Vietato l’ingresso ai giapponesi (seconda parte)

In by Simone

<china-files_intro> Pubblichiamo di seguito la traduzione ad un articolo apparso il 16 marzo 2010 nel sito spanish.china.org.cn. All’entrata di un ristorante cinese, in una zona internazionale di Pechino, è apparso un cartello con la frase “Vietato l’ingresso ai giapponesi”. La reazione di una persona europa, spagnola, la trovate qui, di seguito i commenti di una cinese </china-files_intro>

I cinesi non odiano i giapponesi, però non li perdonano
Da dove arriva l’odio dei cinesi per il Giappone?

La ragione più diretta dell’odio dei cinesi per il Giappone si deve all’invasione e al crudele massacro da parte del paese insulare durante la seconda guerra mondiale. Le cicatrici della storia restano aperte. È passato solamente mezzo secolo dalla guerra e le ferite e le umiliazioni sofferte da una nazione non sono facili da dimenticare in un tratto così breve di tempo, quando oltretutto molte delle vittime e dei loro familiari sono tuttora in vita.

Se gli europei dicono che anche loro sperimentarono le guerre e gli ebrei subirono un massacro disumano, perché non alzano la bandiera contro la Germania? Ovviamente, l’origine e lo sviluppo di questo sentimento nazionale ha ragioni più profonde e complicate. La situazione di Cina e Giappone è diversa da quella europea. In primo luogo, dal punto di vista dell’attitudine e della conoscenza, l’Europa ha riflettuto profondamente dopo la seconda guerra mondiale e le idee antimilitariste e antifasciste sono condivise. I principali paesi fascisti confessarono i loro crimini e offrirono risarcimenti sostanziali. Ma in Giappone il risultato fu diverso. A causa dell’intervento statunitense, la radice del militarismo non è stata completamente estirpata in questo paese. Al momento vige ancora un sistema imperiale e le forze militariste all’interno del paese sono ancora potenti. I principali campi di battaglia erano in Cina, Corea del Sud e Corea del Nord.

Il Giappone non ha mai confessato né chiesto scusa ai popoli di questi paesi per quello che ha fatto, né li ha ricompensati. I leader giapponesi inoltre fanno ogni anno offerte ai soldati giapponesi morti in guerra presso il santuario di Yasukuni, quello di più alto spessore di questo tipo in Giappone, cosa che provoca indignazione e condanna dei paesi asiatici. Se qualcosa di simile succedesse in Europa, con i leader tedeschi, ai quali il popolo tedesco manifesta appoggio alle urne, celebrassero ogni tanto attività in memoria di Hitler, la Germania non diventerebbe “il bersaglio di tutte le frecce” al mondo? E gli europei non andrebbero a protestare?

In secondo luogo, la guerra di invasione del Giappone ha lasciato molti problemi e l’attitudine giapponese a questo riguardo è inaccettabile. Più di mezzo secolo dopo la seconda guerra mondiale, ad esempio, in Cina ci sono ancora molte armi chimiche, biologiche e batteriologiche che continuano a provocare danni alla vita del popolo cinese.

Nel 1998, lo scrittore cinese Jin Lei scoprì che in Cina c’erano due milioni di bombe chimiche non distrutte e che continuano a danneggiare in forma diretta più di duemila cinesi a guerra finita. Se ci fosse un popolo europeo avvelenato nel quale i bambini corrono il pericolo di restare feriti o di morire a causa di armi chimiche urtate inavvertitamente mentre giocano, come risponderebbero gli europei?

Dall’altro lato, le donne cinesi che i giapponesi utilizzarono per loro divertimento e che ora hanno ottanta o novanta anni chiesero diverse volte le scuse dal Giappone nei tribunali giapponesi. Senza dubbio, fino ad oggi non hanno ricevuto un trattamento giusto. Lo stesso succede con gli operai cinesi che furono costretti a lavorare in Giappone. È una storia piena di sangue e lacrime. Non ci hanno mai chiesto scusa, cosa che è inaccettabile per una nazione. Per questo, si può dire che il sentimento che i cinesi hanno nei confronti dei giapponesi non è l’odio, ma l’indignazione.

Di conseguenza, il Giappone è il paese che deve riflettere sopra le sue azioni e non la Cina o gli altri paesi asiatici vittime delle sue azioni. Se in Asia c’è ancora l’ombra della guerra, questa è contro il Giappone, contro chi hai da tenerti in guardia, non contro le parole di alcuni cinesi. L’influenza dell’ambiente politico ed economico e l’opinione pubblica al sentimento di odio nei confronti dei giapponesi.

La formazione di un sentimento nazionale non può separarsi dall’influenza dell’opinione pubblica, e quest’ultima dipende dai cambi della situazione politica ed economica del paese. Negli ultimi anni il sentimento dei cinesi nei confronti dei giapponesi ha avuto cambiamenti vari, derivati dai cambi nella realtà cinese e delle relazioni politiche ed economiche sino-giapponesi. Man mano che crescono gli attriti politici ed economici tra entrambi i paesi, diventa più acuto il sentimento di odio e, al contrario, si allevia l’odio al rafforzarsi dei contratti economici. Ho qui due classici esempi accaduti negli ultimi anni:

Tra il marzo e l’aprile del 2005, ci furono manifestazioni e proteste contro il Giappone in molte parti della Cina, fra tutte Shanghai e Pechino, con la partecipazione di decine di migliaia di persone. Sono state le più grandi manifestazioni in Cina dagli anni novanta. Prima delle manifestazioni, Internet e altri mezzi di comunicazione hanno avuto un ruolo importante e tra i giovani cinesi si formò una grande corrente di opinione che fu la causa diretta delle manifestazioni. La ragione delle proteste fu la scoperta che l’editoriale Fusosha del Giappone adulterò la storia nei manuali di insegnamento nelle scuole, nel momento stesso in cui il Giappone stava cercando di ottenere un posto come membro permanente nel Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite. Le relazioni sino-giapponesi erano al punto più conflittuale dalla loro fondazione 33 anni prima e quel periodo venne chiamato “il rigido inverno” dei rapporti bilaterali.

Nel 2007, i principali leader di Cina e Giappone realizzarono frequenti visite in entrambi i paesi e le relazioni bilaterali migliorarono. Anche l’opinione pubblica cinese favorì il miglioramento dei vincoli. Nella stampa cinese, ad esempio, comparvero molti reportage riguardo ai prestiti a basso interesse che il Giappone offriva alla Cina, tra le altre informazioni positive che elevavano la buona immagine dei giapponesi nel cuore dei cinesi. Dall’altra parte, venivano aumentando l’antipatia e l’ostilità contro i coreani, che indeboliva l’odio contro il Giappone.

Cosa pensano i cinesi

Signora Tian, ventidue anni: “è un atto superficiale. Possiamo impedire ai giapponesi di entrare nei negozi, questo però non ha alcun significato”.

Signor Liu, trentatre anni: “facendo riferimento al consumo, le parole sono discriminatorie, incivili e ingiuste. Guardato da un altro punto di vista, può essere un’eccessiva propaganda”.

Signor Wang, quaranta anni: “da cittadino cinese, non posso dimenticare l’invasione del Giappone né il massacro. Dimenticare equivale a tradire. Non credo che questa azione sia scorretta”.

Signor Du, cinquantacinque anni: “non credo sia un atto appropriato, anche se a me non piace il Giappone. I tempi sono cambiati e si trasformerà in un problema politico se la cosa si prolungherà. Giappone e Cina non hanno relazioni molto amichevoli e questo è dannoso per i cinesi, visto che le due economie dipendono una dall’altra. Secondo me, l’azione è un po’ immatura e disapprovarla non significa dimenticarsi della storia della nostra patria, che è qualcosa che esiste oggettivamente”.