Caratteri Cinesi – I blogger giocano a scacchi

In by Simone

Zuola ha 31 anni, Laohumiao 60. Sono gli attivisti del web cinese protagonisti  di High Tech, Low Life. Il documentario sarà proiettato il 5 e il 6 ottobre a Ferrara, al Festival di Internazionale.  China Files ha intervistato i due blogger sul film, il giornalismo, la censura e il web.

«Spero che la Apple continui a lanciare prodotti che lasciano la gente a bocca aperta e che ci siano sempre nuove versioni dell’iPhone. Spero che l’aumento della tecnologia renda la vita più interessante. Se la Cina dovesse mai diventare un paese democratico che non viola i diritti di gruppi con idee innovative, tanto di guadagnato».

Zhou Shuguang ha 31 anni, è conosciuto con il nickname Zuola, traslitterazione dell’italianissimo Gianfranco Zola. Questo nome lo accompagna dai tempi della scuola, quando in occasione di una partitella di calcio furono date agli studenti le casacche con sopra il nome dei più bravi giocatori stranieri. A lui toccò proprio quella del genietto sardo, e così nel 1999, quando si è iscritto al primo social network, si registrò proprio con il nome del calciatore italiano, rendendolo popolare anche nella rete cinese.

Zhang Shihe, 60 anni, ha scelto invece come acronimo “Tempio della tigre”, Laohumiao, dal nome della zona di Pechino dove risiede. Dice di avere sempre amato la bicicletta, anche se forse non avrebbe mai immaginato che lo avrebbe portato in lungo e in largo per la Cina a cercare di svelare realtà nascoste.

«Dopo avere iniziato da poco a fare uso di internet, avevo già chiari i limiti delle attività in rete: il rapido distacco dalla realtà spinge una vasta porzione di persone ad animare le discussioni nei forum. Per distacco dalla realtà intendo che le notizie iniziano e finiscono in rete. Per questo, nel 2007, decisi di scrutare la realtà di persona e di osservare concretamente la vita nelle campagne. In seguito cominciai ad andare in campagna ogni anno, tra luglio e agosto».

Zhang Shihe si definisce un solitario, un «carattere asociale disposto a entrare nella collettività», per niente giornalista (perché la sua non è una professione), tutt’al più un testimone che registra fatti e ingiustizie altrimenti destinate a rimanere nascoste.

 
Zuola e Laohumiao si sono avvicinati a internet molto presto, alla fine degli anni Novanta, e, nonostante la differenza di età, entrambi fanno parte della prima generazione di blogger cinesi. È attraverso il blog che Zuola sviluppa una sensibilità per le inchieste giornalistiche, avvicinandosi così a tematiche delicate, che lo hanno portato alla ribalta anche oltreoceano, come nel caso della sua inchiesta sulle demolizioni a Chongqing o della diffusione di notizie dall’Occidente durante la rivolta in Tibet.

Laohumiao invece cresce in piena epoca maoista, maturando gradualmente una coscienza critica verso il Partito. Il suo nome è legato principalmente ai reportage sulla vita dei senzatetto di Piazza Tian’anmen e sui casi di abuso nelle campagne, che visita per dare voce alla gente comune.

 
High Tech, Low Life
Zuola e Laohu miao sono i protagonisti del documentario High Tech, Low Life, girato dal regista americano-coreano Stephen Maing. «Prima di questo documentario non conoscevo il regista –dice Zuola- Steve mi ha mandato una e-mail dove scriveva che voleva riprendermi, gli ho risposto semplicemente “ok”. Non avevo un’idea precisa sul documentario e neppure a cosa avrebbe potuto portare. Ho una mentalità aperta, quando qualcuno mi cerca rispondo sempre in maniera positiva».

Il valore del lavoro di Maing è quello di riuscire a dare una testimonianza diretta della vita di due dei principali attivisti della rete cinese, andando oltre la dicotomia dissidenza-repressione e cercando di illustrare i margini di libertà di espressione e denuncia che ha un cinese attraverso il web. Il regista ha unito materiale filmato nei suoi viaggi in Cina ai video-reportage realizzati negli ultimi anni dagli stessi Zuola e Laohu miao.

«È da pochi anni che mi dedico ai documentari –racconta Laohumiao-, sono un principiante. In cinese c’è un modo di dire: “arrivati a trent’anni non si inizia più niente di nuovo”. È evidente che sono anomalo. Lo faccio perché quando realizzo documentari sono ancora entusiasta, sento il piacere dell’ispirazione, sento un impulso a creare. Sono convinto che in quei momenti ho ancora venti anni. […] Naturalmente la cosa più importante è che nella pratica quotidiana ho capito l’importanza del documentare quest’epoca. Gli streaming media sono un buon mezzo, autentico, carico di persuasione […]».

Maing si è gettato molto cautamente nella sua impresa, preoccupato della possibilità di creare noie ai due blogger, eppure si è trovato di fronte a due personaggi molto decisi nelle loro azioni: quando chiese a Zuola se fosse il caso di mantenere un profilo basso durante le riprese, lui gli rispose di avere già caricato sulla rete alcuni scatti di Maing mentre lo riprendeva. 

 
Ne è uscito un documento importante, che illustra la vita e le iniziative dei due blogger: «Il valore di questo documentario è nella forza della storia –prosegue Zuola- non è uno di quei documentari in cui si chiede a un amico di sedere davanti alla telecamera e di parlare o sparlare di qualcuno».

La censura
La questione ha ispirato opinioni a non finire sui mezzi di stampa occidentali: esiste la libertà d’espressione in Cina? Come è possibile aggirare la censura? La base di partenza è l’esistenza della dittatura, ostile al pluralismo e devota alla stabilità.

«Il sistema di controllo del monopartitismo cinese non tutela la libertà di opinione della gente, la osteggia. Il governo preme contro il dinamismo, ritiene che gli elementi più attivi della società possano avere ripercussioni sulla stabilità sociale e sulla posizione di potere del Partito», sostiene Zuola.

Anche secondo Laohumiao non è possibile raggiungere un compromesso tra il controllo da parte del governo e la diffusione sul web: «si tratterebbe di un compromesso che mina la natura rivoluzionaria del sistema sociale […] Mao Zedong diceva che la rivoluzione è uno scontro “all’ultimo sangue” tra due forze politiche; ma potremmo pensare che non debba necessariamente scorrere il sangue. Questa è una prospettiva conforme alle caratteristiche di una democrazia e, in un senso più ampio, ai tempi in cui viviamo. Non è così per i sistemi autocratici, dove è sempre una questione di scontro violento e sanguinario; è incivile. Naturalmente in questo contesto è possibile che che ci sia una relativa armonia, ma sarà solo apparente e alla fin fine sarà sempre dettata dall’interesse dei singoli».

L’ultimo caso ad avere ricevuto attenzione all’estero è stato quello di Chen Guangcheng, l’attivista cieco fuggito negli Stati Uniti e divenuto un nuovo simbolo della lotta per la democratizzazione cinese. Sia Zuola sia Laohu miao hanno sostenuto la sua scelta di abbandonare la Cina, erano entrambi convinti che la sua incolumità fosse ormai a rischio.

Secondo Zuola «un cinese con degli ideali può trovare il modo per mettersi al servizio della società anche in Cina, basta pensare al lavoro delle ong. Ma se la sua sicurezza dovesse essere messa a rischio come è successo a Chen Guangcheng, spero anch’io che possa lasciare la Cina». 

«Ho seguito e supportato Chen Guangcheng. Quando a essere in pericolo è la sua vita e i principi morali dell’uomo, perché attaccare l’individuo Chen Guangcheng? Il suo corpo non è il proiettile della nostra lotta per una società democratica, che quando lo spari hai un colpo in meno e finisce lì, anche se non hai raggiunto l’effetto sperato. Ciò che dobbiamo proteggere e imparare da lui è il suo spirito. Poi non è importante se sta in Cina o in America […]», aggiunge Laohu miao.

Il web e la libertà d’espressione
Dalla prima metà degli anni Zero, internet ha offerto nuove possibilità per aggirare la censura, garantendo dei margini di espressione e di critica. Secondo Zuola il nuovo millennio è stato contraddistinto dall’avvicinamento e dalla partecipazione delle persone alla vita pubblica, un fenomeno in cui internet ha avuto un ruolo essenziale.

A suo dire però c’è un primo limite negli stessi utenti della rete: «non credo che in Cina esista una comunità di internauti, molte persone non sono ancora pronte per un confronto, non vanno in cerca di un punto d’incontro, non sono nemmeno in grado di mantenere un basilare decoro in pubblico. Per questo ancora oggi non esiste un’organizzazione efficace».

Come evidenzia Laohumiao, due dei principali fenomeni che  hanno favorito la libera diffusione di idee grazie alla rete sono stati i blog e i microblog: «internet non è più un fenomeno puramente tecnologico, ma è diventato uno strumento di espressione della gente comune in un paese dove non è ammessa libertà di parola […]. In rete girano sempre nuovi “trucchetti”, che talvolta colgono impreparate le autorità di questo paese. Una delle principali novità che ho vissuto è quella della nascita del “popolo dei bloger”, più o meno nel 2005.

Molti cinesi che non erano abituati a scrivere o erano impacciati per la complessità dei caratteri, all’improvviso hanno cominciato a usare il cinese per esprimersi. Sono iniziati a piovere attacchi da tutti i lati all’interno di un sistema autocratico, spingendo cinesi privi di speranze ad aderire al movimento popolare di tutela dei diritti attraverso il web. Se dovessi indicare un altro cambiamento, direi l’uso che recentemente è stato fatto dei microblog, per monitorare il governo e denunciare i casi di corruzione della burocrazia. È una realtà ancora in via di sviluppo, un’iniezione di felicità e speranza».

Tuttavia la situazione resta complessa. Fattori come la censura o la competizione tra diversi poli di potere prevengono la completa diffusione di notizie ritenute sensibili. Ma Laohumiao non esita a definire la rete uno spazio relativamente libero, riconosce allo stesso tempo che chi cerca di diffondere verità non ammissibili deve muoversi in un equilibrio precario, come in una partita di scacchi.

La partita si svolge nel campo della tecnologia, per cui non è detto che sia sempre il governo a mettere in scacco gli attivisti, ma resta lo scontro tra governo e popolazione. «Se il governo continua a non essere abbastanza aperto da recepire le opinioni dei più deboli, per migliorare e razionalizzare il sistema –inclusa la riforma del sistema politico- la spinta dal basso verso l’alto persisterà ancora a lungo».

Non esiste un modo reale per evitare di attirare la censura, ma Zuola rientra a tutti gli effetti tra quegli esperti di “trucchetti” citati da Laohumiao. «Nella mia esperienza, in Cina se esprimi un’opinione su un fatto concreto, o apri una discussione su un’incidente senza criticare o offenderei funzionari locali… se non provi a unire persone ed esprimi solo il tuo punto di vista, allora dovresti essere al sicuro. Se invece ti schieri contro un funzionario locale o provi a organizzare delle persone, vai incontro alla rieducazione o vieni condannato per sovversione».

[Su Caratteri Cinesi la traduzione di un post di Zuola in cui racconta com’è stato difficile partecipare alla prima mondiale del film. Al Tribeka Film Festival di New York]