Ak47 contro i lavoratori cinesi in Angola

In by Simone

Non c’è pace per i lavoratori cinesi in Angola. A Luanda, capitale dello stato africano, si susseguono da mesi le rapine e le aggressioni contro la comunità cinese. Una situazione intollerabile per i lavoratori, che sempre più spesso decidono di abbandonare l’Africa e far ritorno a casa, creando non pochi problemi ai rapporti commerciali tra i due paesi.

«Aggressioni in stile mafioso» le definisce in un’intervista all’agenzia AFP Eddie Zhang, responsabile della Shanghai Urban Construction Group, l’impresa incaricata della costruzione del nuovo stadio di Luanda, uno dei bersagli delle violenze.«Non si tratta di normali rapine, sono pianificati, come gli attacchi mafiosi – continua Zhang – prima vengono in ricognizione, poi tornano con gli AK-47». Gli fa eco Xu Ning, presidente del Chinese Business Council di Luanda, per il quale quest’ultimo attacco è solo «la punta dell’iceberg». Rapine a mano armata, furti, stupri e altri generi di violenze contro la comunità cinese sono all’ordine del giorno, spiega Xu, ma la situazione sembra essere peggiorata negli ultimi mesi.

La lista degli attacchi è lunga. Tra i più cruenti l’aggressione lo scorso mese, nella periferia di Luanda, a tre lavoratori cinesi, prima derubati e poi ustionati con l’acqua bollente. O l’omicidio di un imprenditore a Vianna, uno dei distretti della capitale, ucciso per aver provato a resistere ad una rapina.

Il boom dei rapporti economici tra Cina e Africa ha intensificato, non senza problemi, l’afflusso di lavoratori cinesi nel Continente. Solo in Angola, il principale partner commerciale della Cina in Africa, la comunità cinese conterebbe oltre 50 mila immigrati, impiegati soprattutto nella costruzione delle infrastrutture: dalle ferrovie alle autostrade, dagli hotel e alle case.

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