Vietnam – Primi morti cinesi

In by Gabriele Battaglia

 Dopo il sospetto scontro navale, a seguito della piattaforma petrolifera che la Cina ha posto nella zona di mare conteso con il Vietnam, sono arrivati anche i morti. Almeno 20 secondo alcune testimonianze. Da giorni in Vietnam proteste e scontri nei pressi delle fabbriche cinesi, segnano il ritmo di un clamoroso confronto, che segna il momento più basso delle relazioni tra i due paesi, dal tempo del loro confronto militare nel 1979.
La causa scatenante è la mossa cinese di sistemare una piattaforma petrolifera nei pressi delle isole Paracel, contesa da tempo con il Vietnam. Una mossa che ha stupito, dato che solo alcuni mesi i due paesi avevano millantato accordi raggiunti e armonia sui temi di mare conteso.

A seguito di questa presa di posizione cinese (che segue l’instaurazione della zona di difesa aera nel mar cinese del sud), il Vietnam ha inviato la propria flotta in zona e pare, si dice, hanno sostenuto i militari dell’esercito vietnamita, ci siano stati anche contatti con navi cinesi. Ipotesi minimizzata da Pechino.

Dopo pochi giorni da questo pseudo incidente, però, in Vietnam è esplosa tutta la rabbia anti cinese, che cova da tempo, da sempre forse e che già un paio d’anni fa aveva creato imbarazzo tra i due paesi. Allora le proteste furono organizzate di fronte ad ambasciate e consolati e fu lo stesso governo vietnamita a interromperle, per non aumentare la tensione.

Questa volta, invece, le autorità di Ho Chi Min City, non hanno posto veti. Vietnamiti hanno attacco le fabbriche supposte di proprietà cinese, finendo per attaccare anche quelle taiwanese. È di stamattina la notizia di un morto proprio in una di esse (i dottori in loco hanno riferito almeno di almeno 20 morti al SCMP, ma ancora non c’è conferma ufficiale).

«Temo che un capitolo oscuro delle relazioni sino-vietnamita si stia scrivendo in questo momento», ha detto Ian Storey, un esperto di Mar cinese meridionale presso l’Istituto di Studi sul sudest asiatico di Singapore alla Reuters. «E poiché la Cina vuole mantenere tale piattaforma petrolifera nel luogo in agosto, queste proteste non potranno far altro che conquistare le prime pagine» (tranne in Italia, aggiungeremmo).

Tran Van Nam, vice presidente del comitato popolare del Duong Binh, ha detto che circa 6mila lavoratori hanno inizialmente tenuto proteste pacifiche martedì, ma l’ordine si è infranto quando i numeri sono arrivati a circa 20mila. I cancelli di molte fabbriche sono stati rotti e i rivoltosi hanno incendiato almeno 15 fabbriche.

«Questo ha causato miliardi di dong (centinaia di migliaia di dollari) in danni e migliaia di lavoratori avranno perso il lavoro», ha raccontato alla Reuters, via telefonica, Nam. «Chiediamo a tutti di mantenere la calma, la moderazione e avere fiducia nella leadership del partito e dello Stato».

F.Y. Hong, presidente di Taiwan Formosa Industries Corp , una delle aziende ad essere attaccata, ha detto che circa 300 rivoltosi hanno saccheggiato televisori, computer e oggetti personali dei lavoratori ha detto che «a causa del numero limitato di agenti, la polizia non è riuscita a fermare i saccheggiatori. La situazione era simile a un paese dove non ci sono autorità a proteggere il proprio popolo».

[Scritto per East]