Villaggi del cancro. Uno scandalo sotto segreto

In by Gabriele Battaglia

Dopo l’aria, il suolo. Nelle viscere della terra cinese c’è una vera e propria bomba a orologeria: sostanze chimiche che avvelenano la natura, gli animali e, soprattutto, l’uomo. Sarebbe un rapporto del Ministero della Protezione Ambientale a dirlo. Ma il governo vi ha posto il segreto di Stato.E la terra aprì la sua bocca e inghiottì il fiume che il dragone avea gettato fuori dalla propria bocca [Apocalisse 12:16]

La bomba a orologeria nascosta nelle viscere della terra cinese è fatta di “sostanze chimiche che sono state trovate negli ultimi anni in alcuni fiumi, laghi, acque costiere, così come nell’organismo di molti animali ed esseri umani”. È lo stesso governo di Pechino a mettere il segreto di Stato su un rapporto che dovrebbe scoperchiare il vaso di Pandora. Scatenando un putiferio, perché la parola aizheng cun, “villaggi del cancro”, rimbomba ormai sui media e nel cervello di troppi cinesi.

Sono cento secondo stime ottimistiche, circa 250 secondo altre. Ma è la stessa agenzia Nuova Cina a dire che potrebbero arrivare a 400. Nel corso degli anni, l’accumulo di sostanze tossiche nel loro suolo ha fatto schizzare in alto la percentuale dei tumori tra la popolazione locale, già principale causa di morte tra i cinesi a partire dagli anni Novanta.

Secondo un sondaggio condotto dallo stesso ministero nel 2010, il 23 per cento delle imprese petrolifere, chimiche e farmaceutiche rappresenterebbe una minaccia per terreni agricoli e acque limitrofi, mentre più della metà di queste aziende sarebbero rischiose per la qualità dell’aria entro un chilometro di raggio. Ma sono pur sempre dati ufficiali, che devono quindi rispettare la ragion politica.

Di recente ne ha parlato pubblicamente anche Ma Yun, fondatore e amministratore delegato del colosso dell’e-commerce Alibaba che senza mezzi termini ha detto che nei prossimi dieci anni ogni famiglia cinese sarà alle prese con il problema del cancro. Il suo discorso, al Forum degli imprenditori cinesi, è stato finora ripostato da oltre 100mila netizen cinesi e commentato da oltre 17mila.

Una mappa dei villaggi del cancro è stata diffusa dal giornalista investigativo Deng Fei dal suo accont Weibo, dopo un’inchiesta sul territorio, ed è immediatamente divenuta virale: “La mappa evidenzia i paesi in cui i residenti corrono un rischio maggiore di sviluppare il cancro”, ha detto Deng a Phoenix Weekly.

Da una parte c’è quindi un’opinione pubblica sempre più preoccupata delle conseguenze dello sviluppo accelerato. Per molti cinesi, “diritti umani” coincide con beni molto materiali e di base: acqua limpida da bere, cibo sano da mangiare, aria pulita da respirare.

È il nuovo ceto medio a serrare i ranghi della protesta, figlio lui stesso di quello sviluppo a tutti i costi su cui ora si interroga. Dall’altra parte, questa volta, c’è proprio il ministero della Protezione Ambientale, che per imbeccata o istinto riflesso, nasconde. Aumentando così il distacco tra e il potere politico e la gente. Attenzione, anche le grandi dinastie crollarono a seguito di disastri naturali.

Il rapporto in questione è frutto di una ricerca che si è svolta tra il 2006 e il 2010 ed è costato un miliardo di yuan (oltre 120 milioni di euro). Contiene informazioni dettagliate sulle cause di inquinamento del suolo e sui metodi di prevenzione. L’avvocato Dong Zhengwei ne ha chiesta la pubblicazione il 30 gennaio, ma il Ministero ha opposto un rifiuto, giustificandolo con ragioni di “sicurezza nazionale” e affermando di essere in attesa di un eventuale via libera da parte del consiglio di Stato: di fatto, l’esecutivo.

Dong ribatte che su questioni che riguardano la salute dei cittadini non è previsto il segreto di Stato. Con lui, altri esperti legali e accademici. Il fatto nuovo è che le dichiarazioni del “fronte trasparenza” (o “anti-inquinamento”, fate voi) sono riprese e commentate dai media ufficiali: Global Times, China Daily, Quotidiano del popolo e l’agenzia di stato ufficiale, Xinhua.

Due le interpretazioni della mancata trasparenza. Primo: il rapporto è inaccurato. Sarebbe stato boicottato dai funzionari locali, che sull’aumento indiscriminato del Pil si giocano la carriera e che su eventuali disastri ambentali perdono invece la faccia. Secondo: il rapporto è troppo brutto e dipingerebbe una situazione ancora più drammatica di quella che trapela da studi accademici, inchieste indipendenti, voci di corridoio. 

Quale sia la verità, tutto concorre comunque ad amplificare la preoccupazione. E lo strisciante malcontento.

[Scritto per Lettera43; foto credits: greenpeace.org; mappa: environmentmagazine.org ]