Alle origini del manga. Il reale e il soprannaturale

In by Gabriele Battaglia

Dietro i manga c’è una storia millenaria che lega tra loro forme d’arte e intrattenimento come gli emaki, i tradizionali dipinti su rotolo, i disegni satirici e gli spettacoli illustrati. Ma anche personaggi celebri: dal grande Hokusai, autore di alcune delle più conosciute stampe giapponesi, a uno dei padri del manga contemporaneo, Shigeru Mizuki, scomparso lo scorso 30 novembre 2015. La seconda parte della nostra traduzione.Leggi la prima parte

Arriviamo così nel 1814, anno di pubblicazione degli Hokusai manga di Hokusai Katsushita. I disegni dell’artista ebbero così tanto successo che furono pubblicati tutti in 15 volumi, l’ultimo dei quali uscì 30 anni dopo la sua morte. Ma siamo proprio sicuri che questo genere di lavori fossero manga come li intendiamo noi oggi?

Il carattere man nella parola manga significa in origine“senza vincoli”, “libero”. “Gli Hokusai manga sono infatti raccolte di schizzi che Hokusai faceva a tempo perso per i suoi discepoli e suoi seguaci, una sorta di diario. Non c’è una narrazione o qualche messaggio in particolare: erano in tutto e per tutto una forma di svago su carta. È bene quindi fare una distinzione netta tra quei “manga” e i manga per come li intendiamo noi”.

A partire dal periodo Meiji (1868-1912), il concetto di manga cambiò ancora. Iniziò ad essere associato con i punch-e (vignette satiriche) e gli yonkoma (una striscia a fumetti composta da 4 vignette disposte verticalmente). I primi erano ispirati alle vignette europee; i secondi alle strisce pubblicate sui quotidiani statunitensi.

È però all’inizio dell’epoca Shōwa (1926 – 1989) che la parola manga diventò di uso comune. In periodo Meiji – spiega Kan – si sono sviluppati tre stili che si ricollegano tutti al manga contemporaneo”.

Innanzituto gli yonkoma, ispirati alle illustrazioni satiriche a una vignetta (ichikoma), alle riviste e quotidiani europei e americani. “Per influenza della poesia cinese, in Giappone si tendeva a ragionare secondo una struttura quadripartita. Tuttavia, i cosiddetti yonkoma manga derivavano dalla tradizione culturale euro-americana”.

Poi arrivarono gli story manga. “A mio parere, i primi story manga giapponesi si ritrovano nei Manga manbun – lunghe storie con illustrazioni in stile manga – di Ippei Okamoto".

Gli emaki sono stati la prima tappa del nostro viaggio a ritroso nel manga. Alcune loro caratteristiche però – ad esempio la lettura che procede per scorrimento delle immagini – sono rimaste negli spettacoli illustrati o, in giapponese, kamishibai

Anche questa forma artistica, spiega Kan, “ha avuto un ruolo di grande importanza nel creare la cultura del manga. Se analizziamo un manga a partire dai kamishibai, ci possono venire in mente moltissimi punti in comune”.

Innanzitutto qualche cenno storico. All’inizio, i kamishibai erano spettacoli con bambole di carta: queste venivano animate con le mani dopo aver disegnato su dei fogli gli sfondi e le azioni dei personaggi. Con questa tecnica venivano messe in scena storie della letteratura classica cinese come il “Viaggio in Occidente”.

In periodo Meiji, i kamishibai venivano chiamati utsushi-e (lett.: immagini che a scorrimento) ed erano molto popolari tra i bambini.Ancora prima, in epoca Edo, alle bancarelle di dolci si tenevano spettacoli itineranti che attiravano molti bambini, con disegni, bambole o ancora con canzoni e danze. Credo che l’uso degli utsushi-e derivi proprio da qui”.

È solo qualche tmpo dopo, nel 1930, che si sviluppò il kamishibai nella sua forma definitiva, in cui viene narrata una storia mentre cartoncini illustrati vengono fatti scorrere all’interno di una cornice uno dopo l’altro, un po’ come fossero le scene di un film.

Un successo strepitoso nel genere prima della guerra è “Ōgon Bat”. L’omonimo protagonista compariva sulla scena accompagnato da una risata profonda, avvolto nel suo costume da scheletro. Questa sua stranezza e le sue imprese fantastiche catturavano l’attenzione dei bambini.

In questo periodo diventa molto famoso anche “Hakaba Kitarō” (Kitarō dei cimiteri). È la storia di un ragazzino dall’aspetto strano nato in una tomba, che sopravvive mangiando il cadavere della madre e che decide di vendicarsi degli assassini di lei. Per i contenuti forti dell’opera, la casa di produzione che ne acquista i diritti espande il suo business a Osaka e fa uscire diverse versioni della storia con alcune variazioni.

Così esce “Higeki Kekakiikii” che conserva nel titolo l’impatto sonoro dei kamishibai. l’artista Shigeru Mizuki pubblicherà poi il manga “Kokekakiikii, una serie di opere che lo porterà poi al suo capolavoro: Kitarō dei cimiteri,“Gegege no Kitarō

Fantascienza, giallo, horror: dal kamishibai hanno avuto origine molti generi di manga. I maestri che hanno dato un contributo fondamentale alla nascita del manga contemporaneo – Shigeru Mizuki, Sanpei Shirato , Gōseki Kojima – all’inizio erano autori di kamishibai. È un fatto risaputo: l’influenza di questo stile non si è mai ridotta. Negli anni Sessanta, sulla scia del successo dei kashihon manga (i manga a noleggio) i kamishibai perdono la loro attrattiva. Così molti autori del genere entrano nell’industria dei manga.

“Ci sono moltissime cose da raccontare – spiega Kan – della storia dei manga nel dopoguerra.  Basti pensare all’opera di Osamu Tezuka. Tuttavia, forse la parte più interessante inizia proprio con Shigeru Mizuki. I suoi demoni e fantasmi, infatti, sono stati disegnati traendo ispirazione dai lavori di Toriyama Sekien, un disegnatore di yōkan-e [storie illustrate di fantasmi, ndt] di Epoca Edo, o dalle storie dell’orrore raccontate dagli anziani.

"L’arte di Mizuki ha un elemento di folklore che gli viene dal suo legame profondo con il contesto naturale del Giappone: una tendenza che definirei “naturalismo” alla giapponese. Tezuka, invece, per me è l’autore di manga che più di tutti è riuscito a raggiungere vette altissime nella sua ricerca dell’originalità dal punto di vista dello stile. Si può dire quindi che il manga si sia sviluppato nel mezzo di queste due grandi correnti”.

In questo percorso alla riscoperta delle origini del manga un fatto sembra chiaro: gli emaki e le stampe, forme d’arte vicine all’estetica del manga, nascono come prodotto per adulti. Così vale anche per gli oko-e pensati per le classi intellettuali e così è per le illustrazioni satiriche dirette invece a un pubblico più vasto. La loro trasformazione in passatempo per bambini avviene solo in epoca Meiji con gli utsushi-e.

In Giappone non è raro incrociare sui treni qualche salaryman intento a leggere un fumetto. Questo genere di intrattenimento infatti non esisteva in Europa o in America. È normale quindi dare per scontato che i manga sono nati in Giappone. Eppure ha alle sue spalle una storia lunghissima. 

[Tradotto per Internazionale; foto credit: elcorso.es]