzazione dell’agricoltura.