Vietnam – La situazione è grave: basta con il golf

In by Simone

Il Vietnam mostra tutti i segnali di una crisi prossima a manifestarsi in tutta la sua ferocia, ma il ministro dei Trasporti ha trovato una soluzione. Vietare il gioco del golf a tutti i funzionari pubblici di alto livello. Anche a costo di scomodare i servizi segreti.
Corruzione diffusa ad ogni livello dell’apparato statale, grave carenza di infrastrutture, un tasso di incidenti stradali tra i più alti al mondo e un’economia che, malgrado la vitalità del lustro passato,  mostra tutti i segnali di una crisi prossima a manifestarsi in tutta la sua ferocia. Quello che il Vietnam sta attraversando, decisamente, non è un buon periodo.

Ai problemi strutturali di un Paese che continua ad essere governato dal gigantesco, farraginoso e inefficiente apparato del Dang Cong san Viet Nam (il Partito comunista vietnamita) si sono aggiunti negli ultimi tempi quelli di un sistema economico che, pur se lanciatissimo (negli ultimi anni la crescita del Pil non è mai scesa sotto il 6 per cento), si trascina dietro il pesante fardello dell’arretratezza accumulata prima dell’apertura del mercato interno agli investimenti stranieri.

Eppure, a fronte di una situazione nient’affatto rosea, i cittadini vietnamiti, le imprese e gli investitori non hanno nulla da temere, perché la soluzione alle difficoltà che il Paese deve fronteggiare è a portata di mano. O almeno di questo è fermamente convinto Dinh La Thang, l’istrionico neo ministro dei Trasporti del Vietnam, che a colpi di iniziative bizzarre e sopra le righe si è guadagnato in pochi mesi una crescente popolarità nelle televisioni e sui giornali nazionali.

La sua ultima pensata è degna della fama che ormai l’accompagna: vietare in modo assoluto il gioco del golf a tutti i funzionari pubblici di alto livello. Secondo Thang, infatti, l’elitario passatempo sarebbe la principale causa dello scarso rendimento professionale e lavorativo fatto registrare negli ultimi anni dai quadri dirigenziali dell’apparato pubblico, una pessima performance che incide negativamente sulla crescita e la competitività internazionale dell’intero Paese.

Ore e ore passate ad allenarsi sul green, a leggere riviste specializzate, a telefonare ad amici e conoscenti per organizzare tornei, ad ordinare on-line bastoni in carbonio ultraleggero e attrezzature d’avanguardia, invece di lavorare, produrre e pianificare: è questo per il ministro il vero problema del Vietnam. Quindi basta golf, e non solo durante la settimana, ma anche nel week-end o in vacanza: il male che mina la società vietnamita va estirpato alla base.

Del resto la draconiana decisione di Thang non nasce da un semplice colpo di testa: da quando il partito comunista ha iniziato ad aprire l’economia del Paese all’esterno verso la fine degli anni Ottanta, il golf, una volta bandito perché troppo borghese, ha conosciuto una popolarità crescente nell’upper class vietnamita, fino a trasformarsi in uno status symbol tanto amato dall’élite quanto inviso alla grande massa dei lavoratori.

Non sono pochi i contadini che hanno visto migliaia di ettari di terreni fertili trasformati in campi da gioco a 36 buche, con il risultato che, secondo un sondaggio riportato dal sito VNExpress, il 60 per cento degli intervistati si è dichiarato assolutamente favorevole alla soluzione proposta dal ministro.
Certo, le polemiche non mancano.

I giornali del Paese, ad esempio, hanno già iniziato a chiedersi come potrà il governo far rispettare un divieto tanto rigido, che presupporrebbe un controllo “orwelliano” della vita e del tempo libero a disposizione dei dipendenti pubblici, in modo da evitare indesiderate “scappatelle golfistiche”. La risposta di Thang però non si è fatta attendere: «Abbiamo a disposizione molti metodi segreti per verificare che le nostre direttive non vengano violate», ha sottolineato il responsabile del dicastero dei Trasporti, lasciando avvolta da una patina di mistero la soluzione al quesito e sentenziando perentoriamente: «In questo periodo di enormi difficoltà per il Paese, i suoi funzionari devono concentrarsi unicamente sul loro lavoro, lasciando perdere il golf, che assorbe troppo tempo e troppa energia».

Insomma, se è vero che per il Vietnam mala tempora currunt, per il golf peiora premunt.

* Paolo Tosatti è laureato in Scienze politiche all’università “La Sapienza” di Roma, dove ha anche conseguito un master in Diritto internazionale, ha studiato giornalismo alla Fondazione internazionale Lelio Basso. Lavora come giornalista nel quotidiano Terra e per il settimanale Left-Avvenimenti