Chen Guangcheng: fuga infinita

In by Simone

Chen Guancheng torna a parlare. Denuncia che il governo cinese sta facendo pressioni all’Università di New York che lo ospita per non rinnovargli la fellowship e che "il lavoro del Pcc all’interno dei circoli accademici Usa è molto più grande di quella che la gente può immaginare" tanto che "l’indipendenza e la libertà dell’Accademia statunitense è fortemente minacciata da un regime totalitario".
Chen Guangcheng è un attivista cinese non vedente, che nell’aprile dell’anno scorso era stato il protagonista di una rocambolesca fuga dalla sua casa, dove era piantonato da sgherri, senza un’incriminazione precisa. La sua vicenda aveva finito per creare un balletto diplomatico tra Cina e Stati Uniti.

Alla fine, complici alcuni professori dell’università di New York, la Cina aveva concesso a Chen Guangcheng la possibilità di trasferirsi nella Grande Mela per studiare. Chen era molto popolare in Cina, grazie alle sue attività di denuncia degli aborti forzati; un impegno che gli aveva ben presto creato grattacapi con la giustizia cinese, finendo per essere considerato un dissidente.

La sua dipartita negli States era stata vista come un segnale positivo nelle relazioni sino statunitensi, ma in questi giorni lo stesso attivista cinese ha comunicato che sarebbe pronto a tornare in Cina e non di propria volontà.

Stando ad una lettera scritta dal dissidente cinese, le pressioni del Partito Comunista sull’università americana sarebbero molto forti: «più grandi di quanto ci si aspetti», ha scritto Chen. E quindi, a quanto pare, già alcuni mesi dopo la sua permanenza a New York sarebbero cominciate le trattative per il suo ritorno.

Alla base delle accuse di Chen, e di quanto sostiene parte della stampa americana, ci sarebbero dei progetti dell’Università di New York a Shanghai; questi programmi di ampliamento richiedono una collaborazione molto vicina tra Stati Uniti e Cina e da parte di Pechino sarebbero arrivate pressioni affinché Chen torni in Cina, in cambio del via libera per la prosecuzione di «affari» in comune.

La lettera con la quale Chen ha annunciato la sua dipartita dall’Università di New York è destinata a scatenare polemiche, specie in riferimento ad alcuni passaggi. Secondo Chen «l’indipendenza e la libertà accademica negli Stati Uniti, sono fortemente minacciate da un regime totalitario».

Nei giorni precedenti al comunicato di Chen, quando era cominciata a diffondersi la notizia, alcuni tra i professori che avevano collaborato e non poco alla risoluzione del caso, avevano negato di aver subito pressioni. Il portavoce della New York University, John Beckman, ha detto che l’università è «molto scoraggiata» dalla dichiarazione di Chen, specificando che le sue dichiarazioni non solo sarebbero «false, ma anche contraddette dai fatti».

Secondo Beckman, «la borsa di studio di Chen alla New York University e la sua conclusione non hanno nulla a che fare con il governo cinese. Tutte le borse di studio finiscono».

[Scritto per Il Manifesto]