Inverno caldo, non solo nel Guangdong, ma in tante zone del paese si sono sviluppati da novembre ad oggi scioperi e proteste dei lavoratori. La crisi europea ha abbassato le esportazioni cinesi, bloccato molti ordini e portato tante aziende a riorganizzare la produzione, provando a trasferirsi in zone con il costo del lavoro più basso. Non si placano le proteste in Cina, anzi, gli scioperi aumentano: a fine mese centinaia di lavoratori in una fabbrica di elettronica a Taicang, Jiangsu, hanno scioperato contro il management giapponese che avrebbe insultato i lavoratori cinesi.
Ai primi di dicembre, gli autisti di autobus nelle province meridionali del Guangxi e di Hainan hanno inscenato proteste per bassi salari e la concorrenza sleale da parte di veicoli non autorizzati. Autisti hanno protestato anche ad Haikou lamentandosi dei bassi guadagni. Nella città costiera di Fangcheng, i conducenti hanno organizzato tre giorni di sciopero per protestare contro il fallimento del governo per reprimere i tanti “abusivi” per le strade. Il 28 e 30 novembre scorso, diverse centinaia di lavoratori hanno organizzato un sit-in di protesta all’ingresso di una fabbrica di proprietà dello Stato a Chengdu, capoluogo del Sichuan, in una disputa sulla distribuzione delle azioni derivanti dalla privatizzazione della società.
Poi è toccato a Shanghai, con una protesta ancora in corso: più di mille lavoratori sono in sciopero alla Hi-P International, fabbrica di elettronica singaporeana che ha annunciato di spostare la propria sede. Ieri – 5 dicembre – i lavoratori hanno comunicato di proseguire nelle forme di lotta, per il settimo giorno consecutivo, guadagnando l’attenzione della stampa locale.
Centinaia di lavoratori sono scesi in sciopero in una fabbrica di elettronica a Shanghai e la scorsa notte hanno promesso di continuare la loro protesta per il settimo giorno consecutivo, “dopo che i colloqui con il management di Singapore non hanno portato ad alcun risultato”, ha scritto la stampa cinese. I lavoratori, in maggioranza donne, hanno picchettato l’impianto internazionale nella zona est di Shanghai – la zona industriale – da mercoledì scorso per protestare contro i piani di trasferire la fabbrica alla periferia della città. “Abbiamo turni di lavoro lunghi, a volte più di 20 ore. Anche con un bus navetta aziendale, la nuova fabbrica significa un’ora e mezza di viaggio ogni giorno, quindi non avremo alcun tempo per riposare”, ha detto un operaio del Sichuan alla stampa locale. “Molti di noi – ha proseguito – hanno lavorato in questa fabbrica per molti anni, quindi dovremmo essere adeguatamente indennizzati, se vogliono tagliare i nostri contratti”.
“Ci dovete pagare, dovete darci i soldi”, avrebbero cantato la scorsa notte i lavoratori, quando un dirigente ha tentato di spiegare le modalità di trasporto per il nuovo sito. La disputa costituisce l’ultimo esempio di una ondata di scioperi che si svolge in alcune parti del paese e arriva poco la protesta degli addetti alla pulizia delle strade a Nanjing del mese scorso. Gli scioperanti hanno detto che più di mille lavoratori sarebbero stati coinvolti nello sciopero, ma il presidente della Hi-P , Yao Hsiao Tung ha detto ieri che solo “circa 200” su 4mila uomini, avrebbero partecipato alle proteste.
“Non abbiamo altra alternativa che spostare la fabbrica, dato che il governo ha deciso di cambiare questo zona trasformandola da area industriale a commerciale – ha detto Yao -ci dispiace che questa situazione sia sorta e vogliamo risolverla il più rapidamente possibile, rispettando la legge cinese”. Secondo fonti aziendali, il trasferimento dovrebbe essere effettuato a marzo: “se il personale non è disposto a passare al nuovo sito, allora siamo disposti ad aiutarli”, ha detto, senza aggiungere altre informazioni.