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4,5 miliardi di dollari per armi a Taipei Ma Biden «ammorbidisce» il testo

In Cina, Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

La Commissione esteri del Senato Usa approva il Taiwan Policy Act

Dopo le visite, le armi e le navi, ecco le leggi. Il dossier Taiwan non smette di creare tensioni tra Stati uniti e Cina. Poche ore prima dell’incontro fra Xi Jinping e Vladimir Putin a Samarcanda, Washington è andata in contropiede su Taipei, con l’annunciata approvazione del Taiwan Policy Act da parte della commissione esteri del Senato.

CON 17 VOTI a favore e 5 contro, è stato compiuto il primo passo verso il possibile aggiornamento più rilevante delle relazioni bilaterali Usa-Taiwan sin dallo switch diplomatico dalla Repubblica di Cina alla Repubblica Popolare Cinese del 1979. Ma attenzione ai dettagli, decisivi così come sull’agenda del viaggio di Nancy Pelosi: l’amministrazione Biden è riuscita a convincere i democratici ad annacquare o addirittura a rimuovere dal testo originario alcuni passaggi per lo più simbolici eppure considerati critici. Non è cambiata la parte relativa al supporto militare. Il disegno di legge autorizza gli Usa a stanziare 4.5 miliardi di dollari in finanziamenti militari destinati a Taiwan tra il 2023 e il 2027, finestra temporale considerata delicata tra presidenziali taiwanesi del 2024 e XXI Congresso del Partito comunista. Prevista la possibilità di ulteriori prestiti fino a 2 miliardi di dollari.

IL DISEGNO di legge prevede inoltre che la Casa bianca imponga sanzioni ad almeno cinque banche statali se la Cina si impegnasse «in una significativa escalation militare», come un blocco navale o la presa di un’isola minore. Ipotesi che a Taipei ritengono meno probabili di un’invasione su larga scala.
Dopo un incontro tra il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e i leader del Congresso sono state tolte alcune parti del testo. Seguendo una lunga tradizione di ambiguità ed equilibrismo lessicale e semantico, Taiwan non è più ufficialmente designata come «importante alleato non Nato» (status riconosciuto ad Australia, Giappone, Corea del Sud e Israele) ma si raccomanda di «trattarla come se fosse tale». Escamotage per giustificare un canale privilegiato per trasferimento di armi e cooperazione militare. Sparita la proposta di rinominare l’Ufficio di rappresentanza di Taipei come “Ufficio di Taiwan”, seguendo l’esempio della Lituania che aveva scatenato la coercizione diplomatica e commerciale di Pechino. Modifiche che secondo Biden preservano la tradizionale posizione Usa e offrirebbero sostegno a Taipei senza elevarne lo status diplomatico. Sulla carta, visto che nella prassi viene sistematizzata l’eliminazione delle restrizioni autoimposte negli scambi coi funzionari, come dimostra l’incontro di martedì presso l’ambasciata de facto di Taiwan a Washington con circa 60 politici internazionali a favore di sanzioni per le manovre militari sullo Stretto.

Il disegno di legge non piace in ogni caso al governo cinese: l’ambasciatore Qin Gang che il mese scorso aveva parlato di «disintegrazione» dei rapporti Usa-Cina in caso di approvazione. Ma con le modifiche Biden spera di poter tenere la contesa sul terreno “consueto” della vendita di armi, senza avventurarsi su sentieri inediti.

L’APPROVAZIONE non è scontata. Servono il via libera delle camere e la firma di Biden, velatamente criticato dai media taiwanesi per le sue perplessità. Il testo potrebbe essere allegato al budget di difesa per favorirne l’approvazione. Ieri, intanto, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che chiede il rafforzamento delle relazioni con Taipei. Bruxelles è però molto cauta, come dimostra la cancellazione della visita del capo dell’intelligence comunitaria José Casimiro Morgado dopo un leak arrivato a Pechino.

Di Lorenzo Lamperti

[Pubblicato su il manifesto]