2015. Shanghai, la “Wall Street cinese”

In by Simone

(In collaborazione con AGICHINA24) La lunga marcia dello yuan prosegue e punta su Shanghai. Il programma del governo della metropoli e della Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo prevede che nel 2015 la Borsa di Shanghai sarà il centro globale per lo scambio della valuta cinese. Obiettivo esplicito: trasformare nel giro di tre anni Shanghai in una piazza con un mercato finanziario di scambi non forex da mille miliardi di yuan (120 miliardi di euro circa), contro i quasi 400 mila miliardi dello scorso anno.

Nei progetti della leadership cinese Shanghai dovrà rivaleggiare con New York, Londra e Hong Kong: nel periodo 2012-2015 la Cina vuole aumentare l’impiego dello yuan per le transazioni cross border e introdurre sempre più prodotti finanziari denominati nella sua moneta.

Ma rendere lo yuan-renminbi una valuta più internazionale significa anche aumentarne la convertibilità, una partita che Pechino deve giocare tenendo conto di diversi fattori.

Al momento, il tasso di cambio della valuta del Dragone è sottoposto al controllo del governo: la Banca Centrale fissa un tasso di riferimento e limita le perdite o i guadagni all’interno di una banda di oscillazione che si situa allo 0.5% rispetto a tale livello.

La Cina, inoltre, limita anche la conversione ai fini d’investimento, e ha ammassato le sue immense riserve in valuta estera – stimate in 3200 miliardi di dollari – anche attraverso la vendita continua di yuan, disposta per evitarne un eccessivo apprezzamento.

Le polemiche che circondano lo yuan si sono intensificate dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale: Washington, in particolare, accusa sistematicamente Pechino di mantenere artificialmente basso il valore della sua moneta per aggiudicarsi un vantaggio sleale negli scambi con l’estero.

Nel giugno del 2010 la Cina ha sospeso l’ancoraggio di fatto al dollaro che era stato inaugurato proprio poco dopo lo scoppio della crisi, e da allora lo yuan si è costantemente apprezzato sul dollaro, anche se ben al di sotto della percentuale sperata dagli americani.

Il piano della Commissione prevede che il tasso medio giornaliero pubblicato dalla Banca centrale per il mercato onshore diventi il benchmark dei prodotti denominati in yuan tanto per i mercati domestici che per quelli stranieri.

Infine, Shanghai vuole creare un “International board”, un listino di società provenienti dall’estero  incoraggiate a quotarsi sul mercato cinese  e vendere azioni denominate in yuan renminbi, ma su quest’ultimo punto non viene rivelata una tabella di marcia definita.

Diverse società straniere – tra cui il colosso bancario britannico HSBC e l’americana General Electric – avevano manifestato il loro interessamento a quotarsi a Shanghai fin da quando l’idea ha iniziato a circolare, tre anni fa.

Ma all’inizio del mese il sindaco di Shanghai Han Zheng aveva dichiarato ai reporter che i tempi non sono ancora maturi: “Questo non è un buon momento, dobbiamo aspettare”.

Shanghai riuscirà a diventare la “Wall Street con caratteristiche cinesi” in soli tre anni?

[Foto credits: qn.quotidiano.net]