Una marca di sigarette: Chung Hwa. Il nome significa anche «Cina». Un cartellone che propone lo slogan «I Love Chung Hwa», sullo sfondo Tian’anmen e poco più lontano un pacchetto di sigarette e la scritta «nuoce gravemente alla salute». E’ una pubblicità o un invito al patriottismo? E se è una pubblicità, si può accostare il nome della Cina a un’indicazione del genere, presente su un pacchetto di sigarette?
E’ il caso dell’azienda che produce le Chung Hwa, sigarette cinesi dal marketing patriottico.
Una corte di Shanghai ha considerato illegale l’uso dello slogan I Love China. Un deputato del congresso del popolo di Shanghai, nonché avvocato, si è espresso al riguardo: «lo slogan è buono, ma vicino alle frasi come danneggia la tua salute non va bene. Del resto tutte le pubblicità delle sigarette andrebbero proibite». Lo Shanghai Tobacco (Group) Corp, che produce le sigarette Chung Hwa e che mesi fa aveva lanciato il nuovo packaging di un altro prodotto, ha risposto alle critiche sostenendo che la comunicazione aveva l’intento di promuovere il patriottismo cinese.
Anche a Shanghai durante le Olimpiadi, in quasi tutti i luoghi pubblici era vietato, almeno formalmente, fumare e la stessa situazione si ripeterà durante l’expo 2010. Dal 2011 qualsiasi tipo di pubblicità o promozione delle sigarette sarà invece proibita per legge: nel 2003 la Cina ha infatti firmato la Convenzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e piano piano cerca di adattarsi alle politiche internazionale.
Nonostante queste politiche e divieti in arrivo, «la Cina è ancora una Mecca per l’industria del tabacco», ha titolato il Tobacco Journal solo un anno fa, registrando le vendite altissime di sigarette in Cina. All’interno del vasto mercato cinese operano anche colossi mondiali del settore: la Philips Morrs è partner del China National Tobacco Corporation (CNTC), l’ente che supervisiona tutte le società cinesi che producono tabacco.