Adesso tocca a Samsung

In Uncategorized by Gabriele Battaglia

Samsung e i suoi fornitori cinesi sfruttano i loro lavoratori. Lo rivela il China Labour Watch, osservatorio newyorchese sul lavoro in Cina. In particolare, sono stati riscontrati casi di lavoro minorile e straordinari forzati. Samsung ha dichiarato che rivedrà le sue politiche sul lavoro. L’ infinito duello con Apple passa anche da qui. La coreana Samsung è accusata di sfruttamento dei lavoratori. Un report di 122 pagine dell’autorevole China Labor Watch fa il punto della situazione su sei stabilimenti Samsung e su due dei suoi fornitori in Cina.

Non solo le misure di sicurezza – come ad esempio le tute protettive per i lavoratori – non sarebbero rispettate, ma i lavoratori sarebbero costretti a più di cento ore di straordinari al mese e sarebbero stati maltrattati fisicamente e verbalmente. E soprattutto, pesa l’accusa di impiego di lavoro minorile.

La Samsung Electronics è il più grande produttore di smartphone e cellulari del mondo. Anche per lei è arrivato il fatidico ‘momento Nike’. Ecco che, all’apice della sua visibilità mediatica, viene colpita sull’aspetto etico di produzione.

Dopo aver perso la causa con la Apple ed essere stata costretta a pagare una multa di più di un miliardo di dollari per aver violato i brevetti dell’azienda di Cupertino, è il China Labour Watch ad accusarla di sfruttare i suoi lavoratori in Cina.

Il China Labour Watch è un osservatorio permanente sul mondo del lavoro cinese fondato nel 2000 a New York dall’attivista cinese Li Quang. Tra maggio e agosto di quest’anno ha condotto un’inchiesta su otto fabbriche, sei propriamente Samsung più due fornitrici. A tutte e otto le fabbriche fanno riferimento un totale di oltre 20mila lavoratori che costruiscono cellulari, lettori dvd, schermi, impianti per aria condizionata e altri elettrodomestici o componentistica dell’universo Samsung.

Gli incaricati delle indagini sono entrati nelle fabbriche in questione sotto copertura e hanno condotto interviste agli stessi operai premurandosi di incontrarli in un posto lontano dal luogo di lavoro.

Il report di 122 pagine denuncia abusi che includono “oltre cento ore di straordinari per mese, ore/lavoro non pagate, operai costretti a turni di 11 o addirittura 12 ore di fila in piedi, impiego di lavoratoro minorile, discriminazioni di sesso e di età, mancanza di standard basici di sicurezza sul lavoro e maltrattamenti fisici e verbali dei lavoratori”.

Oltre a tutte queste mancanze documentate, il rapporto denuncia che la mancanza del rispetto dei diritti basilari dei lavoratori potrebbe essere estesa a tutta la rete cinese delle aziende Samsung e delle sue fornitrici.

Samsung ha risposto all’Associated Press che “potrebbero essersi verificate” violazioni delle politiche del lavoro a causa dei ritmi di produzione molto elevati e che provvederà a condurre indagini nelle 105 aziende cinesi che la riforniscono.

“Rivediamo spesso la linea di produzione sugli straordinari. Ora riconsidereremo le ore di lavoro”
, ha dichiarato al Guardian il portavoce della Samsung James Chung, secondo cui “in occasione del lancio di nuovi prodotti, l’elevata domanda da parte della clientela porta spesso a richiedere ore di straordinario a lavoro”.

L’azienda coreana nega invece completamente che si possa ricorrere nelle sue fabbriche al lavoro minorile verso cui afferma di avere una politica aziendale di “tolleranza zero” e afferma che è disposta a condurre ispezioni anche nelle altre 144 aziende fornitrici. Ove verrà riscontrata la violazione delle politiche del lavoro, Samsung ha dichiarato che rescinderà i contratti.

Nel mese di agosto il China Labor Watch aveva rilasciato un altro rapporto su un fornitore di Samsung – la HEG Electronics – sostenendo che quest’ultima impiegava lavoro minorile. Ma in quest’ultimo ha riscontrato che addirittura la maggioranza dei lavoratori impiegati nelle fabbriche oggetto di indagine ha meno di 18 anni (la legislazione cinese permette di lavorare dai 16 anni in su).

Il rapporto CLW denuncia addirittura che “la fabbrica SEHZ (Huizhou Samsung Electronics Co.) che impiega 10mila lavoratori ed è posseduta al 99 per cento direttamente da Samsung, impiega lavoratori minorenni, ma a questi ultimi modificano il nome presente sulla carta d’identità con quello di un lavoratore precedentemente assunto, creando così una facciata di legalità”.

Minorenni che entrano in fabbrica con documenti falsi sarebbero stati individuati anche nelle fabbriche Chaarmtech e SSKMT (Shenzhen Samsung Kejian Tecnology) aziende che lavorano nel campo della telefonia mobile e che Samsung possiede per il 60 per cento.

Un altro lato della questione messo in luce dal rapporto è che anche i fornitori Samsung sono tenuti a rispettare le leggi sul salario minimo, ma che il salario mensile era così basso (1310 rmb, poco più di 160 euro) che i lavoratori sono di fatto costretti a fare gli straordinari. “La dipendenza dagli straordinari è una caratteristica comune delle fabbriche oggetto dell’indagine” si legge sul rapporto.

In ultimo il China Labour Watch denuncia che “in quasi tutte le fabbriche mancava un canale efficace per le rimostranze dei lavoratori”. Ecco, il “momento Nike” della Apple – dopo un primo momento in cui l’azienda aveva tentato di negare e insabbiare – aveva portato l’ad Tim Cock a visitare le fabbriche Foxconn.

Queste ultime, nonostante siano ancora accusate di politiche sporche quali l’impiego di stagisti sottopagati con il placet dei governi locali, hanno alzato i salari e migliorato le condizioni dei lavoratori. Cosa farà adesso la sua diretta concorrente? 

[Scritto per il Fatto Quotidiano; foto credits: dailytech.com]