Chunjie, la Festa di Primavera

In by Simone

In Cina è cominciato il Chunjie, letteralmente Festa di Primavera, più noto in Italia come il capodanno cinese. Tutto il paese si ferma e per due settimane le leggende si legano alla modernità, con un obiettivo comune: tornare nella propria città di origine e celebrare l’inizio del nuovo anno lunare. Le stazioni sono prese d’assalto, il governo ha varato un piano speciale dei trasporti: dopo un anno di duro lavoro i cinesi vogliono tornare a casa, portare doni e raccontare la Cina che avanza.

Si pranza con cibi di buon auspicio, su tutti i jiaozi, i ravioli al vapore: all’interno di uno di essi viene posta una piccola moneta per celebrare la fortuna di chi la troverà. Si mangia anche pesce e qualsiasi cibo che crei omofonie in grado di augurare prosperità e benessere. Si colora la casa e ci si veste con almeno un indumento rosso, il colore della fortuna. Si ornano portoni e vetrine con caratteri cinesi, come fu, «fortuna» e figure antiche in grado di scacciare gli spiriti maligni, ma soprattutto si sparano centinaia di migliaia di botti: per alcuni giorni la Cina si trasforma in una polveriera, senza sosta.

La festa ha origini contadine e racconta la cacciata di Nian, «anno» in cinese, un mostro che dagli abissi usciva per distruggere raccolti e sterminare le famiglie. I contadini però si radunarono in casa, chiamarono il mostro e lo cacciarono con il frastuono dei fuochi artificiali, all’epoca canne di bambù con polvere da sparo. Da qui la lotta con la natura e il desiderio di auspici per buoni raccolti.
Oggi però – specie nelle grandi città – la festa si mischia alla grandezza della potenza cinese e anche i fuochi artificiali diventano un modo per dimostrare forza e benessere. «Le persone ricche comprano anche 7000 yuan (circa 700 euro ndr) di fuochi d’artificio per dimostrare la propria ricchezza», dice uno dei ragazzi che vende materiale pirotecnico in uno dei tanti tendoni sorti improvvisamente per le vie di Pechino. «Chi non li compra, prosegue, sono i poveri: quelli si accontentano di vedere i fuochi degli altri».

[Pubblicato su Metro del 25.01.2009)