Grazie ai contributi ricavati da una campagna di crowdfunding, presto vedrà le stampe il primo fumetto dedicato a un "supereroe" di fede sikh. Supersikh, al secolo Deep Singh, è un agente segreto che combatte l’oscurantismo talebano. Una storia a fumetti per contrastare la discriminazione subìta dai fedeli della quinta religione al mondo, spesso scambiati – per ignoranza – per talebani.
«Vi siete mai chiesti perché non esiste un supereroe Sikh? Non è forse arrivata l’ora di vedere un eroe in turbante? Per secoli i Sikh sono stati dalla parte dell’uguaglianza, della giustizia e della vita virtuosa».
Con queste parole si apre la sezione About us del sito di un curioso fumetto che uscirà a breve: Supersikh, le avventure di un gagliardo agente segreto Sikh che ha come missione l’annientamento di non meglio specificati Talebani, guidati dal sanguinario Salar Al Amok.
L’idea nasce dall’immaginazione della scrittrice statunitense di fumetti Eileen Alden e di Supreet Singh Manchanda, sikh e fervente amante del genere. L’eroe, Deep Singh, è frutto della matita dell’illustratore di Delhi Amit Tayal (che in realtà lavora solo su Mac n Cintiq, una sorta di tablet per illustratori). Il progetto, lanciato sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter (la tamarra presentazione merita i tre minuti) ha ricevuto donazioni per oltre 22 mila dollari in un mese, indiscutibilmente un ottimo risultato.
L’idea, in effetti, è decisamente azzeccata: si rivolge ad una comunità, quella Sikh, piuttosto identitaria e benestante e prontissima ad accogliere con favore l’idea di un eroe dal turbante, campione della libertà e nemico della ferocia talebana.
Il primo numero è ancora in laboratorio e per ora è possibile godere solo di una piccolo assaggio: quattro pagine per la prima azione eroica di Deep Singh. La scena si apre con un’immagine del nostro eroe – belloccio, fisicato, sulla quarantina, occhiali a goccia e giacca di pelle chiara – che a bordo di un fuoristrada rosso (o forse fucsia, non si capisce bene) viaggia verso la sua prossima avventura.
In secondo piano, una piccola nuvoletta ritrae l’anziana madre preoccupata per le sorti del figliolo, sempre così impegnato a salvare le persone da non riuscire a stabilizzarsi e sposarsi. La trovata è simpatica, lo ammetto: un’ironica presa in giro della assillante – e reale – preoccupazione delle madri indiane rispetto alla vita matrimoniale dei figli.
Torniamo al fumetto. Supersikh è diretto verso un luogo in cui un manipolo di talebani cattivi, capeggiati da un uomo con turbante, benda sull’occhio destro e cicatrice – chiaro rimando al Mullah Omar – stanno per bruciare una montagna di libri di fronte a donne e bambine. La frase ad effetto del nemico non manca, cito: «Le donne non dovrebbero riempirsi la testa con numeri e letture».
Il malvagio si rivolge poi a suoi sodali incitandoli a bruciare i libri («fate che brucino», testuali parole), ma un pronto colpo sparato dal bazooka dell’agente segreto Singh mette fine alle brutalità. Le bambine rientrano a scuola e una di loro regala un ritratto al nostro eroe che, sorridendo le dice: «Un giorno sarai una grande artista, non perdere mai la speranza». Il duro dal cuore tenero e turbante risale in macchina e si allontana tra i saluti al ritmo di Blue Suede Shoes di Elvis Presley. Del resto lui «ama Elvis e odia i cattivi», recita la presentazione.
Gli ingredienti per un fumettone all’americana ci sono tutti: eroe, mamma dell’eroe, l’antieroe nemico e i suoi scangnozzi. Tutti personaggi, almeno a giudicare dall’intorduzione, netti e definiti. Il cattivo è disumano al massimo, impossibile empatizzare.
In un’intervista pubblicata alcuni giorni fa sul Guardian, Manchanda ci tiene a sottolineare che la scelta del nemico talebano «non ha nulla a che vedere con l’Islam ma ha a che vedere con dei pazzi che non sono capaci di comportarsi secondo valori normali». A dire del fondatore, la scelta di un nemico di questo tipo sembra essere dovuta al timore che le persone comuni, a causa del turbante e della barba, possano confondere i Sikh con degli estremisti islamici. La sezione About us del sito non manca di sottolineare che: «La religione Sikh è la quinta al mondo, conta venti milioni di fedeli e non è connessa all’estremismo islamico».
Non c’è che dire, anche la scelta del nemico è un bel colpo commerciale: quale miglior momento per lanciare un fumetto in cui i cattivi sono barbuti talebani dal turbante?
Supersikh però non è un supereroe tradizionale: non ha superpoteri. Niente mutazioni, capacità psichiche, abilità di volo e quant‘altro; niente di niente. La scelta è consapevole: «È allenato, istruito e multiculturale. Potresti essere tu, e questo è il messaggio», ha detto Manchanda sempre al Guardian.
L’idea di un eroe in turbante, forse futuro riferimento dell’immaginario dei molti figli della diaspora Sikh, ha anche a che vedere con l’integrazione e con il bullismo, secondo quanto dichiarato da Eileen Alden. L’autrice, diventata sikh a seguito delle ricerche per il fumetto, è madre di figli meticci che spesso subiscono discriminazioni. Anche qui ci viene in aiuto la sezione About us che ci informa come «per esempio, negli Stati Uniti i bambini sikh subiscano il doppio degli episodi di bullismo rispetto agli altri».
Per ora il progetto è di tradurre il fumetto in spagnolo, cinese mandarino e hindi. Non ci resta che aspettare che gli autori si rendano conto che in Italia la comunità Sikh è una tra le più numerose e radicate d’Europa per godere anche noi di tale prodezza fumettistica.
[Pubblicato sul blog Impicci; foto credit: nterestin.com]
* Daniele Pagani (@paganida) laureato in Storia contemporanea all’Università degli Studi di Siena, vive a New Delhi dall’inizio del 2014 e ha concluso un internship presso il quotidiano nazionale The Hindu. Il suo blog è Impicci.