La pubblicazione del documento completo del Terzo Plenum ha chiarito obiettivi, metodi, principi riforme cinesi. Parlando di economia, sono tre le riforme chiave: quella agraria, strettamente connessa all’urbanizzazione; quella del settore finanziario, indispensabile per una maggiore integrazione nei mercati internazionali e per favorire l’economia di mercato; la riforma delle imprese statali, che continuano ad ostacolare la compiuta realizzazione di una economia di mercato in Cina. La pubblicazione del documento completo del Terzo Plenum del 18° Comitato Centrale ha reso più chiare le precedenti anticipazioni, spiegando esplicitamente quali saranno gli obiettivi, gli impegni, i metodi e i principi del programma di riforme che la Cina attuerà nei prossimi sette anni.
Concentrandosi solo sull’economia, il nuovo ciclo di riforme contiene in particolare tre importanti modifiche: la riforma agraria, fortemente connessa all’urbanizzazione [cavallo di battaglia del premier Li Keqiang per promuovere i consumi interni]; la riforma del sistema finanziario, assolutamente indispensabile per una [più completa] integrazione con i mercati internazionali e per favorire l’economia di mercato; la riforma delle imprese statali, ancora dominanti nel mercato cinese.
Nessun paese moderno, in quello che è il suo processo di formazione, può evitare una riforma agraria: come aumentare la produttività della terra? come ripartire in maniera equa i profitti derivanti dall’aumento dei prezzi? in che modo porre un freno agli eccessi? Sono tutte questioni di difficile risoluzione, a prescindere da quale sia il periodo storico o il Paese in questione. Di norma, richiedono diversi tentativi e aggiustamenti prima che si possa trovare la giusta risposta.
Nella terza sezione delle "Decisioni", alla voce "accelerare il perfezionamento di un moderno sistema di mercato", c’è il terzo articolo che riguarda proprio il mercato della terra: "Costituire un mercato unificato tra città e campagna nell’utilizzo della terra". Si dovrà permettere alle imprese collettive rurali la vendita dei terreni, l’affitto e la partecipazione attraverso quote al diritto d’uso della terra per eventuali progetti di costruzione; rendere effettivo l’ingresso nel mercato [dei terreni concessi in uso alle imprese collettive] e che questi siano equiparati – con stessi diritti e prezzi – alla terra di proprietà statale; ridurre il numero di espropri dei terreni, definire a livello normativo il processo di esproprio, perfezionare il meccanismo di tutela e di indennizzo dei contadini che hanno subito una esproprio; estendere i termini e la portata della concessione onerosa dell’utilizzo del suolo statale e ridurre il trasferimento di terreni per usi che non sono di interesse pubblico; costituire un meccanismo per l’allocazione – a individui, imprese collettive e Stato – dei profitti derivanti dall’incremento del valore della terra, aumentando in maniera ragionevole la quota spettante ai primi; perfezionare i paralleli mercati dell’affitto, del trasferimento e dell’ipoteca dei terreni.
La riforma agraria mira ad aumentare la produttività della terra, adottando misure per ridare vitalità ai terreni che le imprese collettive rurali di dimensioni superiori a 100 milioni di mu [1 mu = 0,0677 ettari] destinano a progetti immobiliari, e costruendo un moderno settore agricolo; ha, inoltre, come obiettivo quello di ridurre il trasferimento di terreni che non hanno un fine pubblico, di ridurre la possibilità di "rent seeking" e lo spreco delle risorse. Essa è altresì finalizzata a far diventare la terra la principale proprietà dei contadini e delle imprese collettive di villaggio, cosicché i contadini potranno portare con loro un capitale iniziale, che gli permetterà di inserirsi, meglio e prima, nei borghi e nelle piccole città che adotteranno un sistema di registrazione completamente aperto, promuovendo quindi una reale urbanizzazione contraddistinta da un libero sistema di registrazione della residenza.
Nel realizzare tale processo, non sarà però possibile, come invece immaginano alcuni, liberalizzare immediatamente il mercato della terra, né legalizzare subito le cosiddette "xiao chanquan fang" [case costruite su terreni di proprietà delle imprese collettive, il cui certificato di diritto di proprietà non è emesso dalle autorità centrali, ma da quelle locali; ndt].
Il prerequisito per permettere ai diritti d’uso della terra delle imprese collettive rurali di entrare nel mercato consiste in una chiara definizione dei relativi diritti di proprietà. In questi due anni, se si arriverà ad una migliore definizione dei diritti e a una più equa allocazione dei profitti, i contadini potranno ottenere una fetta molto più ampia dei profitti risultanti dall’attuale incremento dei prezzi e non dovranno restituire completamente le loro proprietà.
[…] L’articolo successivo del documento riguarda la riforma del sistema finanziario. L’obiettivo di tale riforma è la mercatizzazione del tasso di cambio del Rmb e dei tassi di interesse. Per quanto riguarda la prima, visto il suo ritmo relativamente lento, sarà sufficiente creare un meccanismo per migliorare la mercatizzazione del tasso di cambio. Nel secondo caso bisognerà, invece, accelerare.Altri aspetti riguardano l’incremento della partecipazione del capitale privato nel settore pubblico, l’ampliamento della liberalizzazione nel mercato domestico, il permettere al capitale privato di possedere partecipazioni nelle banche di piccole e medie dimensioni, l’adozione di un sistema di registrazione dell’emissione delle azioni, la mercatizzazione dei bond. Dopo aver migliorato il sistema di tutela dei depositi, le istituzioni finanziare potranno servirsi di un meccanismo di mercato per uscire dal mercato stesso. La principale idea dietro la tutela dei depositi è quella di avere delle banche in grado di accumulare riserve: in futuro, saranno quindi lasciate fallire quelle banche di piccole e medie dimensioni troppo aggressive e senza i dovuti requisiti di sicurezza.
Dato che si vuole accelerare la convertibilità del conto capitale in Rmb e vista l’attuale situazione della valuta, che si apprezza all’estero e si svaluta all’interno, la valuta nei prossimi due anni manterrà un trend di crescita, ma l’intensificarsi delle fluttuazioni di breve periodo nel mercato delle valute straniere darà una dura lezione agli speculatori che attaccano il mercato cinese delle valute straniere. Ciò permetterà la realizzazione della mercatizzazione del tasso di cambio del Rmb in un ambiente relativamente sicuro. Per garantire tale sicurezza bisognerà però rilassare ulteriormente l’acquisto di oro e asset internazionali.
Ciò che rimane più difficile da interpretare è la riforma delle imprese statali. Prima del comunicato del Terzo Plenum, i mercati erano in preda alla confusione; dopo il rilascio del documento ufficiale completo, è risultato invece più chiaro come il governo ha intenzione di agire.
Nel secondo articolo delle “Decisioni”, è presentato il programma di riforma delle imprese statali, che ne conferma l’importanza. L’orientamento è quello di "sviluppare attivamente un’economia con un sistema a proprietà mista", "migliorando il sistema di gestione amministrativa delle imprese di stato; rafforzando la supervisione sugli asset di proprietà dello stato, ponendo una maggiore enfasi sulla gestione dei capitali; riformando il sistema di gestione autorizzata del capitale delle imprese statali; creando un certo numero di compagnie a capitale statale; supportando la riorganizzazione, per quelle imprese statali che presentano i necessari requisiti, in società di investimento statali". L’obiettivo è quello di portare, entro il 2020, i profitti derivanti dal capitale statale ad un livello pari al 30 per cento della spesa pubblica.
Questa è una formulazione completamente nuova. Precedentemente, infatti, le imprese statali gestivano direttamente le attività di produzione. In futuro, le grandi imprese statali saranno sostituite da società a capitale misto o da imprese private. Il capitale privato potrà quindi diventare azionista delle imprese pubbliche. Nel frattempo, il settore pubblico costituirà società di investimento statali, che avranno il compito di fare investimenti e che si assumeranno la responsabilità di mantenere e aumentare il valore dei propri asset, promuovendo ulteriormente in questo modo la formazione di una economia di mercato.
Questo tipo di imprese miste ricordano il fondo Temasek di Singapore o il fondo sovrano della Norvegia. Quando le imprese fanno profitto, anche il valore degli asset statali aumenta e la popolazione intera ne beneficia: questa può essere vista come la versione cinese del modello di Singapore.
Attualmente i funzionari occupano una posizione dirigenziale elevata nelle imprese statali; in futuro, questo fenomeno potrebbe gradualmente scomparire. Queste nuove compagnie non potranno più assegnare posizioni di un certo rilievo ai funzionari, vista la loro importanza strategica. Nella prima fase delle riforme, salvaguardare l’iniziativa del capitale privato, proibendo rigorosamente la concorrenza sleale e mettendo in pratica una reale mercatizzazione, sarà decisivo per determinare il successo o il fallimento delle società di investimento a capitale statale.
Con queste tre importanti riforme poste contemporaneamente in cima all’agenda del governo, la riforma della Cina entra in una nuova fase, creando le premesse necessarie per un mercato equo, regolato dallo stato di diritto e che risulterà essere, alla fine, altamente efficiente.
[Il pezzo è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Piero Cellarosi]*Ye Tan è un’esperta di economia e finanza. Nata a Shanghai nel 1973, è considerata una piccola celebrità nell’ambiente accademico grazie alle sue ricerche sull’economia dell’epoca Ming e Qing (XIV-XX secolo). Conservatrice e sostenitrice dell’economia di mercato, riesce spesso a sorprendere i suoi lettori con parallelismi e analogie che evidenziano la ciclicità dei fenomeni di natura economica e politica nella società cinese. Scrive per numerosi giornali e riviste ed è commentatrice per il canale finanziario della Cctv.