Un modello di sviluppo unico rende le città cinesi identiche tra loro e prive di identità. Alla radice, la ricerca spasmodica di qualche punto in più di Prodotto Interno Lordo, per cui "il ritmo delle demolizioni corrisponde al ritmo dello sviluppo" e i famigerati "developer", i palazzinari, alterano i piani regolatori. L’analisi e la denuncia di Wang Jun. Negli ultimi anni, sull’onda delle massicce opere di urbanizzazione, nuovi, alti e luccicanti grattacieli sono apparsi un po’ ovunque. Allo stesso tempo, sono state rase al suolo le parti vecchie di molte città. Anche a Pechino, nonostante il suo vasto patrimonio culturale, gli antichi edifici che rapiscono l’attenzione di tutti si sono dovuti misurare con la tragedia delle demolizioni.
Allora quale è in realtà il motivo che porta al fenomeno appena citato? Potremmo semplificare in una frase: la corsa cieca al Pil. Lo hanno affermato più volte anche i media, riportando le parole di politici locali i quali hanno dichiarato pubblicamente che, secondo loro, il ritmo delle demolizioni corrisponde al ritmo dello sviluppo. Al traino di un pensiero del genere, in molte città cinesi si è assistito ad un ininterrotto alternarsi di costruzioni e demolizioni, demolizioni e costruzioni. […] Le città divorano la terra, gli sviluppatori immobiliari alterano il ritmo e perfino la logica del piano regolatore […]; così della pianificazione urbana si perdono le tracce, mentre gli uffici per la conservazione del patrimonio culturale [prendono provvedimenti] astratti. “A Pechino, con i soldi, si potrebbe demolire perfino la Città Proibita”, dicono voci del settore. Il risultato di queste azioni sconsiderate sono costruzioni-spazzatura ben adornate di retorica.
La massiccia urbanizzazione in Cina sta creando una serie di città identiche. L’individualità degli spazi urbani è stata annullata, e […] a questo punto non possiamo non chiederci quale sia il tipo di città di cui avrebbe bisogno la Cina.
Un volume pubblicato recentemente, “The spirit of the cities: Why the identity of a city matters in a global age”, di Daniel A. Bell e Avner de-Shalit, fornisce una traccia per rispondere alla domanda.
Ogni città dovrebbe possedere caratteristiche, valori e uno spirito unici, sono proprio questi a determinare l’identità di un centro urbano, una identità unica e irripetibile. Gli autori in realtà sottolineano alcuni concetti tradizionali della storia dell’urbanizzazione […] o quelli riguardanti la percezione classica degli individui rispetto alla città […]. Si sottolineano inoltre i motivi che spingono a basarsi sulla filosofia e sulle scienze sociali per riscoprire ex-novo lo spirito delle città. […]
Nella prefazione alla seconda edizione del libro, gli autori introducono una nozione, il “civicism”, l’amore per la propria città, l’orgoglio – a volte perfino complesso di superiorità – che si prova nei confronti del posto in cui si vive. Speculando su questo concetto, mi chiedo: quanto sono orgogliosi delle proprie città gli abitanti delle città cinesi? E quanti credono che la propria città sia unica? […] Le due domande possono fornirci una base per valutare il successo del processo di urbanizzazione in Cina. O il suo insuccesso.
Come riuscire a coltivare lo spirito e le qualità delle città cinesi? Quello che bisogna fare prima di tutto è creare dei principi scientifici di pianificazione nella costruzione delle città, per evitare il cosiddetto fenomeno “ una giunta municipale, un piano regolatore”. […] Agli studiosi cinesi piace molto parlare del piano regolatore della città di Chicago, redatto nel 1887. […] Ammiriamo la saggezza e la lungimiranza di coloro che hanno predisposto il piano di questa città, ma anche l’adesione allo spirito della città da parte dei governatori che si sono succeduti.
Nessuno nega l’importanza del progetto urbanistico e della pianificazione, ma non sono tutto, e non sono per forza di cose indispensabili in qualsiasi spazio urbano. La scientificità, o meno, della pianificazione urbana si può valutare solo con il tempo. In Cina, nel processo di costruzione di una città, dovremmo fare attenzione ai cosiddetti progetti che cancellano la sua individualità e non tengono conto della sua storia e delle sue tradizioni. L’elemento vitale di una città non emerge solo grazie al rispetto del progetto di pianificazione urbanistica. In altre parole qualsiasi progetto o piano urbanistico attuale ha dei difetti, particolarmente se lo analizziamo in ottica futura.
Le domande che ci siamo posti sono ridondanti e mettono alla prova la saggezza delle amministrazioni locali: anche se bisogna pianificare, è necessario rispettare le scelte naturali di chi abita quegli spazi; anche se bisogna fare un progetto, si deve tenere in considerazione le tradizioni e la cultura del posto. Forse, la sorgente che da vita all’identità di una città è la convergenza, nel lungo periodo, di tanti tipi diversi di energie.
[Il pezzo è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Tania Di Muzio]*Wang Jun è un ricercatore presso l’Unirule Institute of Economics.