Calcio, nazionale a pagamento

In by Simone

Pagare fino a 200 mila yuan, circa 20 mila euro, per giocare nella nazionale di calcio cinese. Circa la metà per partecipare a raduni in cui mettersi in mostra. Pagare, per vedere salire le proprie quotazioni, il proprio stipendio presso le squadre di club e agguantare qualche comparsata pubblicitaria o uno sponsor in più. Altro che Gea e Calciopoli nostrane: per il calcio cinese si preannuncia un futuro incerto e colmo di vergogna. Dopo lo scandalo delle scommesse che ha tirato in mezzo tutto il mondo professionistico del football locale (con promozioni e retrocessioni comprate e rivendute, scommesse con arbitri, giocatori e allenatori coinvolti) è arrivato anche il momento dei massimi dirigenti nazionali.

Anima nera. Il vero boss sarebbe Nan Yong, a capo della Chinese Football Association, arrestato insieme ad altri due alti funzionari della federazione, il 15 gennaio scorso. Perfino il serioso Quotidiano del Popolo oggi gli dedica un articolo: Nan Yong, 47 anni, è già stato licenziato: su di lui pesa il sospetto di essersi accaparrato parte dei soldi provenienti dalla britannica Iphox, uno dei vecchi sponsor del campionato di calcio cinese. Non solo: se in Italia un ex ministro, Beppe Pisanu, chiamò Moggi per chiedere qualche favore per aiutare la sua squadra, la Torres, in Cina per salire di categoria, alla telefonata doveva fare seguito una mazzetta non da poco. Nan Yong infatti – come riporta una fonte citata dall’Oriental Morning Post – è anche accusato di avere preso una tangente di 500 mila yuan, circa 50 mila euro, solo per assicurare una promozione ad un club del nord, che infatti è salito di categoria. La cosa più grave, però, visto il misero destino della nazionale sospesa al posto numero 93 della lista mondiale della Fifa, è quella circolata dopo il suo interrogatorio, ovvero l’esistenza di un listino prezzi per guadagnarsi un posto nella nazionale di calcio. Un’onta che non migliorerà lo scarso credito dei calciatori nazionali presso il pubblico di calciofili cinesi, visti anche gli alti ingaggi dei calciatori e le prestazioni poco degne offerte sul manto erboso. Lang Xiaonong, della federazione calcistica cinese, ha provato a spiegare le ragioni al Quotidiano del Popolo: «un esiguo numero di funzionari di alto livello prendeva tutte le decisioni, determinando il destino di questo sport. Il problema è una mancanza di democrazia nel processo decisionale, così come di controlli all’operato dei vertici».

Scommesse e arbitri. Si tratta di una nuova puntata dello scandalo calcistico che sta mettendo in ginocchio uno degli sport più popolari in Cina (non a caso l’ultima Supercoppa italiana si è svolta a Pechino). Una bolla scoppiata qualche mese fa, con l’arresto della banda dei quattro in versione calcistica: Wang Xin, Wang Po, Ding Zhe e Yang Xu i grandi burattinai dei match truccati, degli arbitri comprati e delle ottime scommesse su siti esteri che si sono abbattuti sul calcio cinese. Le squadre si accordavano per il risultato finale, scommettevano su siti stranieri e se l’accordo tra giocatori e dirigenti rischiava di saltare, bastava comprarsi un arbitro.

«Un arbitro costa circa 7 mila dollari», aveva sentenziato Song Weiping, uno dei proprietari di un team di calcio cinese. Secondo lui nove arbitri su dieci del campionato sono corrotti. «E se non li paghi tu, li pagano gli altri». Il boss dell’intera faccenda è Wang Xin, ex calciatore e successivamente dirigente di un club di calcio. Da Singapore, dove era ricercato addirittura dall’Interpol, manovrava tutti gli affari. In totale furono 16 le persone arrestate, mentre gli ultimi ad essere stati toccati dalla vicenda furono addirittura sei calciatori della nazionale cinese.
All’epoca i giocatori, al termine degli interrogatori, dissero ai giornalisti di avere risposto alle domande dei poliziotti circa la situazione generale del calcio cinese. Vista la scoperta del listino prezzi per la convocazione in nazionale, è plausibile pensare a ben altro tenore di domande.

Il Partito. Si tratta di uno scandalo che ha scosso anche i vertici della politica cinese: perfino il Presidente Hu Jintao e quello che viene indicato come il principale candidato per succedergli, Xi Jinping, sono intervenuti chiedendo due cose soltanto: eliminare le mele marce e portare la nazionale ai mondiali del 2014. Non sono più ammessi fallimenti.

Ieri Liu Peng, ministro dello sport cinese, si è espresso in modo drastico sull’attività giudiziaria che pare non risparmiare nessuno: «dobbiamo mantenere una ferma volontà di combattere la corruzione nel calcio e regolare definitivamente questo sport. Non avremo nessuna pietà per chi viola la legge attraverso la manipolazione delle partite e le scommesse».

[anche su repubblica.it]