L’Italia ha un glorioso passato, ma il glorioso futuro è per la Cina. Non solo per commerci, mercati azionari e produzione, ma anche per la cultura e la musica. Il violinista Uto Ughi, che si esibisce in questi giorni in Cina fra Shanghai, Pechino e Canton, parla in termini di dinamicità culturale, con una vena di nostalgia per il nostro paese. “Mentre in Italia la televisione sta distruggendo la nostra cultura, qui in Cina sono sempre più numerosi i giovani che si avvicinano alla musica”.
Dall’ultima volta in cui è stato nel paese, nel 2004, il numero degli allievi nelle scuole di musica è aumentato, il livello di bravura è cresciuto e la Cina ha iniziato a sfornare talenti del calibro di Lang Lang, Yoyo Ma e Yu Long. “Ho avuto occasione di suonare una sola volta con musicisti cinesi della China Broadcasting Symphony Orchestra e sono stato impressionato dalla loro disciplina e capacità di concentrazione”.
Unendo talenti a risorse produttive, Pechino è riuscita a mettere i vantaggi della manifattura al servizio delle mire da potenza culturale che aspira a diventare. Il paese sta già dando del filo da torcere al mercato degli strumenti musicali, che in Cina sono prodotti in quantità e a prezzi incomparabili. Città come Xiqiao, nella provincia del Jiangsu,sono specializzate nella produzione di un unico pezzo: qui si costruiscono i violini per il 70% del mercato mondiale, e da qui parte l’insidia ai maestri liutai di Cremona. Ma da qui deriva anche l’incitamento del governo a studiare musica, di più e meglio. L’insegnamento della musica è parte dei programmi educativi nazionali, con un’enfasi sulle lezioni private che vengono offerte agli studenti più inclini da maestri pagati dalle case dello Stato. Così si arriva ad ottenere più di 10 milioni di giovani dediti allo studio del violino, e 30 milioni studenti di pianoforte nel paese. I conservatori sono costretti a selezioni rigorose ed istituti prestigiosi come il Conservatorio Centrale di Pechino sfornano talenti di livello internazionale.
Per il maestro Uto Ughi, che da anni è dedito all’educazione dei giovani alla musica classica, la Cina è un esempio da seguire. All’Istituto Italiano di Cultura di Pechino ha avuto la bella sorpresa di scoprire che la CCTV riserva un canale esclusivo alla musica tradizionale e classica, così come pure la tv locale di Pechino. “In Italia mi hanno chiesto di fare un programma in 10 puntate per spiegare la musica classica. Peccato però che sia andato in onda dopo la mezzanotte”. Per fortuna però che le occasioni si colgono al volo: e se lo si traducesse per la tivù cinese?