Angkor vista da un cinese. Nel XIII secolo

In by Simone

Zhou Daguan viene inviato in missione diplomatica nel Regno khmer dall’imperatore cinese. Tra il 1296 e il 1297 sarà ad Angkor Thom, ospite del re Shrindravarman. Le sue memorie sono l’unica testimonianza su Angkor nel suo massimo splendore, una fonte preziosa per lo studio e la comprensione dell’antica civiltà khmer. China Files ve ne regala un estratto (per gentile concessione della casa editrice O barra O).
Il palazzo reale, gli edifici pubblici e le dimore dei nobili sono tutti rivolti a est. Il palazzo reale si trova a nord della Torre d’Oro e del Ponte d’Oro; partendo dalla porta ha una circonferenza di cinque o sei li. Le tegole dell’appartamento principale sono in piombo; quelle degli altri palazzi sono d’argilla gialla. Gli architravi e le colonne sono enormi, tutti scolpiti e dipinti con figure di Buddha. I tetti sono imponenti. Le lunghe verande, i corridoi coperti si slanciano e si aggrovigliano non senza una certa armonia.

Dove il re lavora vi è una finestra d’oro; a destra e a sinistra del telaio, su colonnine quadrate, ci sono da quaranta a cinquanta specchi disposti ai lati della finestra, la cui base è a forma d’elefante. Ho sentito dire che all’interno del palazzo ci sono angoli meravigliosi, ma i controlli sono molto severi e mi è stato impossibile vederli.

La notte, il re si ritira in cima alla Torre d’Oro, all’interno del palazzo (Phimeneakas). Gli indigeni pensano che nella torre vi sia un genio dall’aspetto di serpente a nove teste, padrone della terra del regno. Questo genio apparirebbe tutte le notti sotto forma di donna. Il re giace e si unisce con lei. Neppure le mogli del re osano entrare. Il sovrano esce alla seconda veglia, e allora può giacere con le sue mogli e concubine. Se una notte il genio non apparisse, significherebbe che per il re barbaro è arrivato il momento della morte; e se il sovrano saltasse una sola notte, gli capiterebbe subito una disgrazia.

Le abitazioni dei principi e dei grandi dignitari hanno una disposizione e una dimensione completamente diverse da quelle del popolo. Le case periferiche sono ricoperte di stoppia, mentre il tempio di famiglia e l’appartamento principale possono essere coperti con tegole. Il rango ufficiale di ciascuno determina le dimensioni dell’abitazione. Il popolo ricopre [i tetti] con la stoppia e nessuno oserebbe porre sulla propria casa il più piccolo pezzo di tegola. Le dimensioni dipendono dalla ricchezza di ciascuno, ma nessuno imiterebbe mai la disposizione delle case dei nobili.

[…]

Quando in una famiglia nasce una bambina, il padre e la madre non mancano di fare questo augurio: “Possa tu negli anni a venire diventare la moglie di cento e mille mariti”. Un bonzo buddista o taoista viene incaricato di deflorare le ragazze delle famiglie ricche quando hanno fra i sette e i nove anni, quelle delle famiglie più povere quando ne hanno undici. Viene chiamato chen-t’an.

Ogni anno le autorità scelgono un giorno del mese che corrisponde alla quarta luna cinese e lo comunicano a tutto il paese. Ogni famiglia in cui vi è una giovane che deve subire il chen-t’an avverte per tempo le autorità e queste consegnano loro un cero su cui è stato fatto un segno. Nel giorno previsto, quando scende la notte, il cero viene acceso e quando è bruciato fino al segno vuol dire che è arrivato il momento del chen-t’an.

Un mese o quindici giorni prima della data fissata, il padre e la madre scelgono un monaco buddista o taoista, a seconda del luogo dove abitano. Nella maggior parte dei casi, buddisti e taoisti hanno ciascuno la propria clientela. I bonzi migliori che seguono la “via superiore” sono prenotati in anticipo dalle famiglie mandarinali e da quelle ricche, le povere non hanno la stessa possibilità di scelta.

Le famiglie mandarinali e quelle ricche offrono ai monaci vino, riso, stoffe, sete, areca, oggetti d’argento che possono valere quasi sino a cento picul, cioè da due a trecento once di moneta d’argento cinese. I regali meno preziosi vanno da trenta a quaranta, o da dieci a venti picul, a seconda delle disponibilità delle famiglie. Se le ragazze povere arrivano sino a undici anni per adempiere al rito è perché per loro è difficile provvedere a tutto. Ci sono persone che donano soldi per il chen-t’an delle ragazze povere, e questo si chiama “fare una buona azione”.

Un bonzo non può in realtà possedere più di una ragazza all’anno. E quando accetta di ricevere denaro non può impegnarsi con un’altra. La sera viene organizzato un grande banchetto, anche con la musica. Al momento giusto, parenti e vicini mettono fuori della porta di casa una pedana sulla quale dispongono figure umane e di animali in argilla, a volte più di dieci, a volte tre o quattro. I poveri non ne mettono alcuna. Riproducono soggetti dei tempi passati e vengono tolti dopo sette giorni.

Calata la sera, si va a prendere i monaci con portantine, parasoli e musica, e li si porta a casa. Vengono costruiti due padiglioni con sete di diversi colori. In uno si fa accomodare la ragazza, nell’altro si siede il monaco. Il suono della musica è talmente assordante che non si riesce a cogliere quello che esce dalle loro bocche, e in quella notte non c’è difesa dal rumore.

Ho sentito dire che, venuto il momento, il monaco entra nel padiglione della ragazza, la deflora con la mano e raccoglie “le primizie” nel vino. Si dice anche che il padre e la madre, i parenti e i vicini se ne cospargano la fronte o, addirittura, che lo bevano. Alcuni sostengono persino che il monaco si unisce di fatto alla ragazza, altri no. Siccome ai cinesi non è permesso essere testimoni di questi fatti, non si può sapere l’esatta verità.

Quando sta per spuntare il giorno i monaci vengono riaccompagnati, con portantine, parasoli e musica. Occorre poi riscattare la giovane dal monaco con offerte di stoffe e seta, altrimenti lei sarà per sempre di sua proprietà e non potrà sposare nessun altro. Quello cui ho assistito è accaduto la sesta notte della quarta luna dell’anno ting-yeou del periodo ta-työ (28 aprile 1297).

Prima di questo rito, padre, madre e figlia dormono nella stessa stanza, poi la figlia è esclusa dall’appartamento e va dove vuole, senza costrizioni e sorveglianza. Per quanto riguarda il matrimonio, benché ci sia l’usanza di regalare stoffe, si tratta di una formalità senza importanza. Molti hanno avuto rapporti illeciti con colei che poi sposeranno.

Ciò non è oggetto di vergogna, men che meno di stupore. La notte del chen-t’an possono esserci più di dieci famiglie, nella stessa via, che compiono la cerimonia; in città, quelli che precedono i bonzi o i taoisti si incrociano per strada. Non vi è angolo dove non si senta il suono della musica.

*Zhou Daguan (1266 – 1346) è stato un diplomatico cinese sotto l’imperatore Chengzong della dinastia Yuan. Non fu il primo e neanche l’ultimo rappresentante cinese a visitare la Cambogia. Ma il suo resoconto dettagliato è giunto fino a noi.