Asia Files: Sri Lanka al Consiglio per i diritti umani dell’Onu

In Uncategorized by Simone

E’ in corso a Ginevra una riunione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu. Sono in molti a credere che tra gli argomenti in discussione troverà spazio anche la questione delle grosse violazioni commesse in Sri Lanka durante la guerra civile del 2009. La questione è stata archiviata dal Consiglio ma molti gruppi per i diritti umani non hanno mai smesso di fare pressioni per riaprire le indagini.
Crescono le pressioni sul Consiglio per i diritti umani dell’Onu per l’apertura di un’inchiesta internazionale indipendente in grado di fare piena luce sulle “gross violation” commesse durante la fase finale della guerra civile in Sri Lanka. Sebbene non contemplata nell’agenda ufficiale della sessione del Consiglio in corso a Ginevra, la questione delle violazioni di cui si sono resi responsabili l’esercito governativo da un lato e le truppe delle Tigri tamil dall’altro agita già da alcuni giorni gli incontri a latere della riunione e sono in molti a credere che il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon non potrà esimersi dal sollevare un problema che per troppo tempo la comunità internazionale ha voluto ignorare.

Il conflitto che per oltre un quarto di secolo ha visto il gruppo separatista dell’Ltte (Liberation tigers of Tamil Eelam, meglio note come Tigri tamil) combattere contro il governo di Colombo per dar vita a uno Stato indipendente nel nord e nell’est dell’isola è stato uno dei più sanguinosi che l’Asia abbia conosciuto nella sua storia recente. Si stima che negli anni compresi tra l’inizio delle ostilità, nel 1983, e la loro conclusione, nel maggio del 2009, siano state oltre 100mila le vittime, la maggior parte delle quali appartenenti alla minoranza tamil, vessata non solo dalle forze dell’esercito regolare, ma anche dalle stesse Tigri, impegnate a portare avanti una guerriglia che non ha mai trovato appoggio da parte della popolazione. Particolarmente cruenta è stata la fase finale delle ostilità, iniziata con la grande offensiva del novembre del 2008, che portò le forze governative a espugnare la roccaforte avversaria di Kilinochchi e a conquistare l’intera penisola di Jaffna, da sempre sotto il controllo dei ribelli. In quei mesi, secondo i dati dell’Onu, i morti furono più di 40mila, la maggior parte dei quali semplici civili. Nonostante i numerosi appelli lanciati dalle organizzazioni per i diritti umani presenti sull’isola, la comunità internazionale non mosse un dito per fermare la carneficina.

È stata proprio la grande eco che questa strage destò nell’opinione pubblica di tutto il mondo a spingere le Nazioni unite a ordinare un’indagine sui crimini commessi durante il conflitto. L’inchiesta è stata affidata da Ban Ki-moon a un panel di esperti, che ha presentato le sue conclusioni nell’aprile del 2010. Il rapporto dell’Onu ha confermato che decine di migliaia di civili sono stati uccisi nel nord dello Sri Lanka dal gennaio al maggio del 2009 e che le forze governative hanno bombardato consapevolmente le aree in cui avevano spinto i civili a ripararsi, colpendo deliberatamente centri di accoglienza, ospedali e operatori umanitari. Non solo: secondo il dossier il governo di Colombo ha minimizzato il numero delle persone rimaste intrappolate nelle zone di conflitto e le ha private degli aiuti umanitari, compresi cibo e medicinali. Colpe altrettanto gravi sono emerse a carico delle Tigri tamil, responsabili dell’arruolamento coatto di bambini e dell’utilizzo della popolazione inerme come scudo umano.

A fronte delle evidenze emerse, contestualmente alla presentazione delle loro conclusioni gli esperti dell’Onu raccomandarono l’avvio di un’inchiesta approfondita sui crimini commessi da entrambe le fazioni in lotta durante la guerra civile. Ma nonostante la gravità degli atti commessi costituisse, come si legge nel documento, «un serio attacco all’intero sistema del diritto internazionale creato per proteggere la dignità individuale sia in tempo di guerra che di pace», Ban Ki-moon accolse il rapporto sottolineando di non avere l’autorità per ordinare un’inchiesta internazionale. Una presa di posizione duramente criticata da gruppi e associazioni per i diritti umani di tutto il mondo.

Quegli attivisti sono tornati adesso a chiedere al Consiglio Onu dei diritti umani l’avvio immediato di un’indagine, sottolineando la totale impunità di cui i responsabili dei crimini commessi continuano a godere e la totale inefficacia della commissione d’inchiesta interna costituita per ordine del presidente srilankese Mahinada Rajapaksa, “il grande pacificatore” del Paese, colui che ordinò di scatenare l’offensiva finale contro le Tigri. «Quando un gruppo di esperti delle Nazioni unite conclude fino a 40mila civili hanno perso la vita a causa di un conflitto di cui non sono ancora stati accertati i responsabili, il Consiglio dei diritti umani dovrebbe sentirsi obbligato a prendere immediati provvedimenti», ha dichiarato Brad Adams, direttore per l’Asia di Human rights watch. «Il Consiglio dovrebbe ordinare immediatamente un’approfondita indagine. Non farlo significherebbe sottrarsi vergognosamente alle proprie responsabilità». Anche Amnesty international punta il dito contro l’immobilità dell’Onu. «È ormai tempo che il Consiglio faccia il possibile per individuare i responsabili dei crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Sri Lanka», ha accusato Sam Zarifi, responsabile dell’area Asia-Pacifico dell’organizzazione. «Le miglia di vittime della guerra hanno aspettato abbastanza». Malgrado le forti pressioni internazionali, però, non è detto che il Consiglio riesca effettivamente ad adottare decisioni concrete. Il rischio è che il presidente Rajapaksa utilizzi i legami con i suoi alleati asiatici, Cina in primo luogo, per bloccare ogni iniziativa dell’Onu. Una storia già vista ma che, nonostante il l’annoso dibattito internazionale sulla riforma delle Nazioni unite, continua a ripetersi con grottesca puntualità.

*Paolo Tosatti -Laureato in Scienze politiche all’università “La Sapienza” di Roma, dove ha anche conseguito un master in Diritto internazionale, ha studiato giornalismo alla Fondazione internazionale Lelio Basso. Lavora come giornalista nel quotidiano Terra e per il settimanale Left-Avvenimenti.

[Photo credit: Amnesty International]