Prendete il fratello di un capo di Stato di un paese dell’Est Europa, collegatelo ad un paese asiatico, aggiungete un buon quantitativo di armi e un paese africano nel quale smerciarle. Sembrerebbe la trama di un film hollywoodiano, in realtà è la storia di punta raccontata dal settimanale taiwanese Next Magazine. Una notizia bomba quella raccontata dalla rivista di Taipei, secondo la quale Mircea Basescu (nella foto), fratello del presidente rumeno Traian Basescu sarebbe coinvolto in un traffico internazionale di armi made in Taiwan, in dotazione all’esercito dell’isola poi rivendute ai militanti di Hezbollah in Libano e al Fronte di liberazione dell’Enclave di Cabinda in Angola.
Oltre 8000 tonnellate tra granate, munizioni e mine che, ormai obsolete, sarebbero dovute essere distrutte in Bulgaria da una ditta di Singapore, la Explomo Technical Services. Ma, a quanto riportano i media, la destinazione finale degli armamenti è stata ben diversa.
«Non ci sono prove a sostegno di questa notizia – afferma il portavoce del ministro della Difesa, Yu Sy-tue – tuttavia faremo nuovi controlli e chiederemo di essere risarciti se ulteriori indagini porteranno nuove rivelazioni». E mentre da Bucarest arriva una secca smentita da parte del presidente Basescu e di suo fratello, Taipei dichiara di avere supervisionato sin dal mese di maggio la distruzione degli armamenti che, spiegano dal ministero della Difesa, è stata completata ad agosto.
In tutta la faccenda una sola cosa è chiara. Per la seconda volta in pochi mesi Taiwan si trova coinvolta in loschi affari riguardanti il traffico di armi. Lo scorso dicembre, infatti, era circolata la notizia, pubblicata dal quotidiano britannico Daily Telegraph, circa un possibile coinvolgimento di alcune aziende taiwanesi nella vendita di tecnologia nucleare all’Iran, sospettato dall’Occidente di costruire armi atomiche.