Avatar, il Qi e la materia

In by Simone

In effetti James Cameron lo aveva anche confermato in conferenza stampa ai giornalisti cinesi: in Avatar qualcosa di cinese c’è. Da quando il film è nelle sale cinesi, sul web si rincorrono articoli di apprezzamento per il lavoro del regista americano, chi lamenta il costo altissimo della produzione, chi elogia la nuova frontiera del fantasy affidata alla tecnologia e chi con estrema accuratezza cerca e trova in Avatar alcune caratteristiche cinesi.

In Avatar l’essere umano è giunto ad una nuova frontiera, decide di colonizzare un altro pianeta per la presenza di un materiale raro e con un altissimo valore di mercato. Il genere umano deve affrontare quindi gli abitanti di Pandora, I Navi, che lottano, per non vedere se stessi e il loro mondo distrutti.

Pandora e le sue innumerevoli forme di vita sono indissolubilmente correlati. Tra le bestie feroci da fuggire o da addomesticare, gli spiriti luminosi da rispettare e gli alberi della vita, a cui tutto si deve, c’è un sottile legame che accomuna tutto quanto. Il microcosmo e il macrocosmo fondano un’unica biospiritualità dove l’essere umano o il Navi sono solo una delle tante forme di rappresentazione corporea di una medesima forza vitale.

Qui, l’occhio orientale si ferma e assapora quel tocco taoista a cui la New Age Americana dagli anni novanta ha sempre porto il fianco. Quel Qi di cui hanno discorso molti pensatori cinesi, che siano confuciani o taoisti: è la forza vitale che sostiene ciò che ha vita. Dalla sua dispersione l’organismo muore e dalla sua concentrazione la vita prende forma e si rigenera.

E’ riduttivo ricondurre la filosofia taoista a questo punto in comune? Non importa, sembrano dire gli articoli on line, ciò che conta è che si parli di Cina e ci sia un po’ di Cina anche tra i frames di Avatar. 

In Douban, popolare sito cinese, il film diventa un ottimo pretesto per affermare: “Il dolore è che nella Cina di oggi tutto quello che c’era lo abbiamo distrutto noi, meglio Pandora, oggi possiamo solo rimanere in piedi, soli sotto un’orizzonte rosso pallido, calmi e composti.” Continua analizzando il problema dell’espropriazione della terra e della casa in Cina.

Il tema dell’espropriazione in Avatar è presente, in riferimento alla vita stessa del pianeta legata alle creature fantastiche che lo popolano, ma il paragone con la Cina persiste. Sul web viene affrontato l’argomento delle minoranze etniche tibetane o uighure costrette a lasciare le proprie case per una nuova infrastruttura adatta alla Cina del ventunesimo secolo, e si scrive del fenomeno delle cosiddette “case chiodo”, abitazioni che non vengono lasciate dai proprietari prima dell’abbattimento imminente da parte delle compagnie di costruzione.

Con l’amaro in bocca, un articolo su Ifeng afferma: “il pubblico cinese subisce il fascino della rabbia provata dall’espropriazione…e tutto questo conferma che siamo senza speranza”.

I discorsi si intrecciano sul web, convogliando la tradizione millenaria cinese con i problemi della Cina contemporanea, e a questo punto sembrerebbe che il governo se ne sia accorto e cominci a scrollare le spalle.
Con abile mossa viene deciso ieri di limitare la programmazione di Avatar alle sole sale cinematografiche in 3D e dare spazio al nuovo film su Confucio prossimo nelle sale. Che sia mostrata nelle sale cinesi la vera tradizione cinese, personificata in Confucio, d’altronde speculare su tutti quegli argomenti, a cosa serve? Lo stesso Cameron aveva fatto riferimento alla Cina nella produzione di Avatar, ma solo per la ricostruzione della montagna sacra basata proprio sulla montagna cinese Huangshan. Di altro davvero non c’è traccia, sembrerebbe bofonchiare il governo.