Chinoiserie – Pop politico: Come la propaganda maoista si è trasformata in un prodotto artistico globale

In Chinoiserie, Cina, Economia, Politica e Società by Redazione

Tra i vicoli colorati di Tianzifang, cuore turistico della città di Shanghai, la maggior parte dei negozi di souvenir offre una vasta gamma di tazze con sopra impressi alcuni iconici slogan dei poster di propaganda. Le immagini simbolo di uno dei periodi più particolari della storia moderna cinese adesso sembrano aver assunto un valore estetico ed un significato diverso.

L’arte di propaganda non è sparita, ma ha preso una forma diversa, talvolta mimetizzandosi in qualche cartellone pubblicitario alla fermate dell’autobus, talvolta distorcendo il proprio significando ed allineandosi con l’estetica ricercata dalla cultura popolare.

Andy Warhol fu il primo a leggere il ritratto di Mao in chiave pop, ma lo fece perché l’immagine del leader del Partito Comunista Cinese (PCC) all’epoca era già un icona popolare, conosciuta non soltanto in Cina. Un simbolo della cultura pop di successo funge da filo conduttore che collega persone di una cultura simile evocando un senso di comprensione per uno stile di vita condiviso.

Quando questa definizione viene applicata alla propaganda del PCC, il ritratto di Mao rappresenta un simbolo della società cinese.

Il ritratto di Mao era un icona pop già prima che Andy Warhol lo rappresentasse come tale

Mao negli anni settanta era il leader più conosciuto al mondo.  Pur mancando di relazioni diplomatiche significative con l’estero, il PCC aveva intrapreso una campagna di propaganda internazionale con l’obiettivo di promuovere Mao come leader simbolico del proletariato globale. Senza alleanze influenti, i propagandisti cinesi aggirarono i canali diplomatici tradizionali arrivando al pubblico mondiale con una propaganda sotto forma di trasmissioni radiofoniche, riviste, opuscoli, dipinti e libri di citazioni. La propaganda del PCC era arrivata così a rappresentare globalmente la leadership contro l’oppressione imperialista.

Nel tentativo di promuovere con enfasi il messaggio maoista, i propagandisti hanno essenzialmente trasformato involontariamente l’immagine di Mao

in pop art. In molti modi, questo mito è riuscito a promuovere esattamente l’immagine che il leader del PCC intendeva trasudare e, in altri modi, ha gettato le basi per la transizione dell’arte di propaganda a pop art globale.

 

Alla fine, la propaganda raggiunse un punto critico di riconoscimento mondiale penetrando nel regno dell’iconografia della cultura pop occidentale. In concomitanza con la liberalizzazione della Cina di Deng Xiaoping, si inaugurò una nuova era in cui i simboli della propaganda maoista divennero merce popolare ed immagini dissociate dal loro originale significato.

Il pop politico Cinese

Political pop” è un termine coniato dal critico d’arte Li Xianting nel 1992 per descrivere una determinata produzione artistica degli anni ’90, le cui opere, eseguite nello stile del pop americano anni ‘60, giustapponevano le immagini di propaganda della Rivoluzione Culturale con i simboli della globalizzazione e del capitalismo.

Nel loro lavoro gli artisti del pop politico hanno espresso critiche talvolta umoristiche  al crescente fascino della società cinese per la ricchezza ed il lusso a seguito dell’austerità del recente passato.

Negli anni ’90 il sistema economico cinese si è trasformato per soddisfare le esigenze del mercato globale, portando alla presenza massiva di nuove immagini pubblicitarie. La società cinese fu sottoposta ad un nuovo regime visivo, in netto contrasto con quello dei poster di propaganda.

Nella serie The Great Criticism (1998) di Wang Guangyi, l’artista associa immagini di propaganda rivoluzionaria a famosi marchi occidentali, divenuti beni di consumo molto richiesti in Cina, fondendo stilisticamente l’estetica dell’agit-prop imposta dal governo con il kitsch del pop americano.

Il risultato dell’opera di Wang Guanyi è una serie immagini sarcastiche che mettono a nudo l’ironia del “nuovo culto del consumo” in Cina, ma che anche dissociano le immagini della propaganda dal loro originale significato.

L’artista Xue Song, invece, dissocia e riposiziona il significato delle immagini dei poster di propaganda con i suoi collage. Taglia, scompone e incolla  frammenti di poster creando immagini che rievocano quando icone della cultura pop come la Cola-Cola, quando l’ombra del leader Mao, creato dalla giustapposizione di fotografie, caratteri ed icone a riempire i numerosi significati estetici che oggi l’arte di propaganda ed i ritratti di Mao hanno assunto in Cina.

Da propaganda a prodotto artistico popolare

La riduzione delle immagini di propaganda ad un prodotto della pop art è il risultato di una massiva diffusione di manifesti e di slogan durante la Rivoluzione Culturale. Dopo la morte di Mao, molti altri artisti hanno contribuito con il Pop Politico ad una nuova interpretazione dei poster di propaganda. Il codice estetico del poster di propaganda è rimasto un elemento visivo con cui molti artisti cinesi si permettono di giocare reinterpretandolo e trascendendolo dal suo significato originale, in uno stile che mescola un contesto storico ed il peso dell’epoca più radicale del comunismo in Cina a quella visione leggera e ironica con cui oggi quelle stesse immagini sono utilizzate come un souvenir turistico o merce artistica globale.

Oggi slogan di propaganda comunista come广阔天地,大有作为 (guǎngkuò tiāndì, dà yǒu zuòwéi – un ampio palcoscenico in cui molto può essere realizzato) sono forse solo caratteri svuotati del loro significato ed impressi su una tazza in attesa di essere acquistata da qualche turista?

Di Camilla Fatticcioni*

**Laureata in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla vive in Cina dal 2016. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hanghzou interessandosi di archeologia ed iconografia buddhista cinese medievale. Sinologa ed autrice del blog perquelchenesoio.com, scrive di Asia e Cina specialmente trattando temi legati all’arte e alla cultura. Collabora con diverse riviste tra cui REDSTAR magazine della città di Hangzhou e scrive per il blog di Bridging China Group. Appassionata di fotografia, trasmette la sua innata voglia di raccontare storie ed esperienze attraverso diversi punti di vista.