Baidu, il google cinese, è finito in tribunale per violazione del copyright. Nel 2011 l’Unione degli scrittori aveva prima protestato e poi fatto causa all’azienda per la diffusione di materiale protetto. Ieri Baidu è stata dichiarata colpevole. Ma se la caverà pagando solo un quinto di quanto richiesto dagli autori.Baidu, il motore di ricerca della Repubblica popolare diretto concorrente di Google è stato costretto da un tribunale cinese a pagare la somma di 145mila yuan (oltre 17mila euro) a sette scrittori per aver pubblicato materiale protetto da copyright.
Baidu, il cui nome è una citazione di una poesia classica di epoca Song che descrive la ricerca spasmodica di un giovane per la sua bella (“L’ho cercata centinaia di volte – in cinese "baidu"– tra la folla. Mi sono voltato ed era lì, alla fioca luce di una candela”), è un colosso dell’economia cinese.
È stato fondato nel 2000 ed è attualmente attivo in Cina, Giappone, Tailandia, Egitto e India ed stata la prima azienda cinese ad essere inserita ai primi cento posti dell’indice Nasdaq. Nel 2011 ha fatto profitti per 800milioni di euro, è utilizzato per il 76 delle ricerche online all’interno della Repubblica popolare
L’anno scorso il famoso blogger rallista Han Han si era unito a diversi scrittori cinesi nell’Unione degli scrittori proprio per combattere la diffusione di materiale protetto da copyright online.
Nel marzo 2011 le critiche di 40 scrittori avevano spinto il co-fondatore di Baidu Robin Li a dichiarare che avrebbe chiuso il sito in caso di problemi con gli editori. Di fatto, si era scusato e aveva ignorato il problema.
L’Unione degli scrittori aveva quindi risposto dal suo account microblog su Sina Weibo spiegando che Baidu non avrebbe risposto alle sue denunce sulle violazioni fino a quando non si era arrivati a citare in giudizio l’azienda, accusata formalmente da tredici scrittori. Era il settembre del 2011.
Ieri il tribunale si è pronunciato e l’Unione degli scrittori ha dichiarato che, pur avendo accolto con favore la sentenza, l’importo assegnato era molto meno rispetto a quello che gli autori costituitesi parte lesa avrebbero conseguito dalla vendita tradizionale dei libri.
"Questo dimostra chiaramente l’esistenza di un problema", ha scritto l’organizzazione in un comunicato "attualmente le leggi sulla violazione del copyright online non sono interessate ad impedire l’uso della rete per diffondere illegalmente materiale protetto da copyright."
Il caso, che comprendeva il popolare blogger Han Han e lo scrittore Hao Qun, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Murong Xuecun, è stato ampiamente discusso.
Ma il risultato legale evidenzia che i loro sforzi hanno avuto un impatto minimo sul modo in cui vengono gestiti i casi di copyright e che artisti e aziende che raccolgono contenuti online devono ancora trovare un equilibrio per controllare la condivisione di contenuti pirati. Un fenomeno dilagante sul web cinese.
Baidu, il google cinese, dovrà quindi pagare 145mila yuan per i tre scrittori a fronte dei 760mila per cui li aveva denunciati il solo Han Han. La corte ha inoltre respinto altre richieste degli scrittori, tra cui quella che Baidu chiudesse l’applicazione per la condivisione di documenti, nota come Baidu Wenku, simile a Google Documenti.
Wang Guohua, il legale di Han Han intervistato dal Global Times, ha dichiarato che gli scrittori non hanno ancora deciso se ricorrere o meno in appello. In ogni caso, ha sottolineato, il risultato probabilmente non si discosterebbe troppo da quello già raggiunto.
Baidu ha strenuamente difeso la sua piattaforma di condivisione dei documenti Wenku, affermando che è nata per permettere agli utenti di archiviare i propri documenti e che quindi non sarebbe responsabile se gli stessi utenti vi ci archiviano e condividono materiale protetto da copyright.
Kaiser Kuo, il portavoce dell’azienda, ha affermato che Baidu "rinnova il suo impegno a proteggere la proprietà intellettuale", e ha aggiunto che dall’anno scorso, quando hanno cominciato a ricevere i reclami degli scrittori, l’azienda ha eliminato più di due milioni di file e ha avviato un sistema per verificare se il materiale pubblicato nel portale è protetto dai diritti d’autore. Nella parte superiore della pagina è poi comparso un bottone che permette agli utenti di segnalare “la pubblicazione illegale di materiale protetto da copyright”.
Liu Wenjie, un esperto di diritti di autore intervistato dal Global Times, ha affermato che ci vorrà del tempo prima per stroncare la cultura delle copie pirata in Cina, ma che “l’ideale sarebbe far pagare per ogni downoload, in modo che sia gli scrittori sia le aziende che gestiscono contenuti online possano accordarsi prima di far intervenire i tribunali.”
[Scritto per Lettera43; foto credits: china.org.cn ]