Yang Jisheng è nato nel 1940, nella provincia centrale dello Hubei. Dopo essere stato un attivo membro del partito comunista, ottiene una laurea alla Tsinghua. Dopo, nel 1966, diventa cronista alla Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale, fino al 2011. Indaga sulla terribile carestia che ha afflitto il paese negli anni 60, scrive un libro, non pubblicato in Cina. Vince premi, l’ultimo di recente, direttamente da Harvard. Ma – a quanto risulta – gli viene negato il viaggio negli States. Non si tratta del primo caso: recentemente per altro molti giornalisti cinesi hanno sottolineato le difficoltà di compiere al meglio il proprio lavoro, tanto da ritirarsi in fretta a causa delle complicazioni dovute alla censura.
Ho conosciuto in Cina molti giornalisti, alcuni dei quali dopo una giornata di lavoro dedicata a scrivere pezzi che fossero «accettabili» dagli uffici di propaganda, scatenavano la propria coscienza attraversa opere di fiction, spesso di fantascienza.
Il caso di Yang Jisheng, però, è ancora più clamoroso, perché si tratta di una sorta di punizione retroattiva, nei confronti di una persona anziana, che meriterebbe di vedere riconosciuto un lavoro clamoroso fatto nel corso del tempo.
Come sottolinea il Guardian, il giovane Yang, passato l’entusiasmo per il partito cominciò a viaggiare attraverso la Cina per il suo lavoro di reporter dove apprese la portata della tragedia umana del Grande balzo in Avanti, voluto da Mao per l’industrializzazione del suo paese.
«Il colpevole principale fu Mao», Yang ricordò in seguito in un’intervista.
Nei primi anni novanta, «ulteriormente deluso dal massacro di Tiananmen del 1989 , il giornalista ha iniziato segretamente a mettere insieme la storia nascosta della carestia come un modo per ricordare coloro che erano morti».
Ne venne fuori un libro, Tombstone, di 1.200 pagine – considerato il resoconto più autorevole di una tragedia che i leader comunisti cinesi ancora tentano di nascondere – in grado di documentare «minuziosamente il resoconto della terribile carestia in cui dal 1958 al 1961 sono state perse secondo le stime dell’autore almeno 36 milioni di vite, tra cui quella del suo proprio padre».
Yang ha girato tutta la Cina, con la scusa del suo lavoro di giornalista, per ottenere via via interviste con sopravissuti o per ottenere prove documentali di un disastro che è stato descritto come l’ «olocausto nascosto della Cina».
«Ho solamente avuto un forte desiderio di scoprire i fatti», ha detto Yang al Guardian nel 2012. «Sono stato ingannato e non voglio essere ingannato di nuovo».
L’indagine senza precedenti di Yang – pubblicata a Hong Kong nel 2008 e non disponibile ancora oggi in Cina – gli ha fatto guadagnare consensi in tutto il mondo, compreso il premio Stieg Larsson in Svezia e infine l’ultimo assegnatogli, il Louis M Lyons Award.
A quanto pare la Cina ha proibito all’anziano giornalista di andare a ritirare il premio.
In una dichiarazione, i co-presidenti del Lyons Award, Hamish Macdonald e Debra Adams Simmons, hanno specificato: «Rimaniamo ottimisti sul fatto che al giornalista ed autore cinese Yang Jisheng verrà concesso il permesso di recarsi a Harvard giovedì 10 Marzo 2016 per accettare il Louis M Lyons Award. Stiamo seguendo tutte le misure necessarie per consentire al signor Yang di viaggiare ad Harvard a marzo. Non abbiamo alcuna indicazione formale di qualsiasi problema e non vediamo l’ora di accogliere il signor Yang».
[Scritto per Eastonline; foto credit: nieman.harvard.edu]